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Lettere »

Dopo Berlusconi sarà possibile ricostruire la Democrazia?

15-12-2011

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Il 15 aprile 1994 Giuseppe Dossetti, di cui il 15 dicembre scorso abbiamo celebrato i quindici anni dalla morte, dall’ospedale dove era ricoverato a Bazzano scriveva al sindaco di Bologna una lettera per denunciare i pericoli a cui, con l’avvento della destra al potere, era esposta la Costituzione repubblicana. Prima di ogni altro Dossetti, che era stato un costituente sia nello Stato che nella Chiesa (a Montecitorio e al Concilio), aveva capito il senso globalmente eversivo del governo berlusconiano, che era allora appena agli inizi e aveva già detto di voler cambiare la Carta.

Perciò il santo monaco auspicava “la sollecita promozione, a tutti i livelli, dalle minime frazioni alle città, di comitati impegnati e organicamente collegati, per una difesa dei valori fondamentali espressi dalla nostra Costituzione”: non solo per “riconfermare ideali e dottrine”, ma anche per “impedire a una maggioranza che non ha ricevuto alcun mandato al riguardo, di mutare la nostra Costituzione: si arrogherebbe un compito che solo una nuova Assemblea Costituente, programmaticamente eletta per questo, e a sistema proporzionale, potrebbe assolvere come veramente rappresentativa di tutto il nostro popolo. Altrimenti sarebbe un autentico colpo di stato”.

Ora Berlusconi è caduto, “le più belle dimissioni degli ultimi 150 anni”, come ha detto Benigni, e la Costituzione è ancora là. Dunque, si potrebbe dire, Dossetti ha vinto, e il popolo è salvo. Tuttavia i guasti prodotti da questa lunga fase di governi neo-liberali che si sono succeduti al potere sia in Europa che in America dopo la fine del muro di Berlino, hanno prodotto nel sistema effetti di lungo periodo che richiedono una ricostruzione altrettanto difficile quanto urgente. Sopravvissute le Costituzioni, è la democrazia che è precipitata.

Il dato che è sotto gli occhi di tutti è questo: a guidare la danza sono i mercati, le borse, il denaro e i surrogati del denaro, le banche, le agenzie di rating, le insostituibili competenze dei “tecnici”, la diarchia di fatto che si prende in Europa un potere che nessuno le ha dato, l’economia finanziaria ignara dell’economia reale, e non i popoli, non parlamenti ridotti a belletto del potere, non la politica, di cui infatti è diventata opinione comune che si debbano abbattere gli inutili costi. E tutto questo viene presentato come legge di natura: non c’è niente da fare, è così, nessuno lo ha voluto e nessuno lo può disvolere.

Non è vero: è stato voluto e ora grazie al mordere della crisi si vuole portare definitivamente a casa la vittoria del liberismo economico, della sregolatezza massima e dello Stato minimo, dell’interdizione alla politica, “alla Repubblica”, come dice la Costituzione, a occuparsi degli “ostacoli di ordine economico e sociale” che limitano “di fatto” la libertà e l’eguaglianza dei cittadini; cioè si vuole chiudere una volta per tutte la partita, durata oltre un secolo, tra un’economia che si pretende anarchica ed ogni sua possibile correzione e regola. E questa vittoria arriva ora anche in Costituzione; già hanno cambiato l’art. 81 (il pareggio del bilancio), con un linguaggio peraltro contorto e bruttissimo, che anche in ciò fa a pugni con la limpida e a tutti comprensibile Costituzione del 48.

E allora si capisce che i ministri piangono: perché hanno cuore (e in questo la differenza di dignità e di stile con il precedente governo è abissale): ma questo pianto è anche una confessione di impotenza, e dovrebbe quindi suonare come un segnale di riscossa.

E allora occorre porre mano a un restauro della democrazia nei due ordini in cui oggi essa è negata: nell’ordine interno, restituendo la centralità al Parlamento, una vera rappresentanza ai cittadini, non solo come singoli, ma anche nelle formazioni sociali e politiche in cui si esprime il loro pluralismo, facendo della legge elettorale una legge di verità, e non di investitura di poteri minoritari e illegittimi, ricucendo le due Italie, di sopra e di sotto, di destra e di sinistra, in un’Italia sola. E nell’ordine europeo bisogna portare la democrazia là dove si esercita il potere.

L’Europa è mancata nel momento in cui alle generose, magnanime intenzioni iniziali dei Padri fondatori, non ha fatto seguito la costruzione di una vera unità politica. All’Atto unico europeo, a Maastricht, a Lisbona, è bastato trasformare una forma economica, opinabile e datata, in regime politico cogente e normativo per tutti: una ideologia economica fatta ordinamento, che batte moneta. Questo regime non ha i limiti e i controlli che i poteri statali avevano nella democrazia di ciascun Paese.

