Chi ha imparato a camminare senza sentire il bisogno di lunghe soste o di continui appoggi, diventa indipendente. Il che porta con sé vantaggi e svantaggi: il dispiacere di abbandonare chi si ferma e la consapevolezza che le esperienze anche belle possono non durare, ma possono essere seguite da altre forse non peggiori. Sento dire che Domani chiude. Ed è un peccato, oltre che un dispiacere. Bisognerà fare una verifica per capire che cosa ha rappresentato. Ma si dovrà anche porsi il problema del “dopodomani”, dato che i giorni continueranno a presentarsi uno dopo l’altro.
Tuttavia bisogna chiedersi perché questo segnale di stop. Forse vale la pena dire che la notizia mi è arrivata proprio mentre ero intenzionata a confessare che stavo disamorandomene. Il mio giornalismo è limitato alla pubblicistica, ma credo di sapere che cos’è un giornale, o una rivista, anche elettronica. E so che non si può assolutamente fare compilazione e sventagliare su chi legge mitragliate di interventi a caso. Anche nelle tavole-calde i primi sono separati dai dessert e non si mette il parmigiano sulla frutta. Ultimamente davo un po’ giù di testa leggendo successioni disarticolate di testimonianze: indubbia la rispondenza con il disordine del sociale che vediamo attorno.
Si può, tuttavia, essere indignati senza la rabbiosità indotta dal contagio di sistema che – a partire dalle risse televisive – è penetrata ormai anche negli animi più costruttivi. Certamente è difficile trovare non dico soluzioni, ma proposte, visto che anche a me viene in mente poco. Però io da Domani pretendevo. Non una “linea” disciplinata e parasovietica, ma una bella tribuna in cui opinioni diverse potessero incrociarsi e complementarsi. Sarà che io sono stata un’ “indipendente di sinistra”, animale politico che in anni abbastanza recenti rinverdiva i fasti dell’antico azionismo a sua volta derivato dall’antifascismo di “Giustizia e Libertà”.
Non amo neppure fare lezione; tuttavia non mi sono piaciuti gli interventi di pancia che sono comparsi senza uno straccio di costruttività propositiva o anche solo di analisi, personalizzata fin che si vuole, ma corretta. Un periodico on-line deve impegnarsi: la fase storica che ci tocca vivere non è nata all’improvviso e non è neppure pensabile che ci sia qualcuno che ci salva dal naufragio con la bacchetta magica. Il nostro è un paese che, d’accordo, ha una legge elettorale indecente, ma ha per tre volte votato leader come Berlusconi e Bossi. Un quasi ventennio ha pesato e ha reso molti egoisti e incoscienti: pochi si sono accorti che la forbice tra ricchi e poveri si allargava, che il precariato diventava connotato del lavoro (quello su cui si fonda la Repubblica), che i diritti venivano compressi.
So bene che ci sono le responsabilità di chi diceva che Mediaset è una risorsa per l’Italia o che la Lega era di sinistra, ma abbiamo anche subito con grande passività l’aziendalismo applicato a scuole e ospedali, inizio palese della traghettazione al privato. Se la società civile non ha reagito e se i “girotondi” non hanno trovato organizzazione stabile propositiva, non possiamo oggi attaccare i partiti riservandoci di non andare a votare e dando implicita esecuzione alle peggiori ristrutturazioni di sistema. Probabilmente è più difficile costruire che distruggere; ma, se qualcuno ritiene che occorre rinnovare radicalmente e sbarazzarsi delle vecchie carabattole, c’è sempre la pratica del decostruire, che è impegnativa. E richiede metodo, per poi costruire. Mi dispiace fare la prof., ma non c’è salvezza se non si studiano i sistemi complessi.
Bisogna farlo, perché il mondo sta davvero cambiando. Se fossimo religiosi penseremmo che la crisi è il giusto castigo per non esserci dati per tempo regole di austerità e non aver dato prima quel che oggi ci viene tolto ai paesi più svantaggiati. Le nuove tecnologie, le neuroscienze, l’ambiente, la legalità sfidata dal crimine organizzato, i conflitti aperti, le troppe armi, il bisogno di Europa sono temi di assoluta urgenza da cui possiamo trarre elementi di speranza per uscire dalla crisi non peggiorati.
Abbiamo bisogno ancora di parlarne. Domani. O dopodomani…
Giancarla Codrignani, docente di letteratura classica, giornalista, politologa, femminista. Parlamentare per tre legislature