Ganvié si trova a 25 km a Nord di Cotonou, in Benin, sulla strada per Abomey. È soprannominata la Venezia d'Africa. È un villaggio lacustre sul lago Nokoué, un grande bacino di 150 chilometri quadrati e pochi metri di profondità, sulle cui rive vivono circa 65.000 persone, distribuite in una quarantina di piccoli villaggi lacustri, costruiti su palafitte
Ganvié, Venezia sulle palafitte
01-07-2009
di
Valeria Viola
La storia di Ganvié
La storia della fondazione di questo villaggio narra che la popolazione Fon di Abomey era composta da guerrieri e trafficava con i negrieri. Per non essere catturati e presi come schiavi, si doveva fuggire. Il re dei Tofinou, Agbogdobé, aveva dei grandi poteri voudun.
Attaccati nel 1717, il re si trasformò in sparviero per provare a mettersi in salvo e così, sorvolando la laguna, scoprì l’isola di Ganvié. La sua gente restava però sulla riva senza passare, allora fece un’altra magia e si trasformò in coccodrillo e portò sul dorso la comunità.
I costumi dei Fon proibivano a questi guerrieri di avventurarsi sulle acque, coscienti che i soldati del regno di Abobey non avrebbero potuto nuotare. Gli ofinou si costruirono un villaggio sull’acqua e in questo modo riuscirono a sfuggire alle razzie dei guerrieri Fon. Il nome Ganvié viene dalla lingua Fon Gan (salvezza) Vié (collettività): “la comunità è salva”.
Il capo dell’acqua
Da una popolazione di 4000 persone nel XVIII secolo, oggi sono diventati circa 65.000. Vivono di pesca e gestiscono le acque come se fossero terra: c’è un capo tradizionale, il capo dell’acqua, che ne ha la proprietà. La superficie lacustre infatti è divisa in parcelles delimitate da recinti di palme e mucchietti di rami. Dentro questi recinti nuotano i pesci che vengono pescati dal proprietario di suddetta parcella. E i pesci sono pochi sia a causa del sovraffollamento della zona che dell’inquinamento.
L’acqua del lago oggi è talmente sporca che costituisce un grande rischio per la salute della popolazione, così come per i diversi organismi garanti della biodiversità.
Nel piccolo ospedale (dove spesso non c’è acqua) si curano sopratutto malattie gastriche e altre dovute alla mancanza d’igiene e di acqua potabile.
Il villaggio è molto sporco, ci sono rivoli di fogne che fanno una puzza tremenda. I maiali, le galline rovistano nei rifiuti che sono ovunque. Al posto dei bagni ci sono dei bugigattoli di lamiera che riversano i rifiuti organici direttamente nell’acqua, la stessa dove ci si lava. I villaggi sono di difficile accesso anche per le autorità e la popolazione, che non è censita ed è discriminata dall’amministrazione anche per la richiesta di un semplice documento d’identità.
La venezia africana
Ganvié è chiamata suggestivamente la Venezia Africana. Qui l’acqua non manca, è vero, anche il mercato si svolge sulle piroghe, ma le condizioni del suo utilizzo sono le più precarie possibili. Oltre ad essere salata – perché il lago è collegato al mare attraverso un canale -, l’inquinamento è totale, provocato dall’inesistenza quasi assoluta di “installazioni” igieniche e dalla grande quantità di “carcasse” di animali buttate nel lago.
Emmaus lavora là con diversi “progetti” tra cui l’accesso all’acqua potabile. I lavori consentiranno a 65.000 persone di alcuni villaggi situati sulle rive del lago, di accedere all’acqua potabile e l’apprendimento delle corrette pratiche per l’uso dell’acqua e il mantenimento delle strutture. L’iniziativa impegnerà maestranze locali e coinvolgerà gli abitanti dei villaggi che diventano parte attiva nelle varie fasi di progettazione, durante la realizzazione e nel mantenimento delle strutture.
Per aiutare la popolazione del lago Nokué a risolvere il grave problema della mancanza di acqua potabile, il movimento “Emmaus” internazionale sta realizzando un “progetto” nella regione. I due obiettivi dell’iniziativa sono educare la popolazione locale a rispettare le regole fondamentali d’igiene e di tutela ambientale dell’acqua del lago e creare un sistema di trattamento per poter disporre di acqua potabile in quantità sufficiente al consumo di tutta la popolazione del lago.
L’accesso all’acqua apporterebbe alla comunità molti benefici: oltre a fermare il degrado ambientale, si avrebbe una ridinamizzazione dell’economia locale, grazie a una popolazione sana, più atta al lavoro; a uno sviluppo del turismo ecologico, con una navigabilità più facile, un ambiente più sano e la biodiversità stimolata; a una migliore produttività agricola, attraverso la valorizzazione dei rifiuti solidi e liquidi trattati; e una migliore pescosità. Con un’acqua meno inquinata.
Un altro fatto significativo è che i fondi per finanziare il “progetto” non provengono da “enti pubblici” locali o internazionali, ma sono il risultato del lavoro quotidiano di migliaia di riciclatori del movimento sparsi in tutto il mondo.
Ancora una volta, dunque, o luxo do lixo (il lusso della spazzatura) dicono i comunitari di Emmaus brasiliani, permette di far nascere la vita.