La Lettera

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L’agonia di Parma, ex città felice, riflette in periferia gli stessi problemi del governo centrale: familismo politico, reti di interessi personali, soprattutto qualità approssimative dei manager che gestiscono le opere pubbliche. L’interesse della gente viene sacrificato per esaudire appalti ed egoismi di potenti gruppi nazionali o locali. Il labirinto dei servizi

Daniele FERRETTI – I sindaci protestano per i tagli, destra e sinistra assieme: resta il problema di qualità e legalità. Troppo spesso non coincidono

05-09-2011

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La situazione a Parma oggi ha fatto “venire al pettine” una serie di questioni che possono anche essere considerate paradigmatiche del contesto nazionale – vista la crisi politica ed economica esistente – e che non si può pensare di non affrontare con decisione se si vuole uscire da questa situazione di stagnazione e recessione.

Innanzitutto si evidenzia un problema di Qualità e Legalità. Qualità dell’azione pubblica e applicazione delle leggi in particolare. Per qualità dell’azione pubblica intendo prioritariamente la capacità di fissare degli obiettivi (che dovrebbero essere esplicitati nei programmi di governo di diverso livello) e raggiungerli con efficacia e correttezza . Per cercare di farlo due sono i requisiti imprescindibili: che questi siano credibili e realizzabili, e che siano chiamati a cercare di raggiungerli persone qualificate ed in grado di riuscire a farlo. Il terzo, consequenziale e che dovrebbe essere dato per scontato per chi agisce nella sfera pubblica, è che le cose vengano fatte con correttezza e nel rispetto delle leggi da parte di amministratori e management.

Sicuramente a Parma, così come a livello nazionale, nel corso degli ultimi anni non si è brillato né nella definizione di obiettivi di sviluppo concretizzabili, né nella selezione di un management – non basato su logiche esclusivamente clientelari – qualificato e adatto per gestire attività complesse e spesso innovative – per la costruzione dello sviluppo a scala locale e nazionale.

Questa infatti è la “mission” principale dal 1990 delle amministrazioni pubbliche locali e non di diversi livelli governativi. Per questo, perseguendo il miglioramento della qualità della vita dei cittadini, si sono avviati – ma anche mai conclusi né perfezionati – processi di riforma della Pubblica Amministrazione, anche attraverso azioni di liberalizzazione della gestione dei servizi e privatizzazione delle aziende erogatrici degli stessi, che avrebbero dovuto semplificare ed accellerare lo svolgimento di queste funzioni, oltrechè consentire risparmi gestionali che abbassassero la pressione tariffaria. Oggi la situazione- al di là di quanto accaduto a Parma – a scala nazionale si presenta articolata con esempi positivi e negativi (tra questi sicuramente la città ducale), come ha tra l’altro evidenziato un recente studio di Carlo Scarpa presentato con Tito Boeri. E non potrebbe essere altrimenti nella situazione di confusione normativa e gestionale attuale (basti pensare al recente referendum sull’acqua che ha proposto un quesito presentato come di “privatizzazione della risorsa” anziché della gestione…). Occorre dunque fare chiarezza, anche semplificando una normativa spesso macrocefala, e magari omogeneizzarsi in maggior misura con direttive e normative comunitarie soprattutto a livello gestionale.

Ma occorre soprattutto sottrarre la gestione della cosa pubblica a pratiche che non tengano in considerazione l’interesse collettivo, di tutta la cittadinanza, rispetto al buon e corretto funzionamento delle stesse.

La seconda questione ha invece a che fare con lo sviluppo. Quale sviluppo per parte pubblica?

Anche utilizzando strumenti di diritto privato il Pubblico non deve avere finalità di profitto al pari di un’attività privata. Al centro di un’azione vi dev’essere sempre l’interesse collettivo. Che se da una parte sicuramente coincide con la buona salute economica di amministrazioni centrali e locali e società partecipate per promuovere investimenti, ridurre tariffe per servizi primari, fornire servizi efficienti e ridurre quindi la pressione fiscale (anche e soprattutto attraverso l’ampliamento della base contributiva e la lotta all’evasione) non è solo misurabile in termini finanziari.

Nel campo dei servizi è infatti in primo luogo la rispondenza degli stessi agli interessi collettivi e la qualità nella loro erogazione a determinarne successo ed utilità sociale, e dunque pieno raggiungimento della “mission” amministrativa.

Daniele Ferretti, è Presidente della Società di Ingegneria di Parma, associato a Titolare Trends Studio Associato. Insegna tecnica delle costruzioni all'Università di Parma.
 

Commenti

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