Gli studenti hanno conquistato, dopo l’apertura dei tg, l’attenzione dei talk show e dei soliti noti televisivi. Non vale la pena riferire le dichiarazioni in merito del ministro Gelmini, perché una donna che pretende di riformare le istituzioni più importanti di un paese civile non può dire simili baggianate. Parliamo invece di quanto sostenuto, sempre in appoggio alla Gelmini, da un senatore del Pdl. Trattasi di Alessio Butti, il quale ha scoperto che i giovani protestatari anzitutto non conoscono il testo della riforma e in secondo luogo, essendo ragazzi, scendono in piazza anche per divertirsi. Ma, meglio ancora di Butti ha fatto, anzi detto, il governatore (tramite liste false) del Piemonte, Roberto Cota, che ha rilasciato una dichiarazione al tg regionale. Per spiegare che gli studenti in lotta a Torino non sono neppure piemontesi. Il che spiega tutto: sono cervelli immigrati dal Sud o magari addirittura dall’estero. Mentre per il cervello di Cota non serve il passaporto.
Cgil: se la signora segretario canta Bella Ciao
Viva la Cgil che, con la grande manifestazione di Piazza San Giovanni (chiusa dalla signora segretario che canta Bella Ciao), ha unito le grandi questioni del lavoro e della scuola: due pilastri sui quali costruire un Paese civile e quindi l’opposizione a un governo incivile. Anche se è inutile dire che certi tg non hanno valorizzato affatto quella piazza, impegnati come sono a nascondere più che a leggere la realtà. Infatti, la sera prima avevano aperto urlando l’ultima trovata del governo: il grande complotto contro l’Italia (che poi sarebbe Berlusconi). Una boutade veramente fantastica, tanto che non si è trovato nessuno capace di sostenerla e già di prima mattina, a Omnibus, ne ridacchiavano perfino gli esegeti più strenui delle bufale berlusconiane. Il motivo purtroppo è evidente: le rivelazioni di Wikileaks non possono scalfire l’immagine di un Paese già troppo devastato dalle pagliacciate di Berlusconi. Un leader politico di cui il mondo intero conosce cose di tale indecenza da non poter sospettare niente di peggio.
Ballarò e la voce del Padrone
Bisognerebbe fare l’elenco, come a Vieni via con me, di tutte le volte che Berlusconi si è intromesso telefonicamente nei programmi tv che non gli piacciono, rifiutandosi di rispondere alle domande e interrompendo la comunicazione quando gli pare. Un atto di maleducazione abituale, ripetuto l’altra sera a Ballarò, il cui unico scopo è affermare la sua strapotenza da casa. Il padrone sono io e faccio quello che voglio, in nome del (peraltro inesistente) 60% di italiani che mi amano. Ma, più di ogni parola di Floris, gli ha risposto il sondaggio di Pagnoncelli, che dimostra come, a pensare di votare ancora per Berlusconi sia solo (ma è sempre troppo) il 26 % degli italiani, appena due punti in più di quelli che si ripromettono di votare per il Pd, partito di cui qualunque scalzacani si sente autorizzato a dire in tv che non c’è, non conta e non fa opposizione. Ma per fortuna c’è il signor «ghe pensi mi» a darci l’ebbrezza di esistere.
Cari ragazzi anti Gelmini, non guardate la telecamera come attori navigati
Tornano in piazza gli studenti. Finalmente. Succede ogni tanto e sempre con un nome diverso. Dopo la Pantera, l’Onda e chissà che altro ancora. Questi di oggi ancora non sappiamo come si chiamano. La tv ce li fa vedere giovani e belli, motivati come non mai e consapevoli di essere in ogni momento sotto l’occhio delle telecamere. Telecamere che sono del capo del governo: questo fa la differenza rispetto a prima. E un’altra differenza sta nell’assalto al palazzo del Senato. Noi sessantottini non abbiamo mai colpito le istituzioni repubblicane. Anche perché, ecco un’altra differenza, ai tempi, attorno alle scuole e alle università c’erano i fascisti, i La Russa e i Gasparri, sempre pronti a menare le mani protetti dalla polizia. Ora è probabile che gli esponenti di una generazione senza futuro non facciano tanta differenza tra destra e sinistra. Sono realisti: non lottano contro l’imperialismo Usa, ma contro Maria Stella Gelmini. Almeno è un nemico che si può battere.
Che c’azzecca Maroni con Saviano?
Ancora dieci milioni di spettatori hanno seguito il racconto di Roberto Saviano a Vieni via con me. Terza puntata molto compatta attorno al tema scelto, che avrà fatto capire a molti che cosa c’è dietro la montagna di monnezza che offende Napoli. Ma, tra tanti rifiuti, ne avremmo voluto uno in più: il rifiuto alla partecipazione del ministro Maroni, che ha approfittato dell’audience eccezionale per ritagliarsi uno spazio pre-elettorale. Sono furbi questi leghisti. Fatto sta che la partecipazione di Maroni era ed è rimasta del tutto pretestuosa: una ferita nella trama del programma. Che ci faceva un ministro di questo governo indecente tra i parenti delle vittime della strage di Brescia e l’emigrato salito sulla gru per reclamare i suoi diritti, negati proprio dalla Lega? Non tutto si può e si deve conciliare, neppure nel migliore dei programmi possibili.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.