Ecco un programma per tornare quasi alla normalità: far sì che i cittadini possano decidere come difendere la loro vita oltre che sull’acqua e il nucleare; far sì che la solidarietà non diventi un impegno “marginale”; far sì che 400 milioni di persone non scappino da ambienti avvelenati o desertificati; far sì che 12 milioni di persone non finiscano ogni anno nella schiavitù del crimine e ricordare che l’80 per cento dei lavoratori del mondo è privo di tutela sociale
Roberto SAVIO – Il mondo della finanza “inventa” 100 milioni di nuovi diseredati (e l’arricchimento di pochi continua)
25-08-2011Credo, come prima cosa, che abbiamo bisogno di un paradigma, sotto il quale collocare organicamente i vari gravi problemi che affrontiamo, in modo separato. Sono problemi globali, che si vivono in modo diverso nelle varie regioni del mondo. Ma poichèin Europa la crisi èpiùevidente,e la soffrono decine di milione di persone, e sopratutto i giovani, usiamola come realtà.
Il Paradigma: non cè pace senza sicurezza (specie in questi tempi). Ma la sicurezza non è quella militare, dove vanno 1.6 trilioni di dollari ogni anno. La sicurezza è quella umana, per la quale oggi il totale dei bilanci per lo sviluppo sono 50 miliardi. Basterebbe che il 10% delle spese militari andassero a quelle umane, che già avremmo 160 miliardi di dollari. Molto di più di quanto si richiede alle Naziioni Unite per un accordo sul controllo climatico. Un soldato americano costa, secondo il Pentagono, un milione di dollari all’anno. Questo equivale alla somma con la quale vivono, secondo le Nazioni Unite, 2.740 persone in un anno.Un mondo dove 51 milioni di persone hanno la stessa ricchezza di 1,2 miliardi di cittadini, non è sostenibile.
Oggi il mondo vive in senso di crescente insicurezza. Ma i conflitti ed il terrorrismo contano sempre meno nell’immaginario collettivo. Il quotidiano è sempre più scoraggiante.
Credo che sia bene dire quali sono i problemi aperti. Ma solo quello prioritari, altrimenti la lista diventa infinita, anche se il paradigma li contiene tutti..
I problemi importanti da risolvere sono sei.
- Il mondo vive oggi in una profonda crisi di governabilità. Il declino economico e sociale dei Paesi del Nord,(mentre nel Sud si delineano una decina di nuovi attori a livello globale)sta creando una fuga in avanti, con partiti e movimenti che sognano un ritorno ad una epoca ormai scomparsa. Il Tea Party, che ha catturato il partito repubblicano in America, ed I partiti di destra xenofoba usciti alla ribalsta in Paesi modello, come Olanda, Norvegia, Svezia, Finlandia, ma anche Ungheria, Lituania, ecc, sono il risultato della fuga in avanti….A questo si aggiunga che siamo passati dalla fine delle ideologie alla affermazione del pragmatismo come formula matura della politica. Ma senza un quadro di riferimento e di analisi, dal pragmatismo siamo passati all’utilitarismo, cioè a gestire solo ciò; che è utile. E la politica oggi non produce più idee, visione, strategia, e diventa autoreferente e senza rapporto con i cittadini, e quindi manca di legittimità. Allora il tema della crisi della politica si pone come.prioritario.Su questo, va aperto il dibattito sulla insufficienza della politica rappresentativa. Occorre aprire maggiore partecipazione dei cittadini, al di là del sistema elettorale. Occorre quindi chiedere una democrazia partecipativa, in cui si deleghi ai cittadini la discussione sui beni comuni, non solo l’acqua o il nucleare.
