La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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È scappato dove ha nascosto i soldi: 70 miliardi di dollari nel Mar Rosso (prima tappa della fuga), in Germania, a Londra, Manhattam e Los Angeles. Affari di famiglia nelle mani della moglie e dei figli. Le folle esultano nelle piazze, ma il potere militare resta sempre all'obbedienza degli Stati Uniti. Cambierà davvero qualcosa? Musulmani che proteggono le preghiere dei cristiani, cristiani che proteggono le preghiere dei musulmani

Ecco dove Mubarak ha nascosto il tesoro rubato all’Egitto affamato

11-02-2011

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Egypt Will Rise - Immagine di Nick BygonAdesso che se ne è andato milioni di egiziani sparsi nel mondo e milioni di arabi attorno alle moscheee hanno voglia di scherzare sul passato che era terribile fino a quindici giorni fa quando Ben Ali e Mubarak erano i padrono medioevali di Tunisia ed Egitto protetti dalla democrazia presa d’esempio da tutti noi. Come verrà ricordato? Cosa significa “Mubarak”? Se inteso come verbo: incollare qualcosa. Esempio: “Ti picchio e ti Mubarak al muro” o “Puoi Mubarak tenere assieme i pezzi”. Se inteso come aggettivo: lento nell’imparare o nel comprendere. Esempio: “Perché sei così Mubarak?” Se lo consideriamo un nome: ex psicotico che non si capacita del fatto che sia finita”. Sono giochi di parole di un dottorando palestinese in scienze politiche a Londra, gioiosamente distratto dalla rivoluzione egiziana.

Bende per gli occhi e ossessiva speranza

Benvenuti al mulinello delle manipolazioni. All’interno della più antica nazione del mondo, il regime ha cercato di censurare la diretta da Tahrir Square: non c’è riuscito. Per i dimostranti, “democrazia” è sinonimo di laicità e di libertà di culto. Visto che la polizia ha travolto i dimostranti persino quando pregavano, ora un cordone di egiziani cristiani protegge l’intimità della preghiera musulmana (foto di Nevine Zak da Twitter).

Al contempo, domenica si celebrano le messe cristiane, protette dai musulmani. Per non parlare delle nozze, con auguri ecumenici. Una dimostrazione di civiltà straordinaria. Non ci avevamo venduto una sorta di guerra fredda interreligiosa in Egitto? Questa rivoluzione ha sostituito nell’immaginario della nostra generazione le gesta dei barbudos di Cuba. All’esterno delle pareti della prigione-Egitto, sono state attuate due strategie per bendarci gli occhi (leggi: delegittimare le proteste): l’opzione attendista di “wait and see”, da parte dell’amministrazione Obama, perché chissà, non si può sapere a cosa porterà un movimento pluralista, laico e democratico che si oppone ad una dittatura. E le profezie apocalittiche di “adesso si istaura una teocrazia in Egitto!”, spiegate dall’esperto in pace e risoluzione di conflitti, il primo ministro israeliano Netanyahu. Nel teatro in cui nessuno degli attori vuole cambiare sceneggiatura, Tahrir Square, come dotata di una luce a sè, ha continuato a pulsare una ossessiva speranza per chi non fa parte del potere delle armi nè di quello delle finanze incravattate (leggi: diplomazia).

Botox politico per la Famiglia Mubarak-Addams

Ed ecco che il 10 febbraio, Mubarak beve del suo botox e con la lingua rifatta, prova a dire in un comunicato televisivo che – due punti. Lui è il grande padre di 80 milioni di persone – ha servito il paese per 60 anni – ha difeso la patria dai nemici, piantando la bandiera nel Sinai – sa ascoltare le legittime richieste dei figli e delle figlie -sa anche chiedere vagamente scusa per i problemi di ordine pubblico esplosi chissà perché nelle ultime due settimane. I giovani di Tahrir Square mostrano le scarpe (terribile insulto nel mondo arabo) allo schermo col dittatore di pongo. Agitando le bandiere egiziane, e le proprie urla (erjal, erjal, Hosni Mubarak!) con avvilimento.

