La storia di Ginetta e Pino non è solo una storia personale ma è una storia dal respiro universale. È una storia di vita ma anche di teatro. Di passato e di presente. Di distruzione e di ricostruzione di memoria. Individuale e collettiva.
Di teatro e memoria si è scritto molto e in modo approfondito attorno al prezioso lavoro di artisti quali Ascanio Celestini, Marco Paolini, Marco Baliani, Davide Enia e tanti altri.
Quella che Ginetta Maria Fino porta in scena è una esperienza totalmente differente che inizia dalla storia personale del marito Giuseppe (Pino) Mainieri, che la memoria la perde in un drammatico incidente stradale.
Pino e Ginetta facevano parte della sinistra rivoluzionaria bolognese, i cosiddetti “cani sciolti”, arrabbiati con un mondo che volevano cambiare. Si conoscono nel giugno del 1974 e camminano insieme in una vita fatta di teatro e poesia; fondano il Femmere Teatro e realizzano spettacoli politici (nel 1992 “Tossicamerica”, controcelebrazione della scoperta dell’America, nel 1993 “Chiuso”, denuncia contro la criminalizzazione delle droghe leggere).
Vent’anni di vita insieme, condividendo pubblico e privato. Poi quella notte. È il 1996. Pino fa un incidente con la sua moto. La prognosi è di decesso imminente, un gravissimo trauma cranio-encefalico. Il danno è di tipo cognitivo, non ricorda più chi era e cosa faceva, ricorda i luoghi in cui ha vissuto ma perde la memoria del vissuto; la parte del cervello che contiene informazioni brucia come un archivio in fiamme.
Tutto si ferma. Tutto si blocca. Non c’è nessuna speranza di vita per Pino. Gina smette di insegnare ma non si arrende, non crede alla morte cerebrale del marito ed inizia un suo percorso (molto femminile) di grande accanimento, forza, amore e coraggio, per giungere a lui. Non si veste più di nero e, da agnostica quale è, invoca la vita sul corpo del compagno. Vive con ostinazione il presente per recuperare il passato e guardare al futuro.
Dopo undici anni di calvario, Pino esce dal coma, si aggrappa alla vita e ricostruisce una sua identità specchiandosi nelle parole della moglie. Ginetta rilegge e trascrive l’epistolario d’amore e politica, scritto a Messina nel 1975 durante il servizio di leva di Pino, e che nel 2006 giunge fra i dieci finalisti al Premio Pieve S.Stefano dell’Archivio Diaristico fondato da Saverio Tutino.
Per undici anni Ginetta ha sepolto l’altro, ha convissuto con due persone, ha dovuto cancellare il primo Pino, quello che ha conosciuto, amato e sposato, e trovare il secondo. La nuova vita di Pino invece inizia là dove si è fermata la precedente, quella notte dell’incidente mentre andava alle prove. Undici anni dopo Pino ritorna a teatro, nel modo in cui gli è consentito.
“Amo due uomini in una carne raccolta in me”, scrive Ginetta nella raccolta di poesie d’amore. E questi due uomini li riunisce in scena. “Dobbiamo agire il pensiero” scrive Ginetta e lo fa, in una notte insonne, guardando in faccia il dolore e trasformandolo in scrittura: nasce così il testo di “Non mi ricordo” che diventa spettacolo diretto da Corrado Nuzzo e Maria Di Biase e da loro interpretato. Ginetta e Pino tornano così a fare teatro in uno spettacolo, che è ancora possibile incontrare sui palcoscenici italiani, che rappresenta una presa di coscienza, individuale e collettiva, in quel confine sottile tra vita e teatro. Un vero e proprio inno all’amore, alla vita, al teatro, al potere e alla forza della scrittura, grande protagonista di questa storia insieme alla dignità. La narrazione (senza nessun pietismo!), ricostruita attraverso documenti, lettere, ricordi, voci, suoni, immagini, permette al passato di sopravvivere ripercorrendo le tappe della vita della coppia, un amore a pugno chiuso, esuberante e giovane che nasce e cresce sui gradini di San Petronio a Bologna e arriva al matrimonio, alla nascita del figlio.
Pino non ricorda nulla. Toccando anche le corde dell’ironia, Ginetta non trova conferme nel suo compagno.
“Ti ricordi, Pino?” No.
“Te la ricordi quella sera a Milano, Pino, quando cantavamo quella sera a Milano era caldo, una spinta e Pinelli cascò”? No.
“Ti ricordi quando ci siamo sposati, nel ’78?” No.
“Pino, te lo ricordi? E’ l’Inno dei Lavoratori, te lo ricordi?” Sì, me lo ricordo, risponde Pino.
Lui se lo ricorda.
È nata a Parma il 15 dicembre 1971, città nella quale tutt'ora vive. Lavora da ormai numerosi anni in ambito culturale, occupandosi prevalentemente di comunicazione e organizzazione presso istituzioni e festival teatrali nazionali.