- Un elemento chiave della crisi attuale è il volo senza controlli della finanza, che è sempre più sganciata e sempre più opposta alla economia reale. Mentre gli scambi commerciali sono calati di un 15% mondialmente, le transazioni finanziare sono in continuo aumento, raggiungendo ormai 40 trilioni quotidiani. La finanza non ha nessuno strumento di controllo internazionale. Il Commercio ha la OMC, il lavoro la OIL, l’aviazione la ICAO, e via di seguito.La pressione delle borse fa sìche oggi il deficit fiscale è più importante di quello sociale. Secondo la maggioranza degli economisti, siamo in una crisi che andrà oltre questo decennio. La finanza sta mettendo in crisi l’Europa politica, e aumenta il numero dei poveri in modo drammatico. Le proposte di controllo sono minime, e tutti i piani di ricupero economico sono stati diretti a salvare il sistema bancario.Intanto la crisi ha prodotto, secondo le nazioni Unite, 100 milioni di nuovi poveri.
Allora un primo passo urgente: occupiamoci del deficit sociale, come vera priorità. Se le banche debbono soffrire, ed con loro le borse, resti un fatto interno alla finanza, e non sia scaricato sui cittadini. Si riporti alla divisione fra banche di investimento e banche di deposito, abolita nel 2001 (mai prima di allora crisi di questa grandezza), si impedisca alla banche di deposito di speculare con i soldi dei clienti, riducendo così la bolla speculativa. E si riducano gli strumenti speculativi in uso, molti dei quali sono delle lotterie rischiossime. - Queste due crisi hanno messo in ginocchia la idea della cooperazione internazionale. Il tema della giustizia sociale internazionale, della solidarietà, è ormai divenuto marginale. Ma in un mondo globalizzato, non si può lasciare le idee del mercato e del profitto come uniche leve. Occorre anche mantenere la etica come un elemento insostituibile dei rapporti internazionali.
Su questo punto, un altro passo è riattualizzare la idea di una tassazione sulle speculazioni finanziarie. Queste sono così enormi, che basterebbe introdurre una tassazione del 1 per 10.000, per generare 400 milioni di euro QUOTIDIANI. Questi si dovrebbero distribuire alle vittime della crisi, ai disoccupati, ai giovani, al deficit sociale, in modo proporzionale secondo la grandezza di ogni paese. Non occorre creare una burocrazia. Basta utilizzare le strutture esistenti, anche con le loro mancanze. E questo sarebbe un atto nuovo ma importante, per collegare crisi e soluzioni. - Un tema che riguarda tutta l’umanità, e che prova la crisi della politica, è quello dell’ambiente. I dati del riscaldamento globale sono davanti a tutti. Ma il governo americano è prigioniero di un congresso che nega il tema. E di conseguenza nessun accordo internazionale è possibile. Intanto sta nascendo una nuova categoria di profughi: quelli ambientali. Le stime delle Nazioni Unite è che possono diventare 400 milioni entro 30 anni. E chi paga la crisi sono sopratutto i paesi più poveri, uin prima fila quelli africani. Ma anche l’Europa si vedrà profondamente colpita. I produttori di vino stanno già comprando terreno in Inghilterra, perchè il sud dell’Europa andrà verso un aumento di temperatura importante per l’agricoltura. E l’aumento del prezzo degli alimenti sta aumentando il numero dei poveri, e provocherà grandi moti di disperazione e di ribellione.Allora su questo chiediamo ai parlamenti che mettano in atto gli impegni internazionali sulla riduzione della dipendenza dai fossili, la introduzione delle nuove tecnologie verdi, temi su cui tutti (meno forse la Cina) sono profondamente in ritardo. E chiediamo ai cittadini di riconoscere che questo modello di sviluppo, basato sul consumismo, non è più sostenibile e richiede purtroppo modifiche del nostro stile di vita. Modifiche da intraprendere gradualmente, ma inesorabili.
- Un tema che non va mai dimenticato, è quello dei diritti umani Secondo la OIL, ogni anno 12,3 milioni di persone sono catturate da organizzazioni legate al crimine, e obbligate a lavorare in condizioni inumane. L’Ocse in giugno ha tenuto a Vienna due giorni dedicati al tema della coercizione, da quella sessuale a quella del lavoro. Secondo la conferenza, in Euiropa ci sono almeno varie centinaia di migliaia di persone in condizioni di virtuale schiavitù. La OIL riporta il caso di una zona al sud di Napoli, 1.200 lavoratori agricoli, indocumentati e senza casa, lavorano 12 ore al giorno per paghe ridicole, in tendopoli controllate da guardie private. Si parla tanto della minorenne marocchina che ha avuto come “utilizzatore finale” Berlusconi: ma quanto si parla delle decine di migliaia di donne attirate con false promesse di lavoro, e poi costrette allo sfruttamento?
