E la Gelmini “privatizza” gli studenti disabili
23-06-2011
di
Marina Boscaino
La legge 517/77 ha rappresentato una tappa fondamentale nel cammino di civiltà del Paese. Quella legge, in un’epoca ormai lontana, rendeva effettivo il principio dell’inclusione scolastica dei bambini disabili e aboliva le classi differenziali e di aggiornamento (istituite da una legge del 1962). A guardare i dati di Eurostat, l’Italia si posiziona al primo posto nell’Ue in merito all’integrazione dei diversamente abili. Si tratterebbe di una tabella da affiggere con orgoglio nell’atrio di ogni scuola, a dimostrazione di un principio di uguaglianza non solo enunciato, ma perseguito come obiettivo di civiltà. Soprattutto, se guardiamo agli altri Paesi, dove ancora esistono classi e scuole differenziali, luoghi-altri dove confinare studenti-diversi.
Certo, ultimamente i nostri governanti hanno fatto a gara nel tentativo di depauperare il significato di questa norma, alla quale tutti guardano come a un modello: gli insegnanti di sostegno, a dispetto delle sentenze della Corte Costituzionale e di vari tribunali italiani, continuano ad essere tagliati; il rapporto alunni-docente (che nel caso della disabilità è basso perché ci sono pochissimi alunni per ciascun docente) viene usato ad arte per manipolare i dati della realtà a dimostrazione che in Italia quel rapporto è in genere troppo basso rispetto agli altri Paesi Ue, incoraggiando quindi la politica dei tagli. Tutto ciò va a gravare sull’efficacia dell’integrazione – tradendo la finalità della norma – nonché sulla possibilità che questa avvenga senza che gli altri ragazzi abbiano a risentirne: classi sempre più numerose, ore di sostegno in numero sempre minore. Non sono queste le condizioni per concretizzare il progetto dell’inclusione. «I dirigenti degli istituti scolastici e delle scuole di ogni ordine e grado sono autorizzati a definire progetti, con la collaborazione di privati, per il sostegno di alunni con disabilità». È la proposta di due parlamentari del Pdl (la consueta vocazione alla solidarietà!), Bevilacqua e Gentile, per risolvere il problema: in nome di un malinteso appello al concetto di autonomia degli istituti, aprire ai privati per la fornitura del servizio. Ammesso che si trattasse di un’idea eticamente praticabile (e non lo è) chi si accollerà i costi, posto che l’applicazione della norma «non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»? Le prove tecniche di privatizzazione non s’arrestano nemmeno davanti ad una misura evidentemente ricattatoria, che fa perno sulla ovvia necessità dei genitori di ragazzi portatori di handicap di non escluderli dalla scuola di tutte e di tutti. Un diritto garantito nel nostro Paese da quasi 40 anni. Ma che questa compagnia di dilettanti allo sbaraglio in malafede sta mettendo a repentaglio nella maniera più odiosa: far leva su necessità improrogabili.
Per il resto, la scuola pubblica come spazio dell’interesse generale, della rimozione degli ostacoli, gratuita e inclusiva è sempre più incamminata a diventare un nostalgico ricordo del passato.
Marina Boscaino è insegnante di ruolo di italiano e latino presso il Liceo classico "Plauto" di Roma. Giornalista pubblicista (l'Unità, il Fatto Quotidiano), fa parte del comitato tecnico-scientifico dell'associazione professionale "Proteo Fare Sapere": www.proteofaresapere.it.