C’è un giudice anche in Italia. Sono in arrivo pesanti sanzioni a carico di dirigenti pubblici che assumono i lavoratori della scuola e degli altri settori pubblici abusando dei contratti a termine. Intanto una massa imponente di ricorsi giudiziari contro una norma colpo di spugna rischia di paralizzare i palazzi di giustizia. Ci avevamo visto giusto. L’unica arma di salvezza per i precari della scuola è il Tribunale. Lo avevamo scritto a ottobre scorso, in un articolo che citava le tante sentenze che da un paio d’anni condannano a ripetizione il Ministero dell’Istruzione a riconoscere diritti importanti dei lavoratori a termine annuale, docenti e non docenti.
Un esercito di 200 mila persone (escluse le centinaia di migliaia di supplenti temporanei) che vengono assunte e costantemente licenziate in estate per poi essere riassunte il 1 settembre secondo un modo di procedere ritenuto illegittimo dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee che ha più volte ribadito il principio di non discriminazione tra lavoratori precari e stabili. Ma il governo italiano è corso ai ripari e, quasi in silenzio, ha introdotto una norma tagliola all’interno della legge 183/2010 (Collegato Lavoro) che farà piazza pulita con effetto retroattivo dei diritti dei precari, almeno di quelli che si sono lasciati prendere alla sprovvista.
Così, un super lavoro attende i nostri giudici del lavoro poiché stanno per piombare negli uffici giudiziari di tutta Italia centinaia di migliaia di fascicoli di lavoratori, pubblici e privati, che si ritengono vittime di abuso di contratti a termine e di altre forme atipiche di assunzione. Con loro tanti lavoratori che hanno subìto un licenziamento ingiusto. È questo l’effetto dell’art. 32 della legge citata, che mirava a produrre a mezzanotte del 22 gennaio 2011 un colpo di spugna sui diritti di oltre un milione di persone. Il tentativo è stato temporaneamente arginato dai tantissimi che entro sabato, con una semplice raccomandata spedita al datore di lavoro, hanno impugnato il licenziamento o la scadenza dei contratti precedenti, azione necessaria per non decadere dal diritto di far causa.
Costoro hanno ora appena 270 giorni per rivendicare in Tribunale la nullità del licenziamento o del termine (chiedendo la stabilizzazione), mentre finora l’azione di nullità del termine illecito apposto al contratto di lavoro era imprescrittibile. Molti però non erano al corrente della legge capestro – che peraltro è in odore di incostituzionalità visto che il Tribunale di Trani ha appena sollevato la questione di legittimità dell’articolo 32 del Collegato lavoro davanti alla Consulta – e hanno perso tutto il pregresso. Rimane loro unicamente la possibilità di impugnare la scadenza del contratto in corso, e non più quelle del passato, entro sessanta giorni (non più entro i cinque anni usuali) dal giorno in cui essa si verificherà.
Il settore più coinvolto è la scuola pubblica. Un esercito di docenti e non docenti è assunto con contratti a termine anche per decenni da uno Stato che conta sul mancato pagamento dei mesi estivi e degli scatti di anzianità, tanto che questi lavoratori percepiscono lo stipendio di prima nomina anche dopo decenni di incarichi annuali: un comportamento condannato come discriminatorio da ripetute sentenze nazionali e comunitarie emesse in favore dei precari che hanno già fatto causa. Prima della discesa in campo dell’ultima ora, i sindacati hanno sempre ritenuto azzardata l’azione giudiziaria di stabilizzazione dei tanti precari del settore pubblico.
Il decreto legislativo 368/2001, nel recepire la Direttiva Ue 1999/70 sulla prevenzione degli abusi dei contratti a termine, consente la reiterazione dei contratti, compensandola però con un risarcimento dei danni, opportunità pressochè sconosciuta ai lavoratori visto che i sindacati non l’hanno mai pubblicizzata. Chi ha fatto causa ha però ottenuto con sentenza fino a decine di migliaia di euro. Ora il Collegato lavoro riduce il risarcimento a una cifra che va da 2,5 a 12 mensilità mentre prima il danno era quello dimostrabile nelle sue forme del danno mergente e del lucro cessante, somma ulteriormente dimezzata dalla legge 183 quando i lavoratori, come quelli della scuola pubblica, sono tutelati da contratti collettivi firmati dai sindacati.
