PASSAVO DI LÌ – Private indecenze, pubbliche turpitudini
07-02-2011
di
Gino Spadon
Berlusconi, il nostro protettor preclaro, per salvar la Patria da scandalo inaudito e per proteggere il Sultan d’Egitto da vergogna immeritata, mandò la servizievole Nicole, a liberar la Ruby, nipote del rais, che in disadorne stanze giacea della Questura, rea d’aver (oh, quanto incauta!) sottratto minuscoli soldini ad ospite brasilera. Smessi, per breve tempo, gli indefessi servigi alla Regione e riavvolto il refe che sempre tiene daccanto per ripulir le zanne dell’Augusto Merneghino, la dolce Nicole corse là dove il dovere la chiamava e l’umana fratellanza. E perché la Ruby non sentisse il peso di tanta benevolenza (poiché l’esser grati in qualche modo umilia) ratta l’affidò a prostituta di gran cuore e gran riservatezza. Oh, dei del cielo, se il grande Mubarak non fosse astretto da così gravi cure ben avrebbe ringraziato il Salvatore facendogli dono d’indie baiadere valentissime nel dimenar e cosce, e grembo, e poppe, e ben tornite chiappe. Ma se così non fu, fu il nostro Parlamento a far gran doni a Colui che tutti ci salvò. E così gli fornì l’usbergo contro le infami toghe e affinché potesse danzar la giga col fiero sicambro di Gemonio, diede a costui brillantissima patacca frutto d’insigne, e inusitato, automanichetto. EJA! EJA! EJA!
Mi sono permesso di celiare un po’ sperando che lo scherno renda ancora più patente l’indegno fescennino recitato a Montecitorio dove una massa di lacché salariati (ché tali sono i deputati pidielloti e legaioli), facendosi beffe del buon senso, della decenza e del rispetto di se stessi, hanno ancora una volta sottratto al giusto processo colui che da troppo tempo ormai infanga il nome di questo paese. Li abbiamo visti tutti schiumar rabbia in nome della sacrosanta privatezza. Non può forse – blateravano – un pacifico cittadino godersi in santa pace, nel chiuso della sua dimora, un ben meritato svago? Quanta ipocrisia!!! Può forse, vien da ritorcere, il maestro dei nostri figli, col soccorso di bidelli ossequienti e un po’ bavosi, ricevere nella sua casa donnine allegre e praticar con loro ciò che si è convenuto chiamare il bunga bunga? Con quale faccia, con quale autorevolezza potrà costui tornare a scuola l’indomani e indottrinare i nostri figli sui valori della famiglia, della libertà, della fratellanza e dell’onore? Non basta forse il suo viso sfatto, il lungo pisolare durante le lezioni, le oscene lepidezze raccontate per mascherare il vuoto, le mille narrazioni oscene che su di lui dilagano a rendere edotti anche dei semplici pargoletti che l’uomo che sta loro davanti è maestro, sì, ma di volgarità, d’indecenza e di turpitudine?
Gino Spadon vive a Venezia. Ha insegnato Letteratura francese a Ca' Foscari.