A fianco della Brambilla perfino La Russa sembra quasi umano. Stridula e prevaricatrice, la ministra insiste a voler parlare più degli altri, pur non avendo niente da dire (e dicendolo malissimo). Mentre La Russa, almeno, ha dalla sua la voce rugginosa e la somiglianza con l’imitazione che ne fa Fiorello. In più, con la carica, ha assunto quell’aria guerresca che ne fa il ministro più marziale che ci sia in circolazione. E anche l’unico capace di incutere terrore al nemico solo con lo sguardo. In Piazza Duomo ha infierito su Scalfari, Travaglio, Santoro: colpevoli morali dell’attentato a Berlusconi. A Ballarò ha infierito un’altra volta su Floris, che ormai ci è abituato, ma per una volta ha trovato la forza di reagire (magari inconsciamente) scambiando il nome di La Russa con quello, figurarsi, di Spatuzza. La vendetta del ministro è stata tremenda: si è alzato e ha abbracciato il conduttore, che, preso alla sprovvista, non ha potuto scansarsi. Di questo passo il povero Floris forse diventerà santo, ma non migliore.
Il cuore e la Fede
In tv è nato un nuovo eroe italiano. Un nuovo Mangano, anzi due: i fratelli Graviano. Due che non parlano contro Dell’Utri e Berlusconi e che sono stati accolti dai tg come salvatori della patria. Emilio Fede si è commosso fino alle lacrime (al cuore non si comanda come nel racconto dell’attentato al Cavaliere), mentre gli altri direttori si sono un po’ più contenuti. A parte Minzolini, che ha imbracciato di nuovo il fucile contro i giudici colpevoli di fare domande. Il pentito Spatuzza vale meno di una cicca; non è che un assassino sanguinario; mentre, è chiaro, i mandanti mai pentiti di tante stragi di mafia, Filippo e Giuseppe Graviano, valgono tant’oro quanto pesano. Anche se, come ha fatto notare ieri mattina ad Omnibus Nando Dalla Chiesa, la faccenda è contraddittoria. Soprattutto perché i due fratelli si sono assegnati una parte diversa: uno parla per negare e l’altro tace per far sapere che sotto il 41 bis si sta tanto male. E non è giusto accanirsi su un eroe.
Altro che ’68: B. filosofo della liberazione sessuale delle ragazze
Pietrangelo Buttafuoco, un nome che è già un manifesto estetico, a l’Infedele di Gad Lerner interpretava l’intellettuale di destra. Gigioneggiando tra «spirito dionisiaco» e nostalgia dei tempi in cui c’era ancora «timor di Dio», difendeva l’indifendibile volgarità maschilista di Berlusconi, mettendola in non si sa quale relazione con la liberazione sessuale del ’68. Quasi che essere libere, per le donne volesse dire farsi comprare dal potente di turno, per soldi o per fare carriera tra gli altri domestici della casa. Così Buttafuoco spacciava i suoi desideri reazionari per spirituale rimpianto di una femminilità inventata da uomini siculi come lui. Mentre, poco dopo, a Porta a porta, un altro siculo, Marcello Dell’Utri, ostentava una estenuata disperazione proprio mentre, da buon berlusclone, abusava ancora una volta del servizio pubblico come imputato (e già condannato) per mafia. Perché c’è gente, come Bruno Vespa, che non si pente mai.
E i politici parlano come Corona
Berlusconi è proprio fuori. Fuori d’Italia e fuori dalla grazia di Dio (ancor prima dell’aggressione). D’altra parte, non poteva mica farsi superare, nella violenza contro i magistrati, dal piccolo Angelino Alfano (ma chi crede di essere, il ministro della giustizia?). Il quale, appena 24 ore prima aveva intimato ai giudici di andare meno in tv. Perché la tv appartiene a Lui (quello che ha le palle) e non è lecito che chi si intende di legalità dica la sua sul tema. Non sia mai che il popolo sovrano venga messo al corrente di qualche principio costituzionale comunista. E adesso tutti i domestici della casa, come un sol uomo, alzeranno il tono della violenza verbale, limitandosi, si spera, a dichiarare in patria. Cosicché, tra un po’, parleranno tutti come Fabrizio Corona che, condannato, manda a quel paese i giudici, anche se, tanto, che cazzo gliene frega. Lui si vergogna di essere italiano, mentre noi possiamo solo vergognarci da morire di Corona e di Berlusconi.
Maroni ruba il successo delle procure comuniste che prendono i mafiosi
Era evidentemente a disagio il sottosegretario Mantovano (ex An) nel seguire la puntata di Annozero dedicata al pentito Spatuzza e all’impunito Berlusconi. La sparata di quest’ultimo al congresso del Partito popolare europeo era talmente pazzesca che chiunque sarebbe stato in difficoltà a difenderla. Chiunque, ma non Capezzone e Gasparri, i due bracci della legge del più forte, quelli che non si vergognano di dire ogni giorno l’indicibile, se il boss lo vuole. Un po’ come il ministro Maroni, il quale si attribuisce i risultati della lotta contro la mafia sostenuta dalle procure definite comuniste da Berlusconi e ruba il merito a quegli stessi poliziotti ai quali il governo taglia i fondi. Poi, per minimizzare le gravissime dichiarazioni del premier, arriva a dire a Porta a porta che, ma sì, Berlusconi sono dieci anni che dice le stesse cose. Senza neanche rendersi conto che questa è un’aggravante.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.