Una norma molto singolare, quest’ultima: da un lato i sindacati non hanno quasi mai invitato i lavoratori precari a farsi risarcire i danni, quando i risarcimenti erano cospicui. Ora che i lavoratori avevano scoperto questa via, imposta (inutilmente) dalla Ue per dissuadere le pubbliche amministrazioni dal ripetere contratti a termine abusivi, la legge stabilisce che se gli interessati chiedessero i danni essi sarebbero penalizzati tutte quelle volte che la loro posizione è assistita dai sindacati. Molti giuristi che fanno capo alla Corte di Cassazione sostengono però che tale risarcimento va interpretato come aggiuntivo e non come sostitutivo rispetto a quello tradizionale. Ancora una volta ci troviamo dunque di fronte a una legge pazzoide che produrrà interpretazioni kafhiane prima ancora che applicazioni attaccabili.
Ad ogni modo, a far sperare ora i precari, per la prima volta in maniera davvero concreta in merito alla possibile stabilizzazione di massa (che peraltro non pesa granché sulle casse dello Stato visto che si tratta di persone che già percepiscono stipendi e indennità sostitutive (come il compenso sostitutivo delle ferie non godute, il Tfr anticipato e l’indennità di disoccupazione) sono intervenuti tre ulteriori elementi decisivi:
- 1) la legge finanziaria Prodi 2008, che ha previsto un piano di stabilizzazioni nel pubblico per chi abbia maturato 36 mesi anche non continuativi di lavoro;
- 2) la recente sentenza con cui il Tribunale di Siena ha stabilizzato una docente precaria ispirandosi alla citata Direttiva e ai pronunciamenti della Corte di giustizia europea che hanno sancito il principio di non discriminazione tra lavoratori;
- 3) infine, la stessa Corte di giustizia ha emanato una sbalorditiva sebbene sconosciuta ordinanza (1.10.2010 nel procedimento C-3/10) con cui, sciogliendo alcuni dubbi residui del Tribunale calabrese di Rossano, ha ribadito che i lavoratori pubblici devono essere stabilizzati se hanno maturato 36 mesi a partire dal 2001, l’anno in cui l’Italia ha recepito la Direttiva citata 99/70.
Scrive la Corte che il governo italiano ha addirittura ammesso per iscritto che l’art. 5 del decreto 368/2001, modificato nel 2007, “al fine di evitare il ricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico, ha aggiunto una durata massima oltre la quale il contratto di lavoro è ritenuto concluso a tempo indeterminato” e ha introdotto a favore del lavoratore che ha prestato lavoro per un periodo superiore ad appena sei mesi, un diritto di priorità nelle assunzioni a tempo indeterminato. Un’altra norma del 2008 prevede, come pure ha ammesso il governo, “oltre al diritto del lavoratore interessato al risarcimento del danno subìto a causa della violazione di norme imperative e all’obbligo del datore di lavoro responsabile di restituire all’amministrazione le somme versate a tale titolo quando la violazione sia dolosa o derivi da colpa grave, l’impossibilità del rinnovo dell’incarico dirigenziale del responsabile, nonché la presa in considerazione di detta violazione in sede di valutazione del suo operato”. Sullo sfondo, una notizia dell’ultima ora: il Tribunale di Padova ha riconosciuto nei giorni scorsi gli scatti di anzianità e l’aumento immediato dello stipendio a 31 docenti precari vittima di abuso di contratti a termine e di discriminazione nei confronti dei colleghi di ruolo e anche dei colleghi precari di Religione che invece, e stranamente, vedono riconosciuta la carriera e le fasce crescenti di stipendio.
Vincenzo Brancatisano (Caraffa del Bianco, 1960) è docente di Discipline giuridiche ed economiche, giornalista collaboratore del Gruppo Espresso, saggista. È autore dei libri: "Di Bella, l'uomo, la cura, la speranza", Positive Press, 1998; "Di Bella, the Man, Cure, a Hope for All", Quartet Books, Londra, 1998; "Un po' di verità sulla terapia Di Bella", Travel Factory, 1999; "Sentenze di vita", Travel Factory, 2000; “La scelta di Dionigio”, MondoNuovo, 2002; “Una vita da supplente. Lo sfruttamento del lavoro precario nella scuola pubblica italiana”, Nuovi Mondi, 2010. Il sito dell’autore è www.vincenzobrancatisano.it.