Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero
30-12-2011È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia inopinata che lascia francamente smarriti. E soprattutto è una perdita: perché il giornale è stato uno spazio di libertà, in cui nessuno sconto nella critica è stato mai fatto ad alcun potere, e in cui si andava costruendo una prospettiva positiva ed aperta sull’avvenire. E ciò sarebbe tanto più necessario oggi quando, dopo la troppo tardiva caduta del regime berlusconiano, si tratta di ricostruire tutto da capo.
Ed è proprio la fase che oggi stiamo attraversando che renderebbe più che mai necessario un giornale on line come Domani. La fase, ormai chiaramente delineata, è quella di una decostruzione dello Stato sociale, cioè della Repubblica democratica quale è stata disegnata dai Costituenti, una Repubblica che si fa carico dei bisogni e degli interessi vitali dei cittadini, i cui diritti si impegna a “riconoscere”, “garantire”, “tutelare”, “promuovere” “assicurare”, “favorire”. “agevolare”, “rendere effettivi” (che sono le parole usate nella Costituzione), per mettere al suo posto uno Stato liberale classico, che garantisce l’autonomia del capitalismo, ha i bilanci in pareggio, non ricorre al credito per gli investimenti e lo sviluppo, obbedisce alle banche, alle borse, ai mercati e alle agenzie di “rating” e con i soldi delle tasse (non prese a tutti) provvede a pagare i dipendenti pubblici (insegnanti e poliziotti), a mantenere l’ordine (contro criminali e stranieri) e a fornirsi di armi e di armati per le guerre oltreconfine (dette anche “pace”). Tutto ciò viene presentato come un’uscita dal vecchio Stato interventista, spendaccione, clientelare, partitocratico e consociativo, come un magnifico passo avanti verso la modernità e il progresso e come una rivincita della società civile sullo Stato.
A che serve allora un giornale on line? Ad assolvere un compito. A leggere i giornali on line sono soprattutto i giovani, che hanno dimestichezza con le nuove tecnologie e ne sono i fruitori privilegiati, spesso disdegnando gli strumenti tradizionali di comunicazione. Questi giovani non sanno (e il web dovrebbe informarli) che lo Stato liberale in Italia c’è stato già, era uno Stato dei collegi uninominali e maggioritari, tutto clientele e niente partiti, in cui a votare si andava poco, uno Stato che ha fatto una guerra in Libia (per prendersela, togliendola all’Islam ottomano), ha fatto la Prima guerra mondiale (600.000 morti), è finito nel fascismo e alla fine dell’opera ha lasciato un’Italia affamata e distrutta.
La Repubblica democratica viene da lì, ha voluto essere il contrario di quel vecchio Stato liberale, ha sconfitto la linea economica delle vecchie classi dirigenti che con Einaudi, Pella, Corbino volevano perpetuare l’ortodossia liberista, e si è assunto il compito di “rimuovere gli ostacoli”, anche di ordine economico e sociale, che “di fatto” limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’esercizio del ruolo politico di “tutti” i lavoratori, come recita l’articolo 3, architrave della nostra Costituzione. Per far ciò la Repubblica, pur con errori e storture, si era data una serie di strumenti operativi che andavano dalla programmazione agli interventi per il Mezzogiorno, dalle partecipazioni statali all’ENI, dalla riforma agraria al piano case, dalla riforma fiscale al servizio sanitario nazionale.
Un giornale on line, nel momento in cui tutto viene rimesso in discussione e la Repubblica rischia di perdere la sua stessa identità, dovrebbe portare ai giovani la memoria storica dell’esperienza già fatta dello Stato liberale, e la memoria critica di ciò che la Repubblica costituzionale e democratica voleva essere, che solo in parte è riuscita ad essere, e che oggi ancora potrebbe essere, e che anzi proprio dai giovani attende di essere compiutamente realizzata. Altro che chiudere!
Raniero La Valle è presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione. Ha diretto, a soli 30 anni, L’Avvenire d’Italia, il più importante giornale cattolico nel quale ha seguito e raccontato le novità e le aperture del Concilio Vaticano II. Se ne va dopo il Concilio (1967), quando inizia la normalizzazione che emargina le tendenze progressiste del cardinale Lercaro. La Valle gira il mondo per la Rai, reportages e documentari, sempre impegnato sui temi della pace: Vietnam, Cambogia, America Latina. Con Linda Bimbi scrive un libro straordinario, vita e assassinio di Marianela Garcia Villas (“Marianela e i suoi fratelli”), avvocato salvadoregno che provava a tutelare i diritti umani violati dalle squadre della morte. Prima al mondo, aveva denunciato le bombe al fosforo, regalo del governo Reagan alla dittatura militare: bruciavano i contadini che pretendevano una normale giustizia sociale. Nel 1976 La Valle entra in Parlamento come indipendente di sinistra; si occupa della riforma della legge sull’obiezione di coscienza. Altri libri “Dalla parte di Abele”, “Pacem in Terris, l’enciclica della liberazione”, “Prima che l’amore finisca”, “Agonia e vocazione dell’Occidente”. Nel 2008 ha pubblicato “Se questo è un Dio”. Promotore del “Manifesto per la sinistra cristiana” nel quale propone il rilancio della partecipazione politica e dei valori del patto costituzionale del ’48 e la critica della democrazia maggioritaria.