I tg annunciano che il governatore della Sardegna Ugo Cappellacci è indagato per corruzione, insieme al coordinatore Pdl Denis Verdini e a quel Flavio Carboni sempre definito, con una punta di razzismo, «faccendiere sardo». Uno senza faccia per il pubblico, ma il cui nome riemerge a ogni peggior ciclo del malaffare italiano. E un vero signor nessuno è pure Ugo Cappellacci, il cui unico merito, durante tutta la campagna elettorale, era di stare muto alle spalle di Berlusconi che prometteva all’isola lavoro, sviluppo e felicità eterna. Tutte cose svanite nel nulla subito dopo il voto, con il tracollo industriale della Sardegna e ogni genere di offesa e rapina al suo paesaggio naturale e morale. Ora Berlusconi, di fronte al dilagare degli scandali che coinvolgono il centrodestra nazionale e sardo, dice che «chi ha sbagliato pagherà». Benissimo. Allora cominci lui a pagare, visto che della cricca fanno parte solo uomini scelti personalmente dal «faccendiere milanese».
Criccopoli e il suo antiteatro-simbolo: dai gladiatori ai barbari delle mazzette
La civiltà delle immagini fa le sue vittime. E figurarsi l’inciviltà. Così il Colosseo, uno dei luoghi più visitati al mondo, da qualche settimana è diventato il simbolo televisivo della nuova tangentopoli, meglio nota come criccopoli. Una volta c’erano i tram davanti al palazzo di giustizia di Milano; oggi c’è la casa con vista Colosseo dell’ex ministro Scajola, gentilmente omaggiato dall’imprenditore Anemone (con un nome così non poteva che essere un uomo delicato). Il grande anfiteatro, a dire la verità, in passato ne ha viste anche di peggio, essendo stato costruito per quei ludi sanguinari che facevano la gioia dei popoli pagani, prima che i popoli cristiani inventassero spettacoli altrettanto sanguinari (tipo i roghi di eretici e di Giordano Bruno). Si poteva sperare che dopo 2000 anni, il Colosseo potesse vivacchiare tranquillo. Invece no: ora va in pezzi e non solo per la caduta di immagine. Infatti, quod non fecerunt barbari, fecerunt berluscones.
Vespa, il cacciatore di sangue a Fatima si trasforma in bigotto fan della Madonna
Francamente, non è che abbiamo una grande simpatia per Bruno Vespa e le sue varie incarnazioni, ma il Bruno Vespa che ci piace di meno è quello bigotto, che è esattamente l’altra faccia del suo alter ego orrorifico. Anzi, per dire proprio la verità, molto meglio il Vespa assatanato di sangue (almeno parzialmente riscattato dal sicuro piglio cronistico) che quello miracolato per effetto salvifico di Padre Pio, del Papa o di qualche Madonna più o meno pellegrina. Quando lo vediamo, come l’altra sera, compunto e quasi incurvato sui segreti di Fatima, non possiamo proprio dimenticare le sue tante serate dedicate a promuovere prima la Dc, poi Berlusconi. Oppure i più volgari film di Natale, le fiction Rai, le diete, le banalità («non esistono più le mezze stagioni») o addirittura il principesco nulla dei Savoia. Tutti temi affrontati con spirito utilitaristico, sempre attento al tornaconto professionale che può portargli anche Dio come nuovo editore di riferimento
Moratti e l’inciviltà del luoghi comuni: ma a delinquere sono i potenti, altro che i clandestini
I tg ci hanno fatto vedere e sentire Letizia Moratti, sindaco di Milano, mentre parlava all’Università cattolica, sostenendo che gli immigrati clandestini, per loro natura, delinquono. Dichiarazione accolta dagli studenti in sala con un mormorio, che in tv non si è sentito. Certo, bisogna compatire la signora Moratti, che, poveretta, essendo miliardaria, non può conoscere le difficoltà di quelli che vengono in Italia per fare i lavori più faticosi e mal pagati. Ma, essendo cristiana, la signora Moratti potrebbe sforzarsi di capire che almeno i loro bambini non sono mai clandestini e hanno gli stessi diritti di tutti gli altri bambini. Invece, il sindaco Moratti ha cercato in tutti i modi di cacciare dalle scuole comunali i figli degli immigrati, finché è stata fermata dalla legge. Una cosa molto brutta, che non depone a favore dei miliardari. Del resto, le cronache ci dicono che questi signori (in specie i palazzinari) rubano più dei rom e dei clandestini messi insieme.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.