EGypTarticleLarge - Foto di Jerry JacksonIl gioco delle alleanze incrociate ha dinamiche imprevedibili, ma già il 29 gennaio, il “The Times” e “Elaph” riportano che il governo saudita non è contento delle pressioni esercitate dagli Stati Uniti su Mubarak, che non permetterà che lui abbandoni in modo umiliante il paese. E che se Washington mette in forse gli aiuti finanziari al regime, nessun problema: l’Arabia Saudita stessa pagherà a Mubarak $1.5 miliardi all’anno, per l’agghiacciante “stabilità”. Il re Abdullah è lo zio Fester. Per Mubarak, pecunia non olet, fa un po’ lo stesso chi sgancia le banconote. Come se non ne avesse abbastanza. Secondo “The Guardian”, la fortuna della famiglia potrebbe essere di circa $70 miliardi, con investimenti immobiliari a Londra, New York, Los Angeles, e nella costa del Mar Rosso (prima tappa della sua fuga, dopo la capitolazione), oltre che in Germania. Il giornale arabo al-Khabar annota altre proprietà a Manhattan e Beverly Hills. Trent’anni come presidente, accesso privilegiato agli accordi di investimenti, e tanta tanta pazienza nel risparmio. Una formichina.

Poi c’è la moglie, Suzanne Mubarak-Morticia, conosciuta in Egitto come Maria Antonietta. Camaleonte del potere. Sia nella piattaforma innocua pace-bambini-donne-pace fatto su misura per le first ladies. Fondatrice del International Movement of Women for Peace, donna-immagine contro le mutilazioni genitali femminili, contro il traffico di esseri umani. È attivista contro tutto meno che contro l’arricchimento illecito. Il matrimonio l’ha ingozzata di 1 miliardo di dollari, accreditati in banche statunitensi, secondo il canale internazionale Watchnews e i giornali del Wafd party. Suzanne sfoggia il sorriso morbido e la pettinatura composta, con innegabile eleganza, per sostenere tutte le buone cause che strappano applausi nei galà della comunità internazionale.

Le manifestazioni in EgittoDopo che le luci dei riflettori si sono spente, riprende a tessere le trame del vero potere, quello dell’immortalità. Come Cleopatra, pianifica il mantenimento dell’impero in famiglia. Wikileaks rivela che Suzanne avrebbe convinto il marito a preparare il figlio, Gamal-Pugsley, a ereditare il regime. Pertanto, ha premuto affinché nessun vicepresidente venisse designato, perché sarebbe stato visto come un candidato alla presidenza. Aveva tanto piacere che gli egiziani, visti dalla famiglia Mubarak come “figli”, continuassero a giocare con le versioni horror di Barbie e Ken: Suzanne e Hosni. Invece no: Mubarak ha nominato vicepresidente uno che di certo se ne intende di Stato di Diritto, dialogo con le opposizioni, transizione democratica, rispetto dei diritti umani: Omar Suleiman, il capo dei servizi segreti, cioè di uno degli apparati di repressione più efficienti della dittatura. Reincarnazione del maggiordomo Lurch della Casa Addams, con il carisma di una carota, promette bene quando improvvisa nel suo comunicato televisivo un generico: “teniamoci insieme e guardiamo al futuro”. We are the world, we are the children.
Ma tanto lo sappiamo, che la famiglia intera fuggirà come un branco di iene nella notte senza luna.

