Noi siamo depressi, loro sono depressi ma chi organizza la Depressione?
08-08-2011Sono vent’anni che il capitalismo, tutore delle libertà, governa il mondo senza la concorrenza nefasta del comunismo e dopo vent’anni ecco un nuova depressione più grave di quella di tre anni fa. Nel girotondo delle Borse depresse tutti stanno perdendo e l’angoscia rimbalza da una radio all’altra, voci tv che dipingono di rosso i disastri delle piazze finanziarie. E la domanda corre in tante lingue: cosa succederà? Stiamo diventando più poveri, se non poverissimi ma non proprio tutti, a dire il vero: qualcuno guadagna e su chi perde il dubbio non c’è.
Perdono miliardi di persone senza nome e senza risorse da giocare nella roulette della finanza, ma perdono anche i giocatori che si erano illusi di condurre i girotondi e alla fine ne sono espulsi senza capire perché. L’egemonia delle corporazioni condiziona le ambizioni politico- economiche dei paesi G8, G10,G20, numeri di scena perché le strategie che condizionano la vita di tutti vengono prese altrove, fuori da luci e da proclami: sussurri più o meni segreti. Dopo 70 anni di obbedienza disciplinata ci si accorge che le agenzie private di rating, “imparziali e al di sopra delle parti” nel tutelare la trasparenza economica e la solvibilità dei mercati; queste agenzie sono molto al di sotto delle parti: negli ultimi 15 anni stranamente non hanno visto il marcio che cominciava a sconvolgere la prosperità delle società prospere.
Fiducia alla Enron (vicina al giovane presidente Bush) nel cui rogo sono bruciate le fortune di mezz’America. Fiducia perfino alla Parmalat, fiducia – soprattutto – ai bonus dello sviluppo immobiliare che all’improvviso si inginocchia lasciando in eredità alle banche milioni di abitazioni senza valore. Non sempre errori innocenti. L’inchiesta pretesa da Obama porta alla luce pratiche diciamo disinvolte. Prima di valutare i titoli nelle mani o nel progetto di acquisto dei risparmiatori, agenzie come Standard&Poor’s prendevano accordi con le banche che emettevano i titoli sotto osservazione ed è un caso che lo strabismo nefasto nel garantire carte stracce, rientri negli errori delle agenzie troppo vicine alle banche coinvolte. Insomma, conflitto di interessi che arricchiva gruppi delimitati e travolgeva risparmiatori ignari.
Per contrastare il confitto macroscopico e deleterio nel favorire le speculazioni, tre anni fa l’Unione Europea aveva in mente di creare un’agenzia cane da guardia degli interessi del continente. Ma anche a Bruxelles le lobby non scherzano. Proposta acclamata, subito rallentata, quasi dimenticati e adesso S&P da New York manda in tilt le capitali dell’industria e della finanza, Italia e Spagna fanalini di coda che crollano, sembrano riprendersi e poi vanno giù di nuovo. S&P e le sue sorelle non sono le sole madrine del disastro: aiuti consistenti sono venuti da economie e politiche senza tenerezze. Eccone i motivi.
- 1. Il disagio delle popolazioni meno ricche e meno libere, può aiutare l’economia solo quando le inquietudini si trasformano in confronti armati di una certa dimensione. In questo momento languono . Ne risente l’industria pesante e il mercato che ne accompagna le fortune. Popolazioni arabe nelle piazze ma il tutto si è finora risolto nella guerricciola di Libia e la routine ormai insufficiente dell’Afghanistan, investimenti minimi e nessun impiego massiccio d’armamenti aprono un vuoto che esclude ricerca e mercificazione di una nuova generazione di armamenti.
- 2. I problemi energetici alimentano l’inquietudine da mezzo secolo. L’industrializzazione dei grandi paesi ex terzo mondo (India, Cina, Vietnam) pretende risorse da individuare, pretesa consolata dalla scoperta di nuovi giacimenti (soprattutto in Brasile), pretesa inquietata perché i territori preziosi non obbediscono al profilo degli stati caserma delle comode monarchie arabe assolute. In questo senso la democrazia è pericolosa: agita inquietudini che deprimono la fiducia dei mercati.
- 3. Le carestie cicliche e la disoccupazione giovanile generalizzata da cinque anni di instabilità economica, scoraggiano le Borse. La stessa solidarietà che in passato animava interventi produttivi, è ridotta a carità spicciola che non coinvolge minimamente i mercati.
- 4. Ma il problema grave è la mediocrità dei protagonisti politici ai quali la rappresentanza democratica affida la risoluzione delle crisi e le linee strategiche della ripresa. La destra repubblica dei Tea Party ha giocato al braccio di ferro con Obama incurante dei disastri che stava provocando nel mondo dell’economia e della finanza. Ma il Tea Party è un virus ormai diffuso ovunque. Il Tea Party dei brianzoli Bossi, Calderoni, ministro Brambilla inaugurano tre ministeri a Monza con l’allegria di chi non tiene conto di cosa stava succedendo a Wall Street. Senza contare la mediocrità bottegaia del presidente Berlusconi: impegna il Parlamento nel processo lungo che lo salva dalla probabile condanna Ruby per poi sbrigare la crisi con parole concrete come la promessa di aprire una casinò a Lampedusa. Vuoto insopportabile nella coalizione dell’euro e Banca Europea, Germania e Francia, ne commissionano il potere: l’ Italia dipende da loro e il Cavaliere obbedisce dalle vacanze in Sardegna. Non possono essere questi gli uomini ai quali affidare l’operazione ripristino della fiducia. Se deve essere così, val la pena perdere provvisoriamente la sovranità e lasciare che altri decidano per noi in attesa di una classe politica magari non eccellente ma appena normale.