Quando sono morto non voglio cambiare casa
03-09-2009
di
Paolo Collo
Le spoglie di Evita Peron da Madrid a Buenos Aires. L’Argentina vuol strappare Borges dalla tomba di Ginevra. I protagonisti del secolo – da Proust a Guevara – rischiano di essere smembrati in reliquie da disperdere nelle patrie dove i turisti aspettano.
In una recentissima intervista, lo scrittore barcellonese Juan Goytisilo (1931) – indimenticabile autore di libri come Juegos de mano, Duelo en Paradiso e del recente Karl Marx Show – ha espressamente chiesto, come avviso ai posteri, di “lasciare in pace i miei resti” il giorno in cui dovesse morire. Lui ora abita a Marrakech. E se gli capitasse di esalare l’ultimo respiro in Marocco, ben venga una sepoltura in quella terra d’adozione. Questa la sua dichiarazione in seguito alla strampalata idea di una deputata argentina che ha proposto il trasferimento delle ossa di Jorge Luis Borges dal cimitero di Ginevra, ove riposa, a Buenos Aires. A Borges, dice Goytisolo, deve essere concesso il privilegio di una sorta di “extraterritorialità”. Il “grande cieco” è infatti, giustamente, patrimonio di tutti i suoi lettori e non di una nazione o di un cimitero o di una lastra di marmo. Ernesto Guevara è per tutti il “Che” sia in un (orrendo) mausoleo cubano, sia in una fossa comune in Bolivia, così come Marx o Proust o Garibaldi. Questa necrofilia intellettuale non è solo però patrimonio argentino – basti pensare ai “viaggi” cui è stato nel tempo sottoposto il cadavere di Evita Perón -, ma fa parte di quel desiderio di spettacolarità di cui questo secolo (e non solo) è imbevuto. Se dessimo retta a simili aberranti proposte, assisteremmo a un viavai di bare, ossa, vermi, polvere a livello internazionale. O, addirittura, a una sorta di spartizione di corpi da un capo all’altro del mondo. Borges, ad esempio, potrebbe essere seppellito per metà in Svizzera e per metà in Argentina (col problema di decidere quale metà andrà all’uno o all’altro Paese). Fino a decidere di “affettare” Pessoa nei suoi settanta e più eteronomi e da distribuire poi tra Portogallo, Brasile, Inghilterra, Francia, eccetera.
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.