Abbiamo avuto momenti difficili nei 65 anni di storia repubblicana, ma gli uomini chiamati a risolverli si chiamavano Luigi Einaudi, Carli, Ciampi. E i politici che ci rappresentavano nel mondo erano De Gasperi, Moro, Berlinguer, Amato, Prodi. Per non far ridere le capitali d’Europa e d’America evitiamo che il Cavaliere, Bossi, Brunetta, Romani, Verdini, Cicchitto, Gasparri, insomma quelli lì, aprano ancora bocca. Almeno i silenzi di Tremonti fanno capire che non ha mai avuto niente da dire
Nani d’Italia
22-08-2011Per qualche giorno ho guardato l’Italia da Parigi e Londra e la disperazione che aveva accompagnato il viaggio sfogliando i giornali che ogni viaggiatore si tira dietro, questa disperazione è diventa l’angoscia di un figlio di nessuno. Sapevo da dove venivo e che paese avevo attraversato: da Einaudi a De Gasperi, e poi Moro, Berlingue, Giuliano Amato, Prodi, insomma gli incontri non ravvicinati di chi ha una certa età. Si rideva dell’impertinenza di Fanfani, onorevole di bassa statura: amava pungere amici ed avversari. I ragazzi non lo amavavano; preferivano le riflessioni di protagonisti riservati, un po’messi da parte da parte. Fascino di Dossetti padre dell’articolo 11 di una Costituzione che proibisce di attraversare armati i confini, per bombardare e invadere nell’ipocrisia di forze di pace paesi estranei alla nostra realtà. Fascino di Lombardi intransigente nella moralità di un socialismo dalla parte della gente. Poveretto, fra i discepoli prediletti di è ritrovato il Cicchitto che veva affidato alla P2 la fantasia di apparire tutte le sere in Tv a difendere il confratello Berlusconi. Nei gironi infernali d’agosto perfino il Bossi in canottiera parla come un cardinale vecchia maniera, parole sospese tra cielo e terra che non dicono niente alla sua base che imbroglia le quote latte. Ci si spaventava per l’impertinenza di Vanoni il cui nome era sinonimo di tassazioni feroci da non disperdere in appalti di regime: moltiplicavano case popolari, scuole e ospedali, non ville al mare o castelli in montagna. Quando Vanoni è morto ci si è accorti che era quasi povero, proprio come Enrico Mattei, l’uomo che ha inventato l’Eni dei nostri giorni, mentre Tremonti, tanto per spegnere le voci del pagamento in nero di un affitto con tanti sospetti, ha risposto ai magistrati: figuriamoci se voglio risparmiare 4 mila euro al mese quando denuncio 5-6 milioni di reddito l’anno. Poi Berlingue che provava a sgonfiare il consumismo richiamando il paese alla sobrietà appena abbandonata. E il De Gasperi che in viaggio nelle capitali della politica, tornava in albergo a spegnere la luce della camera quando la dimenticava accesa. Immaginate il Cavaliere che si preoccupa di non far spendere allo stato qualche euro in più per le lampadine infuocate per nessuno? Immaginate Bossi discutere con la signora Clinton il destino degli extra comunitari che il segretario Usa sta frenando sul confine del Messico? Non è sempre necessario che chi parla a nome di un paese abbia un passato autorevole o un presente d’eccellenza: deve essere solo credibile per coerenza e serietà di analisi. Giuste o sbagliate, da sposare o ritoccare non importa: importa la serietà che nutre la cultura sociale e politica di chi propone. La stessa serietà necessaria a rittocarne le ricette. Ascoltavo voci francesi, voci inglesi; dubbi e previsioni. Si affacciavano in Tv o nei giornali protagonisti che non conoscevo, ma nelle loro parole (pessimismo o speranze) trovava lo stimolo di analisi mai banali frutto di una partecipazione consapevole alla vita pubblica raramente sovrastata dalla vanità o da tentazioni consuete ai nostri uomini di governo: dal familismo ai soldi facili. Ed è diventato il gioco della disperazione immaginare cosa si sarebbero detti Cameroon e il sorridente-assenziente portavoce Frattini. Oppure Obama a colloquio con l’anguilla Sacconi, o il furbo Sarkozy con quel Calderoli che la lettera di una studentessa riconosce fisicamente nel ritratto postumo del maresciallo Goering finito sui banchi dei processi di Norimberga e suicida per dignità davanti alle accuse che lo inchiodavano. Ecco, dignità e coerenza sono ormai considerate malattie delle quali si può guarire frequentando palazzo Chigi. Scajola ne è l’esempio. Sta tornando in scena come se non fosse successo niente, ma col rammarico di non ricordare chi gli ha pagato la casa di Roma. Ai loro modesti personalismi, alle vendette covate con impazienza e nel caos rovesciate sui governanti che hanno loro voltato le spalle (poveri Bondi, Pera, Martino), a queste comparse miracolate dalla politica del malaffare, stiamo affidando il paese ridotto a pezzi dalla caricatura di un capitalismo degradato come (purtroppo) Marx e Lenin avevano annunciato. Chiediamo a questi nomi vuoti di non far precipitare l’Italia costruita con pazienza e tanti errori da chi dopo il fascismo si era illuso di strutturare una nazione seria. Per fortuna in ottobre Draghi lascia la Banca d’Italia per guidare la Banca d’Europa: sa bene come stiamo e ha una teoria di sopravvivenza della quale informerà Tremonti appena ne avrà piena responsabilità. Purtroppo ottobre è lontano: chissà se riusciremo a sopravvivere per due mesi ai nani ai quali il popolo ha affidato (pensate un po’ che popolo) le fortune d’Italia e della Padania arrabbiata.