Curioso il libriccino mandato ora in libreria da Einaudi. Si tratta di Interpreti di vite, dello scrittore spagnolo Javier Marías. Marías, come si sa, è stranoto al pubblico dei lettori per successi internazionali come Un cuore così bianco, Domani nella battaglia pensa a me o L’uomo sentimentale. Meno noto, forse, il suo gigantesco e inquietante romanzo (3 volumi) dal titolo Il tuo volto domani, nel quale scava sulle attività di fantomatici servizi segreti la cui peculiarità è saper interpretare le vite dei soggetti che cadono sotto la loro attenzione, famosi o sconosciuti che siano.
Il terzo e conclusivo volume della trilogia, dal titolo Veleno e ombra e addio, uscito nel 2010, aveva però, nella successiva edizione tascabile spagnola, un breve appendice che non era presente alla sua prima apparizione. Con questo volumetto di 27 pagine l’editore ha così voluto colmare una lacuna e dare la possibilità ai lettori di conoscere anche questa parte inedita. Ma cosa contengono queste poche pagine? Niente altro che tre “rapporti” su altrettanti personaggi ben noti: Lady Diana, l’attore Michael Caine e il “nostro” Silvio Berlusconi. Ed è su quest’ultimo, evidentemente, che si è appuntata la nostra attenzione.
E bisogna ammettere che il quadro che ne fa Marías è una delle più lucide, inesorabili e violente critiche che sia possibile leggere riguardo il nostro presidente del Consiglio, pur sempre nella grande eleganza e intelligenza che contraddistinguono lo scrittore di Madrid. Un esempio: “E’ un individuo che non ha il minimo pudore quando si tratta di essere lusinghiero, adulatore, perfino ossequioso. In un certo senso si potrebbe affermare che ha la mentalità di un vecchio portinaio, di quelli che a quanto sembra abbondavano in Spagna durante il franchismo e ancora non sono scomparsi: si squagliavano in riverenze con i proprietari e gli inquilini facoltosi, e trattavano a pesci in faccia i fattorini e le domestiche”.
Ancora: “Dietro quella mentalità c’è sempre un risentito. Se oltretutto è uno che non teme il ridicolo, allora l’individuo in questione è pericoloso, come lo è quest’uomo dietro la sua facciata cordiale, scherzosa, si direbbe quasi bonaria se non fosse che la bontà – persino come caricatura – è assente dalla sua indole”.
E conclude: “Ma la cosa più difficile di tutte è questa: quasi nessuno è in grado di trattare con uno che non prova mai vergogna di alcun genere, né personale né pubblica né politica né estetica. E neppure narrativa. In verità lui non sa che cosa sia”.
Perché, come dice Jacobo Deza, il protagonista della trilogia di Marías, “nessuno vuole vedere niente e così nessuno vede quasi mai quel che è lì davanti, quel che ci attende…” E forse, se molti italiani avessero “voluto vedere” cosa c’era dietro la “discesa in campo” del Cavaliere nel 1993, non ci troveremmo nell’attuale tragica situazione.
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.