S.L.- Lei si oppone alle sanzioni economiche ?
Y.S.- Assolutamente, e lo dico in tutte le interviste. Una settimana fa ho mandato una lettera al Senato degli Stati Uniti per permettere ai cittadini statunitensi di viaggiare a Cuba. E’ atroce vedere che si impedisce ai cittadini statunitensi di viaggiare a Cuba, così come il governo cubano mi impedisce di lasciare il mio paese.
S.L.- Che ne pensa della speranza suscitata dall’elezione di Obama che ha promesso un cambio nella politica verso Cuba e che ha deluso molti?
Y.S.- E’ arrivato al potere senza l’appoggio della lobby fondamentalista di Miami che ha appoggiato l’altro candidato. Da parte mia, mi sono già pronunciata contro le sanzioni.
S.L.- Quasta lobby fondamentalista si oppone a togliere le sanzioni economiche.
Y.S.- Può discutere con loro ed esporgli i miei argomenti ma non direi che sono nemici della patria. Non lo penso.
S.L.- Alcuni di loro hanno partecipato all’invasione del proprio paese nel 1961 agli ordini della Cia. Molti di loro sono implicati in atti di terrorismo contro Cuba.
Y.S.- I cubani dell’esilio hanno diritto di pensare e decidere. Sono favorevole a concedergli il diritto al voto. Qui da noi hanno stigmatizzato molto l’esilio cubano.
S.L.- L’esilio “storico” o quelli che sono emigrati dopo per ragioni economiche.
Y.S.- In realtà mi oppongo a tutti gli estremi. Ma le persone che sono a favore delle sanzioni economiche non sono anticubane. Pensa che difendono Cuba secondo il proprio criterio.
S.L.- Forse, ma le sanzioni economiche danneggiano i settori più vulnerabili della popolazione cubana e non i dirigenti. Quindi mi sembra difficile essere allo stesso tempo a favore delle sanzioni e pretendere di difendere il benessere dei cubani.
Y.S.- E’ la loro opinione. E’ così.
S.L.- Non sono degli ingenui. Sanno che i cubani soffrono a causa delle sanzioni.
Y.S.- Sono semplicemente diversi. Credono di poter cambiare il regime imponendo le sanzioni. In tutti i casi, credo che il blocco sia stato l’argomento perfetto per il governo cubano per mantenere l’intolleranza, il controllo e la repressione interna.
S.L.- Le sanzioni economiche producono degli effetti. Oppure lei pensa che sono solo una scusa per l’Avana.
Y.S.- Sono una scusa che conduce alla repressione.
S.L.- Danneggiano il paese da un punto di vista economico, secondo lei? O è solo marginale?
Y.S.- Il vero problema è la mancanza di produttività a Cuba. Se domani togliessero le sanzioni, dubito che se ne vedrebbero gli effetti.
S.L.- In questo caso, perché gli Stati Uniti non tolgono le sanzioni togliendo così la scusa al governo? Così si vedrebbe che le difficoltà economiche dipendono dalla politica interna. Se Washington insiste tanto sulle sanzioni nonostante il loro carattere anacronistico, nonostante l’opposizione dell’immensa maggioranza della comunità internazionale, 187 paesi nel 2009, nonostante l’opposizione di una maggioranza dell’opinione pubblica degli Stati Uniti, nonostante l’opposizione del mondo degli affari, ci sarà una ragione, no?
Y.S.- Semplicemente perché Obama non è il dittatore degli Stati Uniti e non può eliminare le sanzioni.
S.L.- Non possono essere eliminate totalmente perché c’è bisogno di un accordo del Congresso, tuttavia potrebbe alleggerirle considerevolmente, cosa che non ha fatto fino ad ora visto che, salvo l’eliminazione delle restrizioni imposte da Bush nel 2004, quasi nulla è cambiato.
Y.S.- Non è vero, lui ha permesso anche alle imprese statunitensi delle telecomunicazioni di fare transazioni a Cuba.
I premi internazionali, il blog e Barak Obama
SL – Deve riconoscere che è un pò poco visto che sappiamo che Obama ha promesso una nuova messa a fuoco su Cuba. Ma torniamo al suo caso personale. Come spiega questa valanga di premi e il suo successo internazionale?
YS – Non ho molto da dire, salvo esprimere la mia gratitudine. Ogni premio implica una dose di soggettività da parte della giuria. Tutti i premi sono discutibili. Per esempio molti scrittori latinoamericani meritavano il Premio Nobel di letteratura più di García Márquez.
SL – Lo dice perché pensa che lui non abbia molto talento o per la sua posizione favorevole alla Rivoluzione cubana? Le non nega il suo talento di scrittore, o sì?
YS – La penso così, ma non per questo dico che ha ottenuto il premio o lo accuso di essere un agente del governo svedese.
SL – Lui ha avuto il premio per la sua opera letteraria, invece lei è stata ricompensata per le sue posizioni politiche contro il governo. E’ questa la nostra impressione.
YS – Parliamo del Premio Ortega y Gasset del quotidiano El País che è quello che suscita più polemica. Io l’ho avuto nella categoria “Internet”. C’è chi dice che altri giornalisti non lo hanno avuto, ma io sono una blogger e sono una pioniera in questo campo. Io mi considero come una figura di rilievo in Internet. La giuria del Premio Ortega y Gasset è composto da personalità di prestigio e non direi che si sono prestati a una cospirazione contro Cuba.
SL – Non può negare, però, che il quotidiano spagnolo El País ha una linea editoriale molto ostile verso Cuba. E c’è chi pensa che il premio, di ben 15.000 euro, fosse un modo per ricompensare i suoi scritti contro il governo.
