I soldi delle tasse: dichiaro tutto, ma a volte non ce li ho. E vengo trattata come una delinquente
31-05-2010
di
C. S., lettera siglata di una piccolissima imprenditrice emiliana
Caro Domani e cari lettori di Domani,
eccomi, anche io faccio parte del popolo della partite Iva. Ho una piccolissima attività imprenditoriale e i tempi d’incasso su ciò che produco sono lunghissimi. Così capita, come direbbe il mio commercialista, che viva periodi di “crisi di liquidità”. Per dirla in modo più terra terra, non ho soldi. E quando non hai soldi, allora devi scegliere cosa pagare e cosa rimandare. Non sarà bello da dire, ma è capitato – lo ammetto – di non versare sempre il denaro dell’Iva. Non evado le tasse, dichiaro tutto, e glielo dico io per prima allo Stato: ti devo tot, ma non ce li ho. Tu lo sai che te lo devo dare, quel tot, e io so che devo pagare.
Finora ho sempre onorato i miei debiti con lo Stato: ogni volta che mi arriva una cartella esattoriale, se ce ho liquidi, verso il dovuto, altrimenti chiedo una rateizzazione. Ma da qualche cartella a questa parte, quando metto piede all’Agenzia delle entrate, mi sento trattata come una criminale: minacce di blocco del conto corrente, ganasce fiscali sull’auto, promesse di pignoramenti. Il peggio però sono i modi bruschi, i toni sgarbati, gli sguardi degli sportellisti. E come me, trovo nei corridoi del palazzo del fisco gente onesta, che non ruba nulla, ma che al massimo paga in ritardo e con tutti gli interessi.
Ora vi chiedo: con tutto ciò che leggiamo sui giornali (ma quanti sono i fatti che sui giornali non ci arrivano?), perché dobbiamo essere noi a essere indicati come delinquenti? Io non pago il pizzo, non corrompo i politici per avere in cambio lavori, non ungo direttori di banca perché mi concedano fidi e denaro facile. Allora perché, invece di sentirmi come una cittadina che si presenta a saldare il suo debito, devo sentirmi invece come se fossi imputata dei peggior ladrocini? Quale sarebbe la reazione – da ambo i lati – più corretta?