Le proteste in Egitto non mirano solamente alla caduta del dittatore, ma alla caduta della dittatura: di tutto il sistema familiare, oligarchico e clientelare che ha eretto la prigione per gli egiziani. Chi appoggia ancora Mubarak in Egitto? Secondo l’analisi del politologo palestinese Azmi Beshara, due tipi di persone. I suoi dipendenti: le élites, i businnessmen, i membri dell’apparato di sicurezza, i lavoratori pubblici. E gli animali che non hanno ancora capito. Sì, al di là del sarcasmo, potremmo ricordare i cammelli e cavalli egiziani che hanno galoppato contro i manifestanti pro-democrazia, sperando di ferirli a morte. I cammellieri vivono del turismo e forse non hanno una altissima preparazione accademica per comprendere le cause di questa crisi nazionale. Gli omoni di Mubarak hanno spiegato loro all’orecchio l’abc della propaganda ufficiale: i protestanti antiMubarak vogliono allontanare i turisti. E´ingiusto, impoveriscono te. E così i cammellieri hanno ululato la loro rabbia a chi fa scappare le colombe con la protezione solare +50, via via dalle piramidi. Può sorprendere la “primitività” della scena, ma secondo Beshara, questo è il modo in cui il regime ha governato da 30 anni. Poveri sparati contro altri poveri.

Tutte le generazioni

Le manifestazioni in EgittoLo scrittore Alaa Al Aswany, autore di “Palazzo Yacoubian”, si è unito alle proteste in Piazza Tahrir a Il Cairo. In un recente articolo su “El Paìs”, narra che un giovane manifestante stava scappando dalla polizia martedì scorso. Entrato in un edificio, suonò campanelli a caso. Erano le quattro del mattino, e un signore anziano anni, spaventato, gli aprì la porta. Il giovane gli mostrò la carta di identità e chiese di essere nascosto dalla polizia. L’uomo gli offrì ospitalità, cibo e tè. Parlarono come vecchi amici. Magari quest’uomo era uno dei lavoratori pubblici, a cui è stato dato l’ordine di non protestare pena la ritenzione del salario. Al mattino, l’uomo lo accompagnò a prendere un taxi. Il giovane lo ringraziò. Abbracciandolo, l’uomo gli disse “sono io che devo ringraziare te, per difendere me, le mie figlie e tutti gli egiziani”. Ogni generazione in Egitto è in prima linea per difendere questo cuore neonato che pulsa speranza.

Azzurra CarpoSpecialista in cooperazione internazionale. Autrice di "Romanzo di frontiera" (Albatros, Roma 2011), magia e realtá delle donne latinoamericane alla frontiera Messico-USA; "In Amazzonia" (Milano, Feltrinelli, 2006); "La Ternura y el Poder" (Quito, Abya Yala, 2006); "Una canoa sul rio delle Amazzoni: conflitti, etnosviluppo e globalizzazione nell'Amazzonia peruviana" (Gabrielli Editore, Verona, 2002); co-autrice di "Prove di futuro" (Migrantes, Vicenza, 2010).
 

Commenti

  1. Articolo che condivio appieno. Ciò che mi rende veramente felice è la solidarietà fra cristiani e musulmani. E’ stupendo questo fatto!!!!!!!! Chissà che sia un buon inizio di condivisione e solidarietà da esportare in questo mondo isterico ed egoista. Grazie per l’ articolo, cara Azzurra.

  2. Marco Ferraro

    Ciao Azzurra,
    come sempre hai scritto in maniera
    diretta e accattivante, mi sembra di vedere il film di Moore, The Capitalism, a love story.
    Il futuro che attende ora l’Egitto in realtà non lo conosciamo ancora.
    Che il vento della libertà soffi dal deserto d’Egitto, prenda forza a dismisura
    e invada di speranza nuova tutta l’Africa.
    A presto e un abbraccio da tutti e 4!
    Marco

  3. alberto bressani

    non è come sembra , l articolo è scritto bene ma i fatti in Egitto non sono privi di una regia !
    queste rivolte spontanee e popolari sono molto strane come è strano che forze speciali egiziane siano state mandate in libia , come è strano che armi francesi siano state inviate a bengasi , o che l esercito egiziano abbia avuto un ruolo “particolare ” nel nord africa degli ultimi mesi (777). la verità forse non la sapremo mai , ma è evidente che ciò che stà avvenendo in nord africa ha degli sponsor ( inglesi francesi arabi …. ) che non hanno come obbiettivo la pace la libertà e la democrazia …
    la solidarietà tra mussulmani e cristiani in egitto è storica ma proprio questi eventi la metteranno in pericolo !

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