Gianfranco PASQUINO – L’ultima lap dance del “reclutatore iniziale”: fa ballare i parlamentari ma non può comprare Napolitano
03-03-2011Conflitto politico o scontro istituzionale: non riuscirei mai a definire le critiche di Berlusconi allo staff del Quirinale, ovvero, per colpire indirettamente il Presidente della Repubblica, come l’espressione di diverse culture politiche. Infatti, se dalla parte di Napolitano si trovano una cultura delle regole e una profonda conoscenza della Costituzione, dalla parte di Berlusconi si trovano un bunga bunga delle regole e un’assoluta ignoranza della Costituzione. Con le sue dichiarazioni, l’attuale capo del governo non riesce neppure ad assurgere al ruolo di leader autoritario cosicché i paragoni con Mussolini risultano tutti assolutamente scentrati.
Il Cavalier B. rimane quello che è dalla sua discesa in campo: un impresario lombardo (non un imprenditore perché non ha mai creato aziende che producano qualcosa di tangibile), che detesta qualsiasi regola come intollerabile impaccio ai suoi affari e che, dunque, detesta anche tutti coloro che quelle regole rispettano, applicano, fanno osservare. Quel che è peggio è che, ipocritamente un giorno sostiene che il Presidente Napolitano è d’accordo con lui, il giorno dopo afferma di avere fatto esattamente quello che il Presidente ha messo nero su bianco, e il terzo giorno ripete le sue azioni e dichiarazioni riprovevoli. Se i comportamenti del vecchio Berlusconi non fossero irritanti e pericolosi sarebbero comunque patetici.
È possibile che, frequentemente in riunione con l’unità di crisi dei suoi parlamentari-avvocati e viceversa (ma qui l’elemento politicamente e istituzionalmente conturbante è la presenza assidua del Ministro della Giustizia Angelino Alfano il quale dovrebbe essere in altre faccende affaccendato), il capo del governo, nonché “reclutatore iniziale” di tutti i suoi parlamentari, si renda adesso conto di avere commesso qualche errore. Negli affollati ranghi dei suoi parlamentari mancano esperti di diritto costituzionale e parlamentare e di tecnica del lavoro legislativo. Neppure nei loro momenti migliori, i capigruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto e al Senato Maurizio Gasparri riusciranno mai ad andare oltre le loro esternazioni di piccola politica politicata che non li qualificano come costituzionalisti.
Gli altri parlamentari del PdL, uomini e donne che vanno per la maggiore (ma non chiedetemi che cos’è “la maggiore”), sono animali (in senso, ben s’ìntende, tecnico) da dibattito, chiedo scusa, da pollaio, televisivo: maestri e maestrine che alzano la voce, interrompono e, qualche volta, producendo il coup de théậtre se ne vanno sdegnati/e. Non è possibile, anzi, sarebbe ingeneroso, chiedere loro di esibirsi sul versante delle modalità con le quali si scrive una legge, si stila un decreto, si formula un emendamento, si chiedono le votazioni. Logicamente, avendo effettuato il reclutamento secondo alune priorità: avvocati e parlamentari di bell’aspetto, curati/e nel vestire e, possibilmente, profumati/e, Berlusconi risulta a corto di persone competenti.
La durissima sostanza di una Costituzione che lui vorrebbe cambiare, ma, avendo già ricevuto un secco no per il pastrocchio elaborato dai quattro saggi della baita trentina, nel referendum costituzionale del giugno 2006, proprio non sa come procedere. Alza periodicamente il tiro populista contro la separazione dei poteri e delle istituzioni. Sostiene, confondendo le urne elettorali con le aule dei tribunali, che la sovranità popolare si manifesterà con il voto assolvendolo da reati che lui peraltro non avrebbe mai commesso. Infine, attribuisce tutte le colpe della lentezza legislativa, non ai suoi balordi disegni di legge, ma alla meticolosità certosina dello staff del Quirinale.
Qualcuno penserà che l’astuto impresario stia lanciando una sorta di strategia dell’accerchiamento nei confronti del Presidente. La mia opinione, invece, è che il frastornato capo del governo italiano non sa più che pesci prendere e, innervosito, si lancia in critiche che, prima o poi, sosterrà essere state “fraintese”. In qualsiasi altro paese la sua stessa maggioranza lo avrebbe sostituito, ma se la sua maggioranza è quella che ha votato che il suo capo credeva davvero che Ruby Rubacuori fosse la nipote di Mubarak, ha ragione a non sostituirlo: lui è uno di loro e li rappresenta tutti/e fedelmente, splendidamente, fino all’ultima danza, fino all’ultima lap dance.
Gianfranco Pasquino, torinese, si è laureato in Scienza politica con Norberto Bobbio e specializzato in Politica Comparata con Giovanni Sartori. Dal 1975 è professore ordinario di Scienza Politica nell’Università di Bologna. Socio dell’Accademia dei Lincei, Presidente della Società Italiana di Scienza Politica (2010-2013), è Direttore della rivista di libri “451”. Tra le pubblicazioni più recenti: "Le parole della politica" (Il Mulino, 2010), "Quasi sindaco. Politica e società a Bologna" (Diabasis, 2011). Ha appena pubblicato "La rivoluzione promessa. Lettura della Costituzione italiana" (Bruno Mondadori, 2011).