Come si sa, di solito siamo noi a cercare i libri da leggere. Ma certe volte, per qualche strano motivo, sono i libri a farsi trovare e a farsi leggere. È il caso di Tempo di uccidere, di Ennio Flaiano (1910-1972), uscito in libreria nel 1947 – tre anni prima che io nascessi – e che solo questa estate mi è capitato, per caso, di trovare su una bancarella di libri di seconda mano. Un libro notevole – non a caso vinse il Premio Strega, allora non in odore di combine – e terribile, che trascina il lettore in una strana inquietudine (quella stessa inquietudine che riesce a creare Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, ad esempio).
Certamente nato dall’esperienza personale dell’autore, che tra il 1935 e il 1936 partecipò, con il grado di sottotenente alla campagna d’Etiopia, narra la storia di un militare italiano che, abbrutito e piegato da quella guerra inutile, decide di chiamarsi fuori, di “andare via”: “Da quando il camion s’era rovesciato, proprio alla curva della prima discesa, il dente aveva ripreso a dolermi, e ora un impulso che sentivo irresistibile (forse l’impazienza della nevralgia) mi spingeva a lasciare quel luogo. ‘Io me ne vado’ dissi alzandomi. Il soldato che fumava soddisfatto, ormai pronto a dividere con me gli imprevisti della nuova avventura, si rabbuiò. ‘E dove?’ chiese”.
Già: “dove”? Da nessuna parte. Trascinandosi sotto il sole, tra morti e feriti, tra uomini e donne rassegnati, in squallidi bordelli, uccidendo senza motivo.
Quasi “una confessione”, come scrisse l’autore.
Un romanzo spiazzante che si svolge durante una guerra ma che non è cronaca di quella guerra, bensì, come scrisse Maria Corti: “una visione fantastica dai toni chiaramente surreali, in cui alla fedele riproposta di avvenimenti documentati si sostituisce la realtà di una vicenda psicologica segnata dall’errore” – e dall’orrore, aggiungerei io – “e dalla fatalità”.
Un viaggio senza ritorno. Perché dalla guerra – per chi l’ha vissuta – non si torna mai.
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.