Di solito la “guida” di una città racconta i monumenti più importanti, le chiese, i palazzi d’interesse storico e/o artistico. Invece, dalla neonata casa editrice Espress (www.espressedizioni.it) è ora uscita una guida insolita e intelligente. Si intitola “L’altra Torino. 24 centri fuori dal centro”, ed è stata scritta a otto mani da Edoardo Bergamin, Daniela Garavini, Marco Magnone e Fabrizio Vespa. È una guida che vuole raccontare un cambiamento più unico che raro: la reinvenzione di una città apparentemente destinata al declino. La Torino degli anni passati era nota per avere al centro un “salotto buono”, perbenino, pulitino e noiosino, e attorno una sterminata dependance grigio-fumo, casermoni, fabbriconi e laboratori artigiani… insomma, una città dormitorio in stile sovietico-vallettiano.
Poi c’è stata la crisi della Fiat (come pure altre cosette del tipo la caduta del Muro di Berlino, l’11 settembre, la crisi economica internazionale, ecc.) e quella che pareva essere una città destinata a rinchiudersi in se stessa, a implodere nel disastro generale, ad agonizzare per anni prima di una morte annunciata, ha invece fatto il miracolo e anche grazie al face-lifting delle Olimpiadi del 2006 si è radicalmente trasformata come il brutto anatroccolo della favola.
L’altra Torino, scrivono i curatori con non celato entusiasmo “è una città techno e jazz allo stesso tempo: in altre parole, la città più post-italiana d’Italia”.
Per questo ci propongono 24 itinerari insoliti, da fare a piedi o in bicicletta, lasciando da parte i monumenti e le “bellezze” che si vedono (tipo Palazzo Reale, il Duomo, la Sindone, via Roma o la reggia della Venaria…) alla ricerca del/dei cambiamenti, dei luoghi insoliti o immediatamente poco visibili. Nel quartiere di San Salvario (ex-Bronx della città) si possono ad esempio andare a cercare gli ex bagni pubblici ora ristrutturati e trasformati in centro d’incontro, o la casa dei pipistrelli o quella con sulla facciata undici busti di prostitute, la casa natale di Natalia Ginzburg o gli ex gelidi uffici del quartier generale della Fiat. Nel quartiere Cit Turin si può invece “andare per liberty”e ammirare le decorazioni e i ferri battuti di Casa Macciotta o di Casa Fenoglio La Fleur o del Villino Raby, ma anche il razionalismo dell’ex Casa del Balilla. E poi via via tra vecchie carceri in disuso e giganteschi mercati all’aperto, santuari sconosciuti ai più e “boite” (fabbrichette) trasformate in loft, panifici o parchi neonati.
La mappa di un cambiamento che non è solo merito delle amministrazioni comunali, come ammette lo stesso neo-sindaco Fassino, ma “trasformazioni” come “fatto collettivo”. Insomma, una guida intelligente e “diversa”. Un esempio da ripetere (sia come città e sia come libro).
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.