Franca Valeri, Bugiarda no, reticente, Einaudi, 2010.
Uscire di casa – anche solo virtualmente, vagando tra le pagine del giornale o zampettando sul telecomando – con animo sereno e bendisposto verso l’umanità diventa ogni giorno più difficile. È una sensazione di estraneità, di fatica a respirare, e non solo per via delle polveri sottili. Forse l’età, che rende insopportabili cose che in gioventù non si notavano nemmeno.
Trovo conferma di una percezione condivisa: «Con la scoperta delle intolleranze alimentari, nessuno specialista si è occupato di quelle caratteriali. Dalle quali chi ne soffre non vorrebbe essere guarito perché non riesce a immaginare un mondo in cui tutti gli stiano bene, non lo vorrebbe neanche. A chi ne soffre suggerisco di tenerlo per sé, non è uno stato d’animo manifestabile a parole. Chi ne è l’oggetto ne rimarrebbe così stupito da non sapersi difendere, o anche semplicemente da non capire come può aver suscitato tanta sgradevole attenzione. … Ma l’intolleranza si può spingere fino a livelli pericolosi. Io però non sono portata per l’omicidio, di questo sono sicura. Ho avuto vistose occasioni nella mia vita per provarmelo, sarei già all’ergastolo».
A parlare è l’attrice Franca Valeri, che, a novant’anni compiuti, non solo è ancora sulle scene, ma raccoglie in questo piccolo libro le sue riflessioni sagaci e pungenti, i dialoghi a una voce delle sue notti insonni, il fiume in piena dei suoi ricordi, ché i ricordi, si sa, sono il cuscino dei vecchi.
Da pagine di asciutta semplicità emerge senza fronzoli e senza ostentazione il ritratto di una donna da sempre fedele a una caratteristica talmente desueta da far sorridere i più: l’eleganza della civiltà, quella che guarda con raccapriccio (ma senza lo snobismo di uno dei suoi più noti personaggi) alla volgarità esibita per il mondo. Non tanto la volgarità di questi giorni, condannata a piena voce o giustificata altrettanto platealmente, ma le piccole grandi volgarità che ci sfiorano a ogni passo e che rubrichiamo con distratta faciloneria alla voce “maleducazione”.
Chi insudicia la strada su cui cammina, chi lascia traccia di sé sui sedili dei treni, chi parcheggia sul marciapiede, chi usa le suonerie dei cellulari come trombe del giudizio universale esprime in realtà un’idea pericolosa e triste, contro la quale è necessario ribellarsi: il concetto che la res publica sia piuttosto res nullius, terreno di conquista, ricchezza da predare e depredare, plaga su cui imprimere le proprie orme, che non ci si persuade ad accettare come transitorie nel bene ma durevoli nel male. A lasciar correre si rischia di rimanere vittime di ben più gravi volgarità, rispetto alle quali la coscienza individuale può trovare conforto nell’alibi dell’impossibilità di agire.
Fuori tema, lo so, un insegnante direbbe che sono andata fuori tema, trasformando un’innocua biografia nel manifesto di una rivoluzione. Niente paura: volendo, Bugiarda no, reticente si può leggere come il simpatico e rassicurante racconto dell’infanzia, del teatro, degli amori di una vecchietta dal sorriso sghembo.
La rivoluzione degli educati ha atteso tanto, non c’è motivo che scoppi proprio oggi.
Federica Albini, laurea in filosofia. Ha insegnato negli istituti statali. Nel 1994 lascia il mondo della scuola per avventurarsi nell’editoria. È redattrice in uno studio editoriale. Vive a Piacenza, lavora a Milano.