Sulla scia del post sul “senatore Porcellum” scrivo l’ultimo intervento su quello spazio di libertà che è stato Domani. Accusatemi pure di essere un po’ troppo malizioso, ma a me viene il sospetto che queste sceneggiate indegne della Lega, siano state studiate a tavolino come un diabolico e osceno, gioco delle parti. “Vedi caro il mio Bossi – deve aver detto il Pallonaro meneghino al Rintronato lombardo – io non mi posso muovere. In tutti questi anni me ne sono così altamente fregato della povera gente che adesso non posso saltar su e mettermi a difenderla con l’aria di chi ha voluto esclusivamente il suo bene. Va bene che ho una faccia di bronzo, va bene che pidielloti e legaioli si sono nutriti finora di fandonie colossali, ma ho paura che mi farebbero un pertugio grande così, se adesso osassi rimettere i panni dell’uomo della Provvidenza. Ma tu, dall’alto della tua ormai cronica catatonia che ti esime da ogni rispetto del rigore cartesiano, tu non hai nessun obbligo verso la logica e verso la coerenza. Da quello scervellato che sei mettiti, tu e i tuoi, a fare una gran casino, ad accusare questo governo di ogni nefandezza, per esempio di affamare il popppolo, di soffocare la libertà, di venderci allo straniero e, sull’abbrivio, di’ pure che Mario Monti e i suoi ministri sono una massa di incompetenti. E fregatene se qualcuno ti chiederà dove tu sia stato in tutti questi anni in cui abbiamo governato assieme. Il popppolo, se non lo sai, ha questo di bello: che scorda presto.
Quando il clima si farà rovente, eccomi lì pronto a risfoderare le miei arti di puttaniere per intortare ancora una volta questo popppolo che, nonostante tutto, ama essere intortato. Mi farò serio e ricco di comprensione nei confronti del Mario Monti; verserò qualche lacrima sulla sua disperazione di uomo attaccato da tutte le parti, dirò che in fondo gli non fa che confermare la grande intuizione del buon’anima secondo il quale (parole d’oro!) governare gli Italiani è inutile. Per buttarla sul patetico aggiungerò che conosco bene le amarezze dell’incompreso, paragonandomi al Ganascia perfino nelle sventure amorose (il popppolo ama sempre il pimento dell’amore infelice). Arriverò perfino, una volta cinta l’aureala dell’uomo di Stato generoso e pensoso dei destini della Patria, a votare a favore di questo governo, precisando che se fossi stato ancora al potere avrei fatto cose ben diverse, senza naturalmente (mica sono scemo) dire quali.
Tu intanto dacci dentro con i tuoi borborigmi. Ti autorizzo fin d’ora, (non bisogna che ci sospettino di gioco truccato) a dire che ti faccio ridere, che ho tradito gli impegni, che mi sono alleato (questa è buona!) con i “cumunisti”. Potrai ritirar fuori quelle troiate (sempre d’effetto, anche se non ci credi neppure tu) sulla secessione, sulla Padania, sul Parlamento e sulla moneta padana. Sta sicuro che pur non vantandole queste troiate, non mi ci opporrò. Se sarai buono e bravo, se mi coprirai a dovere di maleodorante guano il Monti, affiderò al Trota la direzione del TG 4, tanto ormai l’Emilio è più rintronato di te. Dai, legaiolo della malora! Fammi fuori questi farabutti che mi hanno tolto la seggiola da sotto il culo”
Gino Spadon vive a Venezia. Ha insegnato Letteratura francese a Ca' Foscari.