Pisapia a Milano e Zedda a Cagliari hanno saputo conquistarsi il ruolo di sfidanti attraverso le primarie. De Magistris non è un giustizialista, solo un protagonista che lotta contro la corruzione e la criminalità e il Pd pasticcione di Napoli (e di Roma) non lo ha capito
Gianfranco PASQUINO – Elezioni: le persone giuste al posto giusto nel momento giusto
19-05-2011Buone notizie per il Partito Democratico, per il centro-sinistra e per tutti quegli elettori che desiderano cambiamenti effettivi nei governi delle città italiane, sperando che l’onda del loro voto arrivi alta e veloce fino a Palazzo Chigi. Guardando ai risultati delle grandi città, Milano, Torino, Napoli e Bologna e ad almeno una delle città di medie dimensioni, Cagliari, si intuisce che deve essere proprio vera l’affermazione, qualche vota un po’ ipocrita, che i dirigenti della sinistra esprimono troppo spesso a mo’ di ritornello quando si discute di leadership e di personalità.
Qua e là, sul territorio nazionale esistono davvero molte “risorse”, molte personalità rappresentative, ciascuna con la storia e con la sua biografia politica e professionale che rappresentano un elettorato diversificato e sanno raggiungerlo e convincerlo con le loro proposte, ma anche con la loro personale credibilità. Qualcuno, come è stato nel caso di Piero Fassino a Torino, gode anche dell’effetto positivo dei due sindaci di centro-sinistra, Valentino Castellani e Sergio Chiamparino, che lo hanno proceduto. Quel buongoverno di diciotto anni è stato giustamente premiato. Altri, come Pisapia e Zedda (il candidato in testa a Cagliari), hanno saputo conquistarsi il ruolo di sfidante approfittando, correttamente, del campo di gioco, ovvero le primarie, messo generosamente a loro disposizione dal Partito Democratico. Dopodiché sono diventati i candidati della coalizione e non ha alcun senso sostenere che non sono i candidati del PD che, comunque, vede il suo candidato ufficiale, Virginio Merola, vittorioso a Bologna.
Le persone giuste al momento giusto nel luogo più disperato, come Napoli, possono fare la differenza. Quei 138 mila voti di elettori napoletani, più del 27 per cento del totale, che sono andati a Luigi De Magistris, rappresentano non una vaga, comunque giustificatissima, protesta contro un passato da dimenticare e un presente invivibile, ma la possente segnalazione che è necessario ri-pulire a fondo la politica di quella città. La storia di De Magistris non è “giustizialismo” allo stato puro. E’ invece una lotta continua contro la corruzione e la criminalità. L’intelligenza di De Magistris lo porterà a quelle convergenze, che non sono compromissioni, necessarie a trovare i voti indispensabili per vincere. Parliamo di “programmi”, “programmi” (sbadiglio…), “programmi”, insistono senza nessun senso del ridicolo gli editorialisti dei quotidiani di sinistra e i loro direttori, nonché i loro molti intellettuali di riferimento, famosetti, ancorché noiosi e ripetitivi, sempre disponibili al grande balzo, vale a dire a farsi “prestare” alla politica, ma, se del caso,anche ad impegnarsi in un mini golpe democratico. “Persone”, “persone”, facce oneste, trasparenza e integrità, credibilità e capacità: vogliamo vedere e votare quei candidati, ha risposto l’elettorato italiano dal Nord al Sud.
In attesa che arrivino ottime notizie dai ballottaggi, le lezioni sono due. Primo, non toccate, non manipolate, non inquinate il campo da gioco chiamato “primarie”. Non ha bisogno di nessuna revisione e di nessun tagliando. Ha bisogno esclusivamente di un regolamento chiaro, semplice, aperto, incoraggiante per le candidature e per elettori e simpatizzanti. Il partito che fa le primarie non è il partito, come disse con il suo abituale malposto sarcasmo Massimo D’Alema, dei “gazebo”. E’ il partito dei cittadini partecipanti e progressisti che vogliono contare. Seconda lezione: una volta che un candidato ha vinto le primarie, di coalizione, è il candidato, non del suo partito di provenienza, se ne aveva uno, ma di tutta la coalizione. Rappresenta e guida quella coalizione. Non deve essere imbrigliato dalle beghe dei partiti e dai furbetti delle correnti. Deve essere sostenuto fino in fondo lasciando che esprima tutta la sua personalità. E’ sperabile che il dibattito prossimo venturo non ricominci dai programmi, ma da qui: primarie e personalità.
Gianfranco Pasquino, torinese, si è laureato in Scienza politica con Norberto Bobbio e specializzato in Politica Comparata con Giovanni Sartori. Dal 1975 è professore ordinario di Scienza Politica nell’Università di Bologna. Socio dell’Accademia dei Lincei, Presidente della Società Italiana di Scienza Politica (2010-2013), è Direttore della rivista di libri “451”. Tra le pubblicazioni più recenti: "Le parole della politica" (Il Mulino, 2010), "Quasi sindaco. Politica e società a Bologna" (Diabasis, 2011). Ha appena pubblicato "La rivoluzione promessa. Lettura della Costituzione italiana" (Bruno Mondadori, 2011).