Sguardi desolati, silenzi addolorati, borbottii imbarazzati. Così rispondono gli intellettuali alla mia domanda: chi sono i vostri punti di riferimento oggi in Italia? Chi sono i vostri “maestri del pensiero”? Il più accorato è l’erede riconosciuto di Italo Calvino, Daniele Del Giudice, autore del bellissimo Stadio di Wimbledon:
Nessuno oggi in Italia, proprio nessuno. Quando abitavo a Roma (da molti anni ho scelto Venezia) ero molto amico di Pasolini che diceva cose importanti e non credere che avesse il riscontro che oggi tutti raccontano. Non erano gradite le sue critiche, non era gradito il suo impegno, non era gradito proprio lui come persona, non era amato. Dava fastidio. Adesso tutti fingono che fosse un maestro del pensiero, invece gli veniva concesso sui media uno spazio limitato.
Il più incazzato è Fulvio Abbate, che risponde senza esitazione dal suo studio di Teledurruti:
Pasolini. È l’unico che sento vicino quando si tratta di confermare a se stessi che il lavoro intellettuale poetico artistico porta con sé il dovere della rabbia, della rivolta soprattutto in un paese in cui il ceto intellettuale è composto da aiuto – camerieri del potere, delle amministrazioni comunali e delle lobby. Aiuto – camerieri in cerca di cooptazione, pronti a mostrare come un valore l’assenza di fantasia: conformisti bigotti mediocri, di sinistra e di destra. Il caso della corte veltroniana ne è la prova vivente.
Raffaele La Capria, il fine e coltissimo scrittore con il suo accento napoletano mai perduto:
La Francia ha prodotto intellettuali molto più importanti dell’Italia, di importanza europea e mondiale, da Sartre a Foucault a Lacan, mentre in Italia dopo Croce non individuo nessun maestro del pensiero. Pasolini è stato un intellettuale polemista limitato alla sola Italia. Scalfari è un giornalista che fa politica, ma non è un “maestro del pensiero”.
Piero Dorfles, l’amor mio, scrittore e giornalista triestino deraciné, è molto più generoso:
Zagrebelsky, anche Scalfari e poi Umberto Curi (approvo), non amo Agamben troppo fumoso e contorto per questo piace a Parigi e meno in Italia, tra i giovani Gentile Crainz D’Orsi Viroli. In fondo, se pensiamo a come un’intera generazione abbia idealizzato Bobbio e Galante Garrone, cui non è bastato essere temprati dalla storia per essere “maestri del pensiero”.
Riccardo Calimani, veneziano, storico dell’Ebraismo chiede un giorno di tempo per rispondere, poi tre, poi una settimana e infine:
Nessuno, non riconosco oggi in Italia nessun intellettuale che per me sia un punto di riferimento.
Rolando Damiani, critico letterario risponde, l’unico, al volo:
Ceronetti, Roberto Calasso e Mario Bortolotto, il critico musicale (ma esiste ancora la critica musicale oggi in Italia?).
Spiegazione: il metro di misura per chi arriva a un certo “livello dello spirito” nel senso di Cioran è tutto nel saggio di Cristina Campo sugli Imperdonabili. Da quel momento Damiani si chiude nel silenzio. Chiude il cellulare Paolo Guzzanti: nessuno. Mi viene in mente l’ultimo che aveva capito tutto, che però non so se si può chiamare maestro del pensiero: Flaiano. Roberto Saviano, giovane coltissimo al di là della camorra, non vuole rispondere. Peccato, ragazzo mio. Riccardo Chiaberge, ex redattore letterario del Sole24 ore:
Domanda difficile. Direi: Remo Bodei, Emilio Gentile, Vito Mancuso, il cardinale Martini.
La cosa che mi ha colpito di più: a nessuno è venuto in mente l’intellettuale ascoltatissimo da La Repubblica e da Don Verzé, Massimo Cacciari.
Margherita Smeraldi, veneziana, famiglia sefardita originaria di Salonicco, il nonno è stato il più importante presidente dei cantieri di Trieste e Monfalcone e il bisnonno materno il fondatore e proprietario de "Il Gazzettino". Ha lavorato per molti anni in un'agenzia giornalistica romana per approdare, felice, tra le braccia intelligenti di Domani/Arcoiris