Il potere se n’è andato, è stato il primo migrante della nuova Europa; ma la democrazia degli Stati non l’ha seguito. Lì il potere, qua la democrazia, ormai più involucro che sostanza. Occorre portare la democrazia lì dove oggi è il potere; una democrazia europea, una unità non delle politiche europee, ma una unità politica europea, nel tempo e nel regno, questo sì sovrano, della democrazia. Questa dovrebbe essere la nuova bandiera. Di tutti, ma almeno di una sinistra che non sa più che cosa essere.

Raniero La Valle è presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione. Ha diretto, a soli 30 anni, L’Avvenire d’Italia, il più importante giornale cattolico nel quale ha seguito e raccontato le novità e le aperture del Concilio Vaticano II. Se ne va dopo il Concilio (1967), quando inizia la normalizzazione che emargina le tendenze progressiste del cardinale Lercaro. La Valle gira il mondo per la Rai, reportages e documentari, sempre impegnato sui temi della pace: Vietnam, Cambogia, America Latina. Con Linda Bimbi scrive un libro straordinario, vita e assassinio di Marianela Garcia Villas (“Marianela e i suoi fratelli”), avvocato salvadoregno che provava a tutelare i diritti umani violati dalle squadre della morte. Prima al mondo, aveva denunciato le bombe al fosforo, regalo del governo Reagan alla dittatura militare: bruciavano i contadini che pretendevano una normale giustizia sociale. Nel 1976 La Valle entra in Parlamento come indipendente di sinistra; si occupa della riforma della legge sull’obiezione di coscienza. Altri libri “Dalla parte di Abele”, “Pacem in Terris, l’enciclica della liberazione”, “Prima che l’amore finisca”, “Agonia e vocazione dell’Occidente”. Nel 2008 ha pubblicato “Se questo è un Dio”. Promotore del “Manifesto per la sinistra cristiana” nel quale propone il rilancio della partecipazione politica e dei valori del patto costituzionale del ’48 e la critica della democrazia maggioritaria.
 

Commenti

  1. roberto tutino

    la democrazia ha come fondamento – e requisito minimo obbligatorio – il rispetto verso cittadini che in Italia manca quasi del tutto.
    Quando lo stato e le sue organizzazioni agiscono come fanno in Italia, la democrazia resta un vuoto contenitore.
    Non è certo Berlusconi da avere violato la Costituzione. In varie parti mai attuata, nata da una cultura formatasi tra le due guerre e frutto dell’esperienza di quegli anni, la Costituzione non risponde assolutamente al mondo del XXI secolo, ma a quello del ‘900.Tutto è cambiato intorno a noi, ma le forze politiche, lo stato, le organizzazione sociali (ad es. i sindacati) e anche Raniero La Valle restano tenacemente ancorati al XX Secolo.

  2. Gianluca De vito

    Ahime’ Sig. Roberto,….Ahime’ e ahinoi!!!
    Se davvero la maggioranza degli italiani la pensasse come lei….e se davvero la maggioranza della popolazione mondiale,pensasse che i diritti dell’uomo sono qualcosa che va di pari passo con lo scorrere del tempo,e di conseguenza cambiando secolo…e perche’ no decennio,perdessero di forza e validita’,allora davvero si che potremmo tornare all’eta’ media,dove non solo nello scorrere del tempo si perdeva la memoria,ma da paesello a paesello cambiavano i diritti e quello che contava era solo la legge del piu forte!!!
    Io son d’accordo con lei,sul fatto che tutto e’ cambiato,pero’ non posso e non voglio dimenticarmi che la nostra costituzione(e molte di quelle europee) sono state scritte con il sangue di milioni di innocenti,e per quanto datate tutte dicono una cosa fondamentale….che lo stato deve garantire ai piu deboli il sostegno e l’aiuto necessario,e fino a che rimane scritto,ho speranza che possa avverarsi!!

  3. Valerio del Monte

    Ma piantatela. Il “ministro che piange” ha lavorato tutta la vita per costruire un supporto ideologico al massacro che hanno appena iniziato a mettere in opera, e qui state ad applaudire “lo stile”. Vi meritate tutto quello che verrà.

  4. Mauro Matteucci

    Credo che tutti dovremmo riflettere su queste aprole di quel grande Padre della Costituente che fu Giuseppe Dossetti:Lo Stato e i diritti della persona
    “La sola impostazione veramente conforme alle esigenze storiche, cui il nuovo statuto dell’Italia democratica deve soddisfare, è quella che a) riconosca la precedenza sostanziale della persona umana (intesa nella completezza dei suoi valori e dei suoi bisogni non solo materiali, ma anche spirituali) rispetto allo Stato e la destinazione di questo a servizio di quella; b) riconosca ad un tempo la socialità di tutte le persone, le quali sono destinate a completarsi e perfezionarsi a vicenda mediante una reciproca solidarietà economica e spirituale: anzitutto in varie comunità intermedie disposte secondo una naturale gradualità (comunità familiari, territoriali, professionali, religiose ecc.) e quindi per tutto ciò in cui quelle comunità non bastino, nello Stato; c) che per ciò affermi l’esistenza sia dei diritti fondamentali delle persone, sia dei diritti delle comunità anteriormente ad ogni concessione dello Stato”.
    (da Giuseppe Dossetti, La ricerca costituente)

  5. […] fonte: http://domani.arcoiris.tv/dopo-berlusconi-sara-possibile-ricostruire-la-democrazia/ […]

  6. angelo nocent

    MA LA CRISI NOIN ERA STATA PREVISTA DA PAOLO SYLOS LABINI NEL 2003?