Allora, su questo tema, andiamo controcorrente. Riconosciamo che senza una politica di immigrazione basata sulla dignità degli immigrati, la crescita dell’europa non è possibile, nè il mantenimento dei sistemi di previdenza, visto che il rapporto intergenerazionale si è ridotto per las bassa natalità. La Merkel ha chiesto a un gruppo di cinque saggi di fare raccomandazioni per mantenere la Germania competitiva per i prossimi venti anni. Una raccomandazione è stata quella di aumentare il numero degli immigrati. Oggi è di moda, e porta voti, dire il contrario. Va anche di moda ignorare il cambio climatico. Ma come dicevano I romani, I fatti hanno le gambe lunghe. è nostro dovere saperlo. Chiediamo quindi che sul tema della immigrazione si apra un dibattito per creare una politica di immigrazione europea, che esca dai generici luoghi comuni nei quali il mondo della politica si è rifugiato. - Una ultima priorità è quella di ridare dignità al mondo del lavoro. Oggi, I sindacati rappresentano mondialmente il 12% della forza del lavoro, e sono sempre più isole di difesa dei propriiscritti. L’80% dei lavoratori nel mondo sono senza contributi sociali La disoccupazione giovanile è del 30 al 70% superiore a quella media. Secondo la OIT, la pensione media per la generazione di coloro che oggi hanno dai 20 ai 30 anni, è di 470 euro mensili. Che tipo di società sarà? E quella dei loro figli, che non potranno contare come quella attuale, sui genitori come ammortizzatori sociali? Ma questa gigantesca mutazione sociale non trova nè urgenza nè proposte nel mondo della politica.
Allora va rilanciato il tema della solidarieta e responsabilità intergenerazionale. Si riveda il sistema economico e fiscale, per ridurre lo scarto crescente tra cittadini che oggi sono dentro, e spesso bene, con coloro che resteranno fuori. è un tema politicamente suicida, e quindi assente dal dibattito. Ma ricordiamo a tutti che, se non verrà affrontato, andremo verso un mondo di sofferenze e di penuria. E chi guarderà allora a noi di oggi, ci giudicherà con ragione o ciechi o egoisti, o tutti e due.
È forse una conseguenza della insicurezza, o un riflesso della vecchia politica, ma si domanda sempre che le analisi finiscano con una nota di speranza e dei ottimismo. Creo che è invece arrivato il tempo dell’impegno, del sacrificio, nello sforzo comune e personale. Manca un Churchill, che promettendo lagrime e sangue, riuscì a mobilitare il Paese contro il nazismo. E manca anche un Manifesto… ma abbiamo abbastanza dati per sapere che, evaderli, è un atto gravissimo. E non basterà dare la colpa ai politici. Noi siamo egualmente corresponsabili.
Roberto Savio è cofondatore e segretario generale di Media Watch Global, sede a Parigi. Nel 2001 è stato uno dei promotori del Foro Social Mondiale. Attualmente coordina la Commissione di Comunicazione del Consiglio Internazionale. È tra i promotori di un progetto di informazione impegnato nello sviluppo, dell’agenzia di notizie Inter Pres Service (Ips), della Techonolical Information Pilot System (Tips), della Rete di Informazioni Internazionali per Carabi e America Latina (Asin) e del servizio latinoamericano Alasei e Women’s Feature Service (Wfs). Gorbaciov lo ha voluto membro del Comitato Scientifico del Foro Politico Mondiale. Negli Stati Uniti presiede la direzione della Alleanza per l’Umanità. Nato a Roma, cittadino argentino, ricercatore economico in una Università italiana, ha lavorato alla Rai Tv come direttore dei notiziari per l’America Latina. Guarda CHE GUEVARA - Inchiesta su un mito su ArcoirisTV