YS – La gente pensa quello che vuole. Io credo che è stato ricompensato il mio lavoro. Il mio blog è visto da 10 milioni di persone al mese. E’ un ciclone.
SL – Come fa a pagare le spese di gestione di un simile flusso?
YS – Un amico in Germania si incarica di questo perché il sito era ospitato in Germania. Ma da più di un anno è ospitato in Spagna dove ho ottenuto 18 mesi gratuiti grazie al premio The Bob’s.
SL – E le traduzioni in 18 idiomi?
YS – Sono amici e ammiratori che lo fanno in modo volontario e gratuito.
SL – A molti costa credere a questo perché nessun altro sito del mondo, compresi quelli della più importanti istituzioni internazionali come per esempio le Nazioni Unite, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, la OCDE, l’Unione Europea, dispone di tante versioni linguistiche. Neanche il sito del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e neanche quello della Cia dispongono di una simile varietà.
YS – Le sto dicendo la verità.
SL – Perfino il presidente Obama ha risposto a un’intervista che lei gli ha fatto. Come lo spiega?
YS – Per prima cosa voglio dire che non erano domande compiacenti.
SL – Ma non possiamo nemmeno dire che lei sia stata critica, visto che non gli ha chiesto di togliere le sanzioni economiche delle quali dice che “vengono usate per giustificare sia per gli insuccessi produttivi che per reprimere quelli che la pensano in maniera diversa”. Cioè proprio quello che dice Washington al riguardo. La domanda più azzardata è quando le gli chiede se ha intenzione di invadere Cuba. Come spiega che il presidente Obama abbia trovato il tempo per risponderle nonostante che la sua agenda sia molto carica, che stia in un momento di crisi economica senza precedenti, in mezzo alla riforma sanitaria, all’Irak, all’Afganistan, alle basi militari in Colombia, al golpe di Stato in Honduras e a centinaia di richieste di interviste dei più importanti media del mondo in lista d’attesa?
YS – Sono fortunata. Le dirò che ho mandato anche delle domande al presidente Raúl Castro che non mi ha risposto. Non perdo la speranza. E poi adesso ha il vantaggio di poter contare sulle risposte di Obama.
SL – Come è arrivata ad Obama?
YS – Ho mandato l’intervista a varie persone che venivano a trovarmi e che potevano avere un contatto con lui.
SL – Pensa che Obama le ha risposto perché è una blogger cubana o perché si oppone al governo?
YS – Non credo. Obama mi ha risposto perché lui parla con i cittadini.
SL – Riceve migliaia di richieste al giorno. Come mai ha risposto a lei che è una semplice blogger?
YS –Obama è vicino alla mia generazione, al mio modo di pensare.
SL – Ma perché proprio lei? Ci sono milioni di Blogger nel mondo. Non pensa di essere stata strumentalizzata nella guerra mediatica di Washington contro L’Avana?
YS – Secondo me voleva rispondere su alcuni punti come la invasione di Cuba. Forse io gli ho dato l’opportunità di esprimersi su un tema che voleva abbordare da molto tempo. La propaganda politica ci parla costantemente di una possibile invasione di Cuba.
SL – Ce n’è stata una, no?
YS – Quando?
SL – Nel 1961. E nel 2003 Roger Noriega, sottosegretario di Stato per gli Affari Interamericani ha detto che qualsiasi ondata migratoria dei cubani verso gli Stati Uniti sarebbe stata considerata come una minaccia alla sicurezza nazionale e avrebbe implicato una risposta militare.
YS – Questa è un’altra questione. Per tornare al tema dell’intervista, credo che abbia permesso di chiarire alcuni punti. Ho l’impressione che vi sia un desiderio da entrambi i lati di non normalizzare le relazioni, di non accordarsi. Gli ho chiesto quando avremmo trovato una soluzione.
SL – Secondo lei, chi è il responsabile di questo conflitto fra i due paesi?
YS – E’ difficile trovare un colpevole.
SL – In questo caso preciso sono gli Stati Uniti che impongono sanzioni unilaterali a Cuba e non il contrario.
YS – Sì, ma Cuba ha confiscato delle proprietà degli Stati Uniti.
SL – Ho l’impressione che lei faccia l’avvocato di Washington.
YS – Le confische ci sono state.
SL – Certamente, ma secondo le regole del diritto internazionale. Cuba ha confiscate delle proprietà anche alla Francia, all’Italia, al Belgio, al Regno Unito ed ha indennizzato tutte questa nazioni. L’unico paese che ha rifiutato gli indennizzi sono gli Stati Uniti.
YS .- Cuba ha permesso anche l’istallazione di basi militari nel suo territorio e di missili di un impero lontano.
SL – …come gli Stati Uniti hanno installato basi nucleari contro l’Unione Sovietica in Italia e in Turchia.
YS – I missili nucleari potevano raggiungere gli Stati Uniti.
SL – Come i missili nucleari statunitensi potevano raggiungere Cuba o l’URSS.
YS – E’ vero, ma credo che ci sia stata una escalation.
Leggi la prima parte dell’intervista.
2. Fine
(Cortesia di Gianni Minà ed Alessandra Riccio. Intervista apparsa su Latinoamerica, gennaio 2010)
Salim Lamrani è professore incaricato all’Università di Parigi-Sorbona-Paris IV e all’Università Paris-Est Marne-la-Vallée. Giornalista francese, specialista delle relazioni fra Cuba e gli Stati Uniti. Ultimo libro pubblicato “Cuba: Ce que les médias ne vous diront jamais”, Editions Estrella, Paris, 2009. In italiano è stato pubblicato "Fidel Castro, Cuba, gli Stati Uniti" (Sperling & Kupfer, 2007).