    “La crisi era stata prevista da Paolo Sylos Labini nel 2003. Paolo aveva scritto un lungo articolo sulla rivista il Ponte (reperibile sul sito dell’associazione) fondata da Calamandrei e ne aveva parlato in un convegno della CGIL. Aveva detto con chiarezza che la crisi sarebbe stata in principio americana a causa della bolla immobiliare e dell’enorme debito pubblico di quel paese e si sarebbe diffusa in tutto l’occidente. Aveva anche scritto che sarebbe stata non meno grave di quella del 1929. Ma Paolo era più stimato all’estero che in Italia. Inoltre era un economista e un uomo poco incline ai compromessi e quindi non era amato nè dalla politica nè dai mezzi di informazione. Nessun partito di centro sinistra per i quali votava l’ha mai invitato e nessuna tramissione televisiva in cui si parlava di economia. Era un alieno. Tremonti non conosceva gli scritti di Sylos Labini? Penso che li conoscesse ma sapeva che Paolo lo considerava ottimo tributarista e pessimo economista”.

    DAL 2003 AL 2011 ALIENO SOLO TREMONTI?

  7. stefano ottani

    Premetto in lingua italiana, poi riporto un articolo del time in inglese.
    Caro La Valle, intanto due parole su Aldo Moro.
    Dicono, i baresi, che fosse un professore molto severo in procedura penale: questo me lo dipenge cone persona non molto simpatica.
    Tu La Valle, che vivi in un mondo virtuale, non sai che la procedura penale la si impara solo esercitandola: in Italia, meglio nelle università italaliana specie ai tempi di Moro, tocchi gli atti (se hai la fortuna di fare pratica in uno studio dove ti facciano vedere le cose e lavorare come praticante e non come impiegato “non pagato”) solo dopo che ti sei laureato quindi se e solo lavori presso qualche studio legale. Essere severi negli esami non serve a nulla, perchè nulla ti possono insegnare gli esami impostati in questo modo.
    A parte l’ essere fuori dal mondo da professore di procedura penale, stando a quello che si dice di lui a Bari, si è voluto inserire nel mondo politicamente durante la guerra fredda: ignorando che l’ Italia ha perso la seconda guerra mondiale con esiti quasi catastrofici. Senza gli americani, come dice anche Edward N. Luttwak, saremmo un paese povero come quelli che vivono nella galassia sovietica: hai capito La Valle, e non te lo dimenticare.
    E ti consiglio vivamente se e quando torneremo a parlarci a quattro occhi di non parlarmi di certe cose senza mia consenso: ricordo ancora quando in treno mi parlasti della CIA! Attento perchè se torni asbaglare potrei anche, e non solo, sputare adosso.
    Vai a messa e buona domenica,
    Ora arrivo alla Tua Europa, riportando per l’ articolo di cui ti dicevo prima.
    “Saving the Euro”
    The euro crisi is not surprising [the Euro’ s last Stand?”]. A common currency without common government can’ t work. Those who created the euro euro were perfectly aware of it, but they intended to force tha peoples of Europe into a federation. The euro is an ideological construction, not an economic one. And unlike the U.S., Europe is not an economic one. And unlike the U.S., Europe is non a nation. It would be better to go back to national currencies.
    December 26, 2011/Jannuary 2, 2012
    Pierre Dennis, Ecully, France

  8. Stefano Bovero

    Che cosa significa che la nostra Costituzione è vecchia e novecentesca, che non risponde assolutamente alle esigenze del XXI secolo ? Forse che i diritti e i doveri e l’esigenza del loro rispetto da parte di tutti non sono sempre attuali in ogni epoca ? Intendiamo forse dire che per migliorare la società italiana ci vuole un’altra Costituzione ? E come dovrebbe essere fatta ? Di articoli che parlino soprattutto di liberismo a tutto spiano ? Di una Costituzione “liberale” ? Perché allora, già che ci siamo, non proponiamo di sostituirla di nuovo con il precedente Statuto Albertino ? Era un’eccellente Costituzione liberale italiana… O magari sostituiamola con il famoso programma per la Rinascita Democratica di Licio Gelli, quello forse è davvero attuale, e c’era il suo uomo di punta che lo stava attuando, Silvio Berlusconi. Stava mettendo sotto controllo stampa, sindacati, insegnanti, magistrati… Perché non lo richiamiamo al governo ?

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