Ludovico Terzi, Due anni senza gloria, Einaudi
Ludovico Terzi è un gentiluomo del 1925 che si è sempre occupato di libri e di letteratura. Sia in veste di autore – “L’imperatore timido”; “I racconti del Casino di Lettura”; “L’autonecrologia” di Jonathan Swift; “Un’occasione d’amore” -, e sia in quella di raffinato traduttore di Defoe, Swift, Dickens o Stevenson. Ora, presso Einaudi, pubblica queste bellissime ‘memorie’ degli anni 1943-1945, di cui Carlo Fruttero ha scritto:
Di tutti i ricordi, le memorie, le rievocazioni che ho letto sulla guerra civile, questa per me è senza alcun dubbio la più commovente, la più saggia, la più bella. Sono pagine di una verità immediata e insieme meditata, di convulsa cronistoria e di pacificato, anche ironico, distacco.
Fruttero – lettore attento ma non certo indulgente – ha perfettamente ragione. Sono memorie scritte con quella necessaria distanza che permette di raccontare ciò che veramente è accaduto senza mai cadere nel luogo comune o nelle frasi fatte. Pagine scevre di “tifoseria” ma al tempo stesso indispensabili per capire un clima, una realtà ormai lontana quasi settanta anni.
Terzi – come sottolinea giustamente Goffredo Fofi in Una storia di tutti, che accompagna il volume – non rivendica una partecipazione eroica alle vicende di quegli anni, al contrario: “senza gloria” vuol dire che non ha azioni intrepide da raccontare, o benemerenze da rivendicare. Una sorta di aiuto “a chi quegli anni non li ha vissuti, a capire cosa quegli anni sono stati”, ma anche “un testo letterario straordinariamente riuscito”, nel delicato e difficile controllo tra memoria e storia e tra storia e letteratura.
“Anni duri per tutti”, ricorda Terzi, che hanno lasciato un segno non solo nella storia del nostro Paese, ma anche sulla nostra pelle. Un segno che per molti è ancora “oscuro” e di cui si discute spesso con spirito di parte, raramente con animo sereno. Insomma, quasi il romanzo di formazione di un giovane che ha attraversato, sia da attore e sia da spettatore, quegli anni tremendi, bui e “senza gloria”.
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.