La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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A casa dei fratelli Cervi anche la pastasciutta è una Liberazione

09-08-2010

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21 luglio. Bologna. Giardini della Memoria. Un gruppo di indiani seduti sull’erba gioca a carte all’ora del tramonto di una caldissima sera d’estate mentre il bar gestito dal centro anziani vende gelati a spron battuto. I Motus si stanno preparando per presentare, all’aperto, il loro “Iovadovia”, conclusione della trilogia dedicata ad Antigone nell’ambito della rassegna teatrale realizzata in occasione del trentesimo Anniversario della Strage di Ustica.

A fianco il Museo per la Memoria di Ustica, realizzato per volontà dell’Associazione dei Parenti delle Vittime della Strage, ospita l’opera del grande artista francese Christian Boltanski che contiene i cimeli del DC9 Itavia esploso e caduto al largo di Ustica, il 27 giugno 1980. Vederlo davanti a noi quell’aereo è un’emozione difficile da descrivere. Provoca quasi un senso di vertigine e di orrore. Di distanza e vicinanza. Al soffitto 81 lumi si accendono e si spengono come un battito cardiaco. Intorno al relitto 81 specchi neri, 81 come il numero delle vittime, trasmettono le voci dagli altoparlanti collocati dietro ciascuno di essi. Una tragedia trasformata con grande sapienza in poesia. Fermi nella visione, ci lasciamo avvolgere da quel coro straziante di voci. Parole d’infanzia negata, parole d’amore e d’amicizia ci raccontano le persone scomparse.

La visione dello spettacolo fuori è intrinsecamente legata alla presenza a lato di quell’aereo. La giustizia, le leggi, la sete di verità, dentro e fuori Antigone. E la società civile raccolta numerosa in comunità in una calda sera d’estate si riappropria della piazza, spazio della parola e della democrazia.

25 luglio. Gattatico, Reggio Emilia. Museo Cervi. Eravamo oltre 2500 persone nell’Aia dei Cervi per festeggiare con gioia il “più bel funerale del Fascismo” come papà Cervi definì la pastasciutta che la famiglia offrì in piazza per festeggiare la caduta del Fascismo, il 25 luglio 1943. Una seconda festa di Liberazione, che, ad ogni luglio, si rinnova in onore della Storica Pastasciutta.

“Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore” ci raccontava Alcide Cervi ne “I miei sette figli”.

Da una parte code interminabili di persone attendono il loro piatto di pasta preparato da una squadra efficientissima di “rezdore” e volontari. Spio da una finestra aperta del Museo in quella che era la cucina contadina dei Cervi dove un nutrito gruppo di spettatori ascolta la presentazione del libro di Fulvia Alidori “Cento colpi e le sbucciature”. Dall’altro lato i banchetti di Libera, di Emergency, dell’Anpi. Persone che si incontrano, si parlano, si sorridono. Un ragazzo, forse somalo, si aggira portando un’enorme bandiera partigiana. Tra la folla un Ascanio Celestini rockstar suscita ogni volta al suo passaggio gli applausi del pubblico. E’ festa a Gattatico. E forte si avverte il bisogno di utilizzare anche gesti semplici e quotidiani, piccoli ma concreti, come quello di una pastasciutta condivisa, per ri-costruire la democrazia. Ce lo diceva proprio Maria Cervi, “nessuna conquista è per sempre. C’è sempre qualcuno che è interessato a toglierla…” Per cui resistere non è solo un dovere, ma diventa una necessità.

Anche nella campagna reggiana il teatro fa la sua parte. Il teatro amico, complice, testimone aggrega attorno a sé una foltissima comunità, una funzione ai tempi della Resistenza assolta da quello che era il teatro di stalla allestito dai contadini in modo spontaneo ed improvvisato per intrattenere familiari e amici.

A Casa Cervi (che, con oltre 30.000 visitatori all’anno e una miriade di iniziative culturali, figura nell’elenco degli istituti di cultura minacciati dai tagli della manovra finanziaria) anche quest’anno si è svolto il Festival di Resistenza, con l’intento di coniugare il teatro e il fare memoria attraverso la presentazione del lavoro di compagnie e artisti che in più serate hanno raccontato storie di lavoro, di Resistenza, di memoria teatrale, di verità e giustizia. Vincitore del Premio Museo Cervi la compagnia trentina Arditodesio con “SLOI Machine”, incentrato sulla drammatica vicenda di lavoro dell’omonima fabbrica di Trento e dei suoi rapporti con le istituzioni e con i lavoratori. Perché la nuova Resistenza oggi comincia proprio dal mondo del lavoro.

Ascanio Celestini sul palco, come solo lui sa fare, diventa cantore di un paese piccolo piccolo fatto di persone piccole piccole, di cittadini ‘comuni’ che dicono di non essere razzisti ma che di notte menano barboni e zingari, di un piccolo popolo che vota per tutti, poi si ricorda di essere popolo e in quel momento il potere tremò e tremò così tanto che il piccolo popolo disse “Scherzavo!”. Storie di un piccolo paese dove i filosofi non vengono considerati indispensabili, anzi non vengono proprio considerati, e nemmeno gli artisti, dove tutti vanno a puttane persino il presidente del consiglio. Storie di un ministro del presidente del consiglio che un bel giorno gli suggerisce di indossare la corona e così, zac!, il piccolo paese si trasformò in monarchia autoritaria, dove l’informazione era imbavagliata e i reati depenalizzati. Un paese piccolo piccolo governato da mafiosi e corrotti, in cui l’opposizione non sta più all’opposizione e dove i ministri arrivano suoi pattini. Storie di un piccolo paese quasi democratico.

Il teatro apre le porte di questi due Musei, pensati e vissuti come luoghi pubblici di produzione e rielaborazione culturale. Il teatro ci prende per mano e ci fa scoprire i suoi spazi, porta fra la gente l’eredità umana, storica e culturale in essi sapientemente custodita. Il teatro, ce lo insegnava Banu, altro non è che un atto di memoria, un luogo dove il passato diviene presente. Uno dei mezzi di comunicazione più efficaci e diretti per arrivare ai cuori e alle coscienze e partecipare alla polis.

www.museomemoriaustica.it

www.fratellicervi.it

Raffaella IlariÈ nata a Parma il 15 dicembre 1971, città nella quale tutt'ora vive. Lavora da ormai numerosi anni in ambito culturale, occupandosi prevalentemente di comunicazione e organizzazione presso istituzioni e festival teatrali nazionali.

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