Dopo una settimana di Sanremo, il ritorno alla realtà è stato duro. La puntata di “Presa diretta” dedicata alla ricostruzione in Abruzzo è stata quasi uno shock anche per chi, come noi, sapeva che, in realtà, la ricostruzione non è nemmeno cominciata. È stato ugualmente un colpo vedere con i nostri occhi le famose “new town” volute a tutti i costi da Berlusconi. Piccole colate di cemento sparse sui monti, lontane non solo da L’Aquila, ma anche dal mondo civile, prive di ogni senso di comunità, di luoghi di incontro, cinema, librerie e tutto quanto fa consorzio umano. Come ha detto un’aquilana, gli abitanti di un antico centro storico ora si sentono (e sono) deportati. Certo, hanno un tetto (quelli che ce l’hanno, perché migliaia di persone sono ancora in albergo o sotto le tende), ma non hanno nient’altro. Mentre hanno sicuramente vari milioni in più i costruttori di quelle casette. Anche se non hanno riso del terremoto, ridono oggi (ndr – per rallegrare i terremotati affranti è nell’aria il metodo G8: trapiantare all’Aquila il festival di Sanremo. Giornalisti e Tv invadono l’Aquila, resta il problema dove far dormire i senza casa. Nuovi prefabbricati, per esempio).
I GIORNALISTI STRANIERI POSSONO SALVARE L’ ITALIA
Sconcerto e impotenza di fronte alla impossibilità di comprendere la realtà italiana sono stati espressi i a “Omnibus” da Andreas Englisch, corrispondente della Bild Zeitung. Allargando le braccia, il giornalista tedesco, che vive in Italia ormai da vent’anni, ha ammesso di non essere riuscito a spiegare il fenomeno Craxi ai suoi connazionali, così come oggi non sa spiegare Berlusconi. Un premier che offende la magistratura con parole che negli altri Paesi non usano nemmeno i delinquenti più incalliti. Ma la simpatica confessione del collega tedesco ci ha suggerito una modesta proposta: per evitare le secche della censura elettorale imposta dal governo ai talk show, i vari conduttori potrebbero invitare soltanto giornalisti stranieri di tutte le tendenze. Anzi, magari soltanto quelli della stampa di destra, per vedere se tra di loro ce n’è uno che giustifichi parole e atti di Berlusconi (o almeno del suo megafono Minzolini).
LA CORRUZIONE RUBA 600 MILIARDI AI DISOCCUPATI DALLE TASCHE VUOTE
Come ha dichiarato Gad Lerner, la maggioranza impone una concezione censoria della par condicio ai programmi di approfondimento, mentre i tg fanno quello che vogliono. In particolare, il solito Minzolini si è impegnato a confondere la verità della sentenza della Cassazione sul processo Mills. Ieri, nell’edizione delle 13,30, il titolo di apertura parlava addirittura di assoluzione, anche se poi il servizio spiegava che si tratta di prescrizione. E figurarsi se il Tg1 si preoccupa di spiegare che quella prescrizione è un effetto diretto della legge ad personam nota come Cirielli. Lo ha spiegato invece, ieri mattina a “Omnibus”, Peter Gomez, ricordando anche come la corruzione raddoppi il costo delle opere pubbliche, divorando le risorse per scuole, tutela del territorio e diritti di lavoratori e pensionati, che sono i soli a pagare tutte le tasse. Senza quel furto di 60 miliardi (Corte dei Conti), l’Italia sarebbe più pulita, più ricca e anche meno berlusconiana.
BOCCHINO E SCAJOLA, TESTE DI CUOIO
Vedendo (a Ballarò) lo scatenamento congiunto di Bocchino e Scajola, veniva da pensare che, chissà, potrebbe non essere un gran danno se i talk show politici cambiassero pelle. Cosa imposta dal Pdl, con la scusa della par condicio, ma che potrebbe riservare qualche novità interessante, almeno per noi osservatori televisivi. Per esempio, su La7, Antonello Piroso ieri mattina ha invitato solo giornalisti, aspettandosi forse che si accapigliassero un po’ meno dei politici. Invece no. Infatti abbiamo assistito al raptus del solito Amicone, che ha parlato di sbirrosocialismo e altre aberrazioni lessicali da scagliare contro l´opposizione. Così, ci siamo domandati se esistano in Italia giornalisti non legati mani e piedi a politici di riferimento. Perché, se non esistono, tanto vale invitare in tv altre categorie, tipo serial killer o spalatori di merda. Basta che non siano veline o avvocati di Berlusconi, perché di quelli ne abbiamo abbastanza!
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.