Juan Bas, Voracità, Alacran Editore
Juan Bas è un gentiluomo basco di rispettabile stazza fisica, vasta cultura, sicuro profilo di appassionato gourmet e acre visione del mondo. Questo suo Voracità (in uscita ora per Alacrán, pagg. 208, 15 euro) se mai incapperà nell’attenzione di qualche Grande (o Piccolo) Inquisitore è sicuro candidato al rogo per le tante furiose immagini di veri e propri abomini che esso contiene: sesso assai turpe, mutilazioni, supplizi, antropofagia. Il tutto inanellato in una trama che è poco più di un velo, un pretesto per sottoporci un ritratto spietato di una società e di un mondo che è sì la Spagna di Aznar ma potrebbe essere un qualunque altro Paese di un’Europa (“dall’Atlantico agli Urali”, come si diceva un tempo e come è ora divenuta) dominata dai vari berluscones, con la politica ridotta a spettacolo, il dominio del cinismo, il Reality Show divenuto paradigma (Bas ne inventa uno per ciccioni che debbono dimagrire in una “casa” sorvegliata dalle telecamere il cui premio è costituito da un’operazione di resezione dello stomaco e da una liposuzione totale).
Nel romanzo si persegue una vendetta, con stile e avventure picaresche, facendo i conti financo con gli eccessi e le miserie dei nuovi regionalismi (o di nazionalismi “antichi” quali, appunto, quello del Paese Basco) in un gioco mozzafiato che non ammette scappatoie. Tanta violenza, tanto sangue, sudore e sperma, sparsi e dispersi, servono però, in modo inequivocabile, all’edificazione di un grande racconto morale. E’ il mondo in cui viviamo, quello in cui si muovono i picari protagonisti?
Parrebbe proprio di sì e questa è la vera ragione per cui le fiamme attendono, senza scampo, questo volume. Con quelle delle varie inquisizioni se la vedrà l’autore, con quelle dell’inferno in cui tutti quotidianamente viviamo ce la dobbiamo vedere noi, tutti giorni. A ben guardare, nel “racconto morale” di Voracità, ad accentuare il suo valore di exemplum, ci sono salite e discese, colpi d’ala che sono però temporanee sospensioni per rituffarsi nei baratri da altitudini ancora più elevate. Tutto è vanitas ma non per questo meno piacevole ed ecco allora spiegate le numerose citazioni “alte”: Borges e Woody Allen, Orson Welles e T.S. Eliot, Bataille e Lewis Carroll. Tintin. E poi il Sauternes, il Vega Sicilia e il Dom Perignon, il whisky di malto di diciotto anni e come si prepara una steak tartare. I sapori del cunnilingus e quello dei churros. Diversi quadri, diversi film.
Tutto serve e tutto aiuta, verrebbe da dire, però la marcia infernale continua e non conosce soste: anche le attrezzature e i parafernalia del bon vivant, alla fine, si rivelano impotenti a salvare il protagonista dalla trappola nella quale va a rinserrarsi e la quiete la troverà solo in un carcere remoto, dedicandosi a semplici occupazioni, chiudendo il cerchio e facendo bene attenzione che nessuna parte di sé sia rimasta al di fuori di quello.
Nulla salus sine ecclesia. Bas sembra non avere conventicole e cosche di riferimento. Amici sì, ma non chiese e affiliazioni. Corre come un cavallo selvaggio. Il mondo devastato è la sua prateria.
Al lettore, se vuole, il compito non semplice di stargli accanto.
Roberto Baravalle è nato a Cuneo nel 1948 ed è autore di racconti e testi critici legati alle arti figurative. Ha scritto quattro romanzi: "Sold Out", "Anni strappati", "Nero di Spagna", "Esercizi di memoria", l'antologia letteraria "Andalusia" e il reportage "Olé! Spagna d'oggi tra modernità e tradizione".