Minzolini ha creato una rubrica per occuparsi dei giornalisti della carta stampata che lo criticano (praticamente tutti quelli che non sono pagati da Berlusconi). Tanto per gradire se l’è presa anche con Umberto Eco, riferendo i giudizi negativi sul suo ultimo romanzo pubblicati dall’Osservatore romano. Ma il vero obiettivo di Minzo era Travaglio, contro il quale è stata agitata come una clava la notizia di un rinvio a giudizio per calunnia. Travaglio di cause del genere ne avrà parecchie, ma si tratta pur sempre di rischi del mestiere giornalistico. Mentre invece, subito dopo, passando su Rainews, abbiamo sentito di un rinvio a giudizio che riguarda, pensa un po’, proprio Minzolini. L’accusa però stavolta è di peculato. Naturalmente Minzolini ha subito fatto sapere a mezzo Ansa che la faccenda è vecchia e sarebbe già stata regolata con l’azienda. Trattasi dell’uso di una carta di credito Rai per spese esagerate che il direttore del Tg1 ha poi rimborsato (ammettendo così implicitamente che non erano autorizzate).
Grazie alla redazione di Rainews24, ultimi mohicani dell’informazione Tv
Più diventa facile vedere in diretta quello che succede da una parte all’altra del mondo e più diventa difficile capire quello che succede davvero. Anche perché è da interpretare, in particolare, quello che succede più vicino a noi (ed essere anche in grado di sopportarlo!). Per questo ci sono tanti indignati ed è quasi impossibile non condividerne la ragioni (perfino Mario Draghi le condivide), anche se ci sono i soliti delinquenti che cercano di oscurarle. Anche a costo di dare argomenti a chi non ne ha più, come i nostri governanti un tanto al chilo, che si fregano le mani ad ogni sconfitta della democrazia. Cosicché centinaia di migliaia di giovani che hanno tutte le ragioni per essere indignati, vengano privati oltreché del futuro anche del presente, sfigurati nella loro immagine e nella loro lotta. E tutto questo lo abbiamo visto in diretta tv attraverso Rainews 24, un pezzo di Rai rimasto quasi eroicamente a fare servizio pubblico, nonostante tutto. Cioè nonostante i tagli di spazi e mezzi e nonostante i vari Minzolini e tutto il resto asservito.
Sbadigli “tecnici”
Meno male che Berlusconi ha parlato poco nel suo intervento alla Camera, perché, se avesse parlato un po’ di più, si rischiava il crollo di Bossi per noia. Il leader leghista non ha mai smesso di sbadigliare, così come il premier non ha mai smesso di replicare il solito discorso. A momenti abbiamo avuto l’impressione che non si trattasse di un discorso in diretta, ma di una intercettazione mandata in onda dai soliti pm comunisti. L’effetto rischiava di essere penalmente rilevante, gli argomenti essendo gli stessi degli ultimi vent’anni, quelli che ci hanno ridotto come siamo ridotti. Mancavano soltanto la consueta barzelletta oscena, nonché qualche gestaccio per far contento l’Umberto, al cui «coppino» (che sarebbe il dietro del collo, in milanese) il premier ha riservato una carezza al momento di citare (alla memoria) il federalismo. Comunque, il cuore del monologo (chissà chi glielo ha scritto) è stato chiaro: l’opposizione non esiste, tanto è vero che non c’è, quindi non ci sono alternative al governo attuale. Sorvolando sul fatto che, tecnicamente, un governo senza alternative è un regime.
Un pupazzo da sgonfiare
Abbiamo visto già cento volte le immagini della disfatta parlamentare passare sulla faccia delusa del premier e poi la sua fuga dalla scena del delitto, strisciando alle spalle di Tremonti. Ma, diciamo la verità, come si fa a fidarsi di Scilipoti? Comunque, Berlusconi sembra sempre a terra, ma poi purtroppo risale, come “Ercolino sempre in piedi”, orrendo pupazzo degli anni 60 che faceva la pubblicità ai formaggini Galbani. Tra i due c’è anche una certa somiglianza fisica, perché pure Ercolino era alto un metro, gonfio d’aria e coi capelli stampati sul cranio. Ma, se Ercolino non si poteva abbattere, lo si poteva sempre sgonfiare. Perché qualcuno dell’opposizione non prova a bucare il premier con un ago (di quelli che non fanno male, per carità), per vedere se si affloscia con un sibilo? Sarà sempre meglio che aspettare il tirannicidio da parte di Scajola, uno che, semmai fosse protagonista di un gesto storico, sarebbe a sua insaputa. E poi di Scajola, che vediamo sempre nei tg circondato dalla scorta (che negò a Marco Biagi), francamente ci fidiamo ancora meno che di Scilipoti.
Il Trota, il Papa e il maggiordomo
Commovente apertura del Tg1 sul caso Papa: il deputato, carcerato anche coi voti dei leghisti, manda a dire che i soliti Pm comunistissimi gli avrebbero promesso la libertà, se solo si decidesse ad accusare Berlusconi. Ma lui niente: è un altro eroe alla Mangano! Di questa vicenda il Tg1 ci ha informato (ovviamente senza riferimento allo stalliere mafioso, tutt’ora compianto dal premier) esattamente come se fosse il Giornale di Berlusconi. E in effetti, lo è. Tanto che non possiamo non chiederci con apprensione che cosa farà Minzolini, quando, come ha annunciato lui stesso, se ne dovrà andare insieme a Berlusconi. Chi lo vorrà? Quale sarà il suo destino prezzolato? E la Rai, da lui gratificata di note spese gonfiate e di ascolti inversamente sgonfiati, continuerà a pagargli lo stipendio, affidandogli magari una poltrona di prestigio da cui non possa più nuocere? Sono problemi che non lasciano dormire, come quelli legati al destino del Trota e di suo fratello, che hanno sofferto (parola di Umberto Bossi) per la libertà della padania come se esistesse davvero.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.