Fare un giornale on line senza pubblicità è sempre più una missione, non so se impossibile o utopistico. Ormai, anche leggere una testata in rete è diventato uno slalom fra rich banner che fuoriescono dal loro angolino e spot che ti riempiono lo schermo tuo malgrado. Io, che faccio della pubblicità il mio mestiere, sono presa ogni volta da un sussulto misto di curiosità e disagio. Quasi un senso di imbarazzo, come quello che prende il bambino che guarda con ammirata riprovazione il compagno che l’ha combinata grossa.
Certo è che la bella creatività in pubblicità ormai è solo in rete. È qui, che ancora ci capita di stupirci e di restare ammirati dalla forza delle idee: idee che costano poco, non regalano superpremi in gettoni d’oro e arrivano da sole ai destinatari, trascinate dalla forza della loro stessa viralità. Tutto quello che non succede in TV. La pubblicità sul piccolo schermo (come si sente ancora chiamare a volte, con un vezzeggiativo che io trovo assai fastidioso, la vecchia televisione) è sempre più noiosa, fastidiosa e sgradevole. Con alcune pregevoli eccezioni, ci presenta mondi finti, ci vende sogni che non si realizzano, ci tratta da scemi. Esattamente come fanno i programmi che la contengono: il peggio della nostra televisione si sta trasformando nel peggio delle nostre pubblicità. E viceversa.
L’esempio più eclatante ed attuale di questa osmosi viziosa fra tv e pubblicità ha un nome e un cognome: Concorsone Danone. Per i pochi che non hanno ancora avuto la gioia di assistere al bagaglino canoro del latte bulgaro, nonostante la pianificazione massiccia con cui lo spottone viene passato in queste settimane su tutte le reti e a tutte le ore, eccone una breve sinossi.
Scena: il più classico degli studi televisivi, da superquiz o granvarietà, invaso da luci colorate cangianti che più anni ’80 non si può. Uno sciame di ballerini genere “Amici” si sbraccia e saltella da un lato all’altro dello studio in un’isterica coreografia (e per inciso meritano l’unica nota di tenerezza, immaginandone il senso di frustrazione per essere stati scippati del loro ambito ruolo di protagonisti). Davanti, un parterre delle grandi occasioni, la formazione al completo dei costosissimi testimonial Danone che, sorriso improbabile stampato sulla bocca e vasetto di latte bulgaro alla mano, cantano fuori sincrono sulle note della storica hit della Carrà: “Com’è bello il concorsone di Danone, sì” odono le nostre orecchie. I ballerini continuano a sbracciarsi e le luci da Duran Duran a cambiar colore. Spinto da una bionda signorina con l’immancabile sorriso (altro moto di tenerezza, avrebbe preferito sgambettare anche lei?), entra in scena lui, il primo attore: il cofanetto di sterline d’oro. “Vincer puoi mezzo milione di sterline d’or!” cantano i nostri, mentre sullo schermo compare la scritta “sterline d’oro per il valore di 500.000 euro”.
Ora, a parte che se uno promette di far vincere un sogno – come dice nel suo monologo la Marcuzzi – deve venderlo chiaro e tondo, senza confusioni di valute, ma, dico io, non ci bastava la febbre da lotto, enalotto e superenalotto? Non ci bastavano i gratta e vinci e vola e viaggia e compagnia bella? C’era proprio bisogno di questo uso, anzi abuso di testimonial e di questo teatrino dell’orrido per farci sognare? Ma davvero non sappiamo più creare niente di diverso, di più umano, di meno squallido per vendere un bianco sogno cremoso?
Qualcuno forse dirà che non ho colto la finezza, che questo è un ironico inno al trash e che il nuovo mastodontico “lecca e vinci” di Danone aprirà una nuova strada. Io dico che, se quella è la strada preferisco spegnere la tv, connettermi in rete e andare a piedi. Da Trieste in giù.
Natalia (con l'accento sulla i) Borri (con la o chiusa) è presidente, fondatrice e direttrice creativa di "The Ad Store Italia", agenzia di pubblicità e comunicazione con sede a Parma, Milano e Bari, ed appartenente al primo grande network internazionale di agenzie indipendenti, fondato a NY nel 1993. "The Ad Store Italia" festeggia quest'anno i suoi dieci anni di vita, all'insegna del messaggio "l'agenzia dietro l'angolo, in ogni angolo del mondo". Natalia Borri ne ha qualcuno in più, ma ha riscoperto una seconda giovinezza da quando si è fatta contagiare dal virus dei "video virali". Ha creato la prima campagna di MTV in Italia, ha inventato la comunicazione di Aprilia con Valentino Rossi e ha vinto premi con Pomì, Air One, Diadora e tanti altri. Odia il fatto di adorare la pubblicità. Ama il fatto di non odiarla troppo.