Sempre più spesso è il presidente Napolitano a dover intervenire per fare ancora dell’Italia un Paese normale. Così, è stato lui ad abbracciare i genitori dei bambini rom morti a Roma nel rogo della loro baracca. Ed è stato lui a dire qualche parola di civiltà dopo una tragedia che non lascia spazio ad equivoci: chi doveva provvedere non ha provveduto. Anzi, il sindaco Alemanno, dopo aver cavalcato il razzismo per farsi eleggere e aver deportato (come il sindaco di Milano Moratti) migliaia di famiglie da una parte all’altra della periferia, impedendo ai bambini di andare a scuola con continuità, oggi va in tv a chiedere poteri speciali, come premio per il suo malgoverno. Infatti, per mettere in atto quello gli premeva di più (sistemare parenti, famigli e reduci della peggiore manovalanza fascista nelle aziende comunali) ha trovato risorse e tempo sufficienti. Una vera, efficiente macchina da guerra, che ha travolto tutte le altre urgenze, tra le quali quella dei rom per lui era l’ultima.
Difensori di B, in mutande e con il cappello in mano
Ormai ci siamo abituati: annuncio furioso e smentita immediata. Il Pdl aveva annunciato manifestazioni contro i giudici organizzate da Daniela Santanché e Vittoria Brambilla, ma è seguita la smentita. Invece poi le abbiamo viste in tv, le micro ammucchiate: una sfilatina da niente davanti al tribunale di Milano, neppure in grado di bloccare il passaggio del mitico tram giallo. E poi gli smutandati di Ferrara al teatro Dal Verme, dove Giuliano ha urlato che vuole indietro il Berlusconi di una volta, quello del 94. E, anche per via del luogo, sembrava un fascista della prima ora che rimpiange il Mussolini della marcia su Roma. Ad entrambe le manifestazioni milanesi, era presente la Santanché, che viene data come l’antagonista di Ferrara, quella che gli contende il posto alla destra del padrone, anzi del padrino di Arcore. Anche per questo andiamo in piazza noi donne: per fare a meno di questi libertini liberticidi e del loro boss malato.
Vite schizofreniche e ventriloqui di corte
Michele Santoro ha fatto notare in tv come il film Le vite degli altri, peraltro bellissimo, sia stato mandato in onda solo per fornire a Berlusconi, ovvero a Giuliano Ferrara che è il suo maestro e il suo autore, l’esempio che gli serviva per accusare il regime in carica (cioè il suo) di essere quella dittatura poliziesca che lo perseguita. Insomma, è una cosa complicata, come complicato è il cervello di Giuliano Ferrara, ma significa che Berlusconi è il capo di un potere tanto assoluto che neanche la legge lo può scalfire e nello stesso tempo è la vittima del potere relativo di chi amministra la legge, in particolare quella morale, kantianamente sopra di lui. Una tesi che può concepire solo uno che sia nato da genitori antifascisti e sia diventato il ventriloquo di una vecchia maschera mussoliniana. Praticamente uno schizofrenico che manovra un altro schizofrenico contro tutte le istituzioni dello Stato, brandendo la più terribile delle armi di distrazione di massa: Daniela Santanché!
L’immorale servilismo dei giornalisti a libro paga
Enrico Vaime, nel suo spazio mattutino su La7, ha affrontato con il suo stile irresistibile un tema che infuria nei dibattiti tv, nonché nelle cronache politiche di questi giorni. Tra scandali grotteschi che fanno impallidire la cattiva fama di ogni passato basso impero, si diffonde la condanna scandalizzata contro quello che sembra diventato, tra tutti, il più orrendo dei crimini, ovvero il moralismo! Ecco il muro sul quale si infrange ogni ragionamento e ogni possibilità di critica. Quasi che la corruzione dilagante non fosse che un pretesto per l’emergere di questo vero e proprio delitto. Dietro il quale si cela l’orribile presunzione, principalmente da parte della sinistra (giacobina e bigotta insieme), di essere superiore, di poter criticare l’immoralità di chicchessia. Ovvero di Berlusconi, l’unico chicchessia in grado di suscitare tanto sollevamento di scudi difensivi, avendo più avvocati che capelli in testa, forse più giornalisti sotto contratto che escort precarie a nottata.
I figli del Sultano e le nipoti del Rais
Berlusconi ormai è in stato confusionale. Un giorno si dice orgoglioso del suo stile di vita e il giorno dopo giura sulla testa dei suoi figli che non è vero niente. I ministri del suo governo, per stargli dietro, sono ancora più confusi di lui. Così, secondo il povero Sacconi, Berlusconi credeva davvero che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Anzi, il ministro ha pure confusamente parlato di un incontro internazionale in cui i due capi di governo ne avrebbero accennato. Peccato che in questo caso non esistano intercettazioni. Possiamo solo immaginare il simpatico scambio di battute tra Berlusconi (di cui è nota la sensibilità istituzionale) e il rais egiziano. Il nostro capo del governo, per esempio, potrebbe avergli detto (tramite interpreti o magari aiutandosi con i gesti): «Ma lo sai che di recente mi sono fatto tua nipote?». E questo al nobile scopo di evitare un incidente diplomatico che avrebbe potuto turbare gli ottimi rapporti tra Italia ed Egitto.
Fuori dalla Tv c’è un Italia che dice “no”
Risulta da recenti ricerche che Berlusconi ha parlato in tv più di qualunque essere umano al mondo (compreso Mubarak). Ma senza scomodare calcoli complicati, lo potevano chiedere direttamente a noi osservatori di tv, testimoni oculari dello strazio cui il popolo italiano è sottoposto. Allora, qualcuno chiederà (come infatti ci chiedono sempre più spesso gli stranieri): perché gli italiani non si ribellano? La stessa domanda l’ha posta Umberto Eco dal palco del Palasharp, stufo di sentirsi dire dagli amici anglosassoni che il nostro popolo non si vergogna delle vergogne del premier. Invece no: non solo gli italiani sono diversi dal vecchio porco deriso nei siti, sulle tv e sulla stampa estera come simbolo dell’intero Paese, ma gli italiani si stanno già ribellando in tutte le sedi possibili. Mentre non è provato che un altro popolo sarebbe capace di reagire a una campagna elettorale intensiva che dura da decenni, dando al boss non più del 27% del consenso. Consoliamoci così.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.