La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Spettacoli » Credere Obbedire Combattere »

La mafia in Lombardia, nervo scoperto di Formigoni

28-03-2011

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Sostiene Minzolini che, per zittire quelli che lo accusano di note spese faraoniche, restituirà i soldi. Bravo, così finalmente ammette di aver approfittato di noi contribuenti, che non lo abbiamo mandato a dirigere il Tg1 così malamente come ha fatto e tanto meno lo abbiamo autorizzato ad abusare della carta aziendale. Anzi, tanta è la nostra indignazione, che sempre più numerosi saltiamo il suo notiziario e ci rifugiamo su altri canali. Su Sky tg24 abbiamo sentito due notizie che Minzolini non darebbe mai. Anzitutto, la rassegna stampa ci ha fatto notare come sui più grandi giornali del mondo nei resoconti sulla Libia non si citino neanche le ripicche antifrancesi di Berlusconi e soci. E la seconda informazione interessante è un sondaggio: gli spettatori, interpellati sul duro scontro tra Vendola e Formigoni, hanno risposto in maggioranza di credere più al presidente pugliese che a quello lombardo. Si vede che, per i più, la mafia a Milano c’è. E se Formigoni non se ne accorge, è un motivo in più per mandarlo a casa.

 

Lampedusa, le navi di La Russa, la nostra vergogna

Le immagini che arrivano da Lampedusa sono sempre più agghiaccianti, come ha riconosciuto perfino il ministro della guerra La Russa ad Anno Zero. Eppure, la sua sensibilità di uomo, di politico e di siciliano non deve essere troppo ferita, visto che ha continuato ad appiccicare a tutti quei giovani tunisini (bambini compresi) la categoria criminale di clandestini, inventata ad personas di quegli sfrontati che si permettono di non essere miliardari. Ma una signora da Lampedusa ha chiesto al ministro se la presunzione di innocenza vale solo per certi politici. In effetti, se la clandestinità è un reato, il reato va accertato dai magistrati, con tutte le garanzie del caso. E guai ad ammettere che si tratta di rifugiati, perché se lo fossero, toccherebbe trattarli secondo giustizia. La Russa, ovviamente, non si è dato la pena di rispondere alla domanda, ma ha continuato a ghignare, dando sulla voce a tutti e vantando di aver messo a disposizione la ‘sua’ nave. Perché le navi sono sue, ma la vergogna è nostra.

 

Dal giornalismo di Biagi al catechismo di Ferrara

Una volta c’era Enzo Biagi, che ogni giorno dopo il Tg1, aggiungeva qualcosa alle notizie. Per questo «Il Fatto» è stato dichiarato, da una giuria di giornalisti di tutti gli orientamenti, miglior programma di tutta la storia Rai. E, sempre per questo, Biagi è stato cacciato dalla Rai per ordine di Berlusconi, uno per cui la tv è togliere sempre qualcosa alle notizie, come fa quotidianamente Minzolini. Ora però, dopo il Tg1 c’è Radio Londra, affidato a Giuliano Ferrara; uno che sa che cos’è la tv, e sa pure come fare notizia, montando a neve le balle spaziali utili al suo editore. Ma quello che sta facendo con Radio Londra, stavolta non è né informazione né tv. E nemmeno propaganda; per quella bastano gli altri. Ferrara stavolta ha scelto di fare catechismo: spiegare il rito berlusconiano al popolo, con la presunzione di essere lui non solo il predicatore, ma l’ispiratore e il profeta. Tutta intelligenza sprecata, visto che neppure i miliardi bastano per fare, di un vecchio sporcaccione in disarmo, un Dio in terra.

 

L’invasione che non c’è, spot elettorale del governo della paura

Da giorni assistiamo impotenti al collasso di Lampedusa: gli abitanti furibondi e sopraffatti e gli immigrati accatastati sul molo come merci che nessuno vuole. Una disperazione che ci viene esibita senza vergogna dai tg e dai talk show e che dovrebbe dimostrare come il ministro Maroni sia inerte e incapace. Ma figuriamoci: il leghista ci viene mostrato, invece, mentre si dà un gran da fare ad ottenere dalle Regioni l’impegno ad accogliere quote di rifugiati che potrebbero venire dalla Libia in numero di 50.000. Insomma, si abbandonano in condizioni inumane migliaia di persone reali, ma si provvede a un’ondata di arrivi che potrebbe anche non arrivare mai. Allora qual è la ragione dell’insistenza televisiva sullo scempio di Lampedusa? È la pedagogia leghista: far vedere il pericolo, lo spettro della ‘invasione’ ora che l’amico Gheddafi non fa più da palo ai nostri efferati respingimenti. Lampedusa è un set, uno spot, che serve a eccitare gli animi alla paura e al rifiuto, nonché ovviamente al voto.

 

La guerra in Libia come il totocalcio: gli opinionisti di Arcore scommettono sulla X

Dio mio, siamo proprio in guerra: riecco in tv Carlo Panella, che fa fuoco e fiamme come ai tempi dell’invasione dell’Iraq. Solo che, stavolta, non chiede la testa di Gheddafi, ma nicchia. Anche se lo stile (e stile è una parola grossa) con cui partecipa al dibattito è sempre lo stesso. Così si rivolge ai colleghi: «Se non siete scemi, se non avete il prosciutto sugli occhi,….dovete ammettere che ho ragione io». E la sua tesi, se abbiamo capito bene, se non siamo scemi, se non abbiamo il prosciutto sugli occhi, in sintesi è la seguente: non è che il governo Berlusconi è diviso sulla linea o non ha affatto una linea; anzi, siccome non si capisce chi vince e chi perde, conviene puntare tutto sulla X. Così, chiunque prevalga, noi siamo a posto’. Ma come, non va più di moda esportare la democrazia? Peccato, perché l’Iraq, dopo quel trascurabile bagno di sangue, non è diventato, secondo Panella, un satellite dell’Iran, ma un vero paese democratico. Un posto dal quale, quasi quasi, dovremmo essere noi a importare la democrazia.

 

La rabbia della torinese Littizzetto contro i ministri padani

Un’energia risorgimentale animava Luciana Littizzetto a «Che tempo che fa». Pareva caricata al massimo dall’incontro con il presidente Napolitano, avvenuto a Torino in occasione delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia. E la carica si è abbattuta giustamente sulla Lega, che in queste ultime settimane ha visto sgonfiarsi quasi tutte le sue balle spaziali. A parte la padania, che non è mai esistita, c’è stato il grande ritorno, anche al Nord, di un improvviso, ma comunque sentito amor di patria, neanche avessimo vinto un altro Mondiale. Poi il disastro di Lampedusa ha travolto il ministro Maroni, che aveva puntato tutto sul blocco degli sbarchi tramite gli efferati respingimenti in mare, cioè nelle galere dell’amico Gheddafi, diventato finalmente nemico. Uno sconvolgimento voluto al solo scopo di demolire la concezione del mondo leghista, che non è più ampia di uno zerbino. Con il rifiuto della guerra non per giuste ragioni umanitarie, ma perché poi, magari, i bombardati cercano rifugio a casa nostra.

Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.

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