L’Italia che in fila pensa al futuro
26-10-2009L’Italia è divisa in due paesi diversi, e lo sappiamo. L’Italia votata e governata da chi nasconde le tasse e si rifugia dietro le amnistie (amnesie) degli scudi fiscali, e l’Italia della gente normale. Domenica la gente normale si è messa in fila trascurando il relax del fine settimana che al nord godeva l’ultimo tepore dell’estate perduta. In fila per scegliere chi poteva guidare un’opposizione civile per riaprire la speranza dell’alternativa. In fila anche nel sud malgrado venti e piogge da finimondo. Le primarie restano un esercizio non condiviso di democrazia partecipata. Esercizio diffidato da chi è intorpidito dal grande padrone e dai padroncini che decidono, ordinano e pretendono. In fila con l’amicizia di chi vota per Bersani o Franceschini o Marino. E ne parlvano ad alta voce, senza nascondere niente, con la tranquillità di chi ha un progetto comune e può dividere le simpatie sdegnando i veleni. Ho fatto un giro per vedere se le intemperanze nascoste da Marrazzo sgonfiavano le coscienze impegnate nella costruzione di un movimento chiaro e trasparente. Invece la gente era lì: carta d’identità e la scheda elettorale delle elezioni vere. Nell’altra mano i soldi per pagare le spese. Due euro, un gelato: sciocchezze, ma gli euro erano cinque, erano dieci: nessuno accettava il resto e le volontarie che distribuivano la ricevuta, sorridevano nel piacere dello scoprire tante persone che si somigliavano. A volte i segni minori raccontano verità profonde che le parole possono non trasmettere. Più cinquantenni che ragazzi, più padri e nonni che figli e nipoti ma il rapporto non era catastrofico. Si votava fra i banchi delle scuole, nei magazzini delle periferie, tante sale parrocchiali. La grande politica viene discussa a Roma, eppure se Rutelli ha fatto un giro da una fila all’altra, da un dopolavoro ad una sacrestia, qualche dubbio può averlo avuto sulla svolta sussurrata a proposito della sua ricerca di altre alleanze che spaccherebbero il Pd. Protagonismo e ambizioni incomprensibili per la folla che gremiva i seggi nella speranza di costruire qualche futuro diverso.
Non una festa perché le ore sono tristi dentro e fuori l’opposizione. Eppure il giorno delle elezioni “private”, come le definiscono con parole burlesche i giornali e le Tv di chi sappiamo, hanno confermato che il paese concreto è pronto a ricominciare con la ragione che trascura gli insulti. Tre milioni sono tanti. E il valore simbolico dei sei o dieci milioni di finanziamento volontario, un euro sull’altro, nessun assegno da paperoni, rassicura sull’impegno di chi non si rassegna al tramonto di doveri e ideali garantiti dalla costituzione che i buldozer del governo si impegnano a stravolgere. Ma la gente vuol fare qualcosa pagando anche qualcosa pur di costruire un paese diverso dal gratta e vinci di una certa politica. In fila, assieme.