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Lettere »

La logica della Chiesa monarchica feudale indica nuovo arcivescovo di Milano il cardinale Scola, legato a CL. Se la scelta lo confermerà, sarà difficile scacciare il sospetto che tra le varianti della decisione possa esserci il trasferimento del patriarca di Venezia nella capitale lombarda, per equilibrare la sinistra alla quale gli elettori hanno affidato il governo della città. E il governatore Formigoni (che sta scalando il Pdl) ne sarà felice

Piero STEFANI – Per “bilanciare” la vittoria di Pisapia, chi prenderà il posto del cardinale Tettamanzi deve appartenere a Comunione e Liberazione?

06-06-2011

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Nel 2011 Milano assisterà al rinnovo di due cariche. Una è già avvenuta con l’elezione di Giuliano Pisapia a sindaco della città: un fatto dalla valenza politica rilevante che, con ogni probabilità, sarà assunto nei libri di storia come svolta irreversibile nel declino politico dell’attuale presidente del consiglio. A seguito di questo esito elettorale si stanno infatti mettendo in moto dinamiche che diffondono, a vasto raggio, la convinzione secondo la quale Berlusconi ha imboccato, senza chance di recupero, il viale del tramonto. Pure se, ipoteticamente, non fosse così, l’esistenza di questa vasta percezione contribuisce in modo significativo a far sì che sia effettivamente così. Tutt’altro il discorso su quanto avverrà dopo: qui l’incertezza regna sovrana.

L’altra carica da rinnovare è quella di arcivescovo. Nel 2009, il cardinale Tettamanzi ha dato le dimissioni per raggiunti limiti di età. Come è ormai prassi, l’incarico gli è stato rinnovato per due anni. Anche questi ultimi sono ormai scaduti. Da mesi fioccano le previsioni sul successore. Se la nomina, non l’ingresso, fosse avvenuta prima delle elezioni amministrative, difficilmente qualcuno avrebbe ipotizzato una volontà da parte della Chiesa cattolica di influire sul risultato elettorale. È meno vero il contrario. Specie se la scelta, come molti prevedono, cadrà infine sul cardinale Scola, sarà arduo scacciare il sospetto secondo cui una delle variabili che ha fatto propendere la bilancia dalla parte dell’attuale patriarca di Venezia sia stata la presenza di Pisapia a palazzo Marino. Si tratterebbe di un sospetto tutt’altro che infondato, diretto a screditare ulteriormente l’immagine che la Chiesa cattolica offre di se stessa. Ancora una volta si è sbagliata, quanto meno, la tempistica. Anche se fatta con debito anticipo, una nomina come quella di Scola sarebbe stata inevitabilmente letta come una vittoria di CL, ma lo stile sarebbe stato meno compromesso. Se poi, ora, prevalesse un altro candidato, anche in questo caso sarebbe, ugualmente, dietro l’angolo il sospetto che la sua nomina sia stata influenzata da una variabile politica.

Legato al confronto tra l’elezione del sindaco di Milano e la nomina del futuro arcivescovo vi è, comunque, un aspetto più profondo di quello connesso alla cronaca politica. Dopo molti anni la sinistra riprenderà a governare Milano in virtù di un consenso che le viene dalla maggior parte dei cittadini. Con tutti i suoi limiti, il ricorso alle urne evidenzia, in modo efficace, le scelte della cittadinanza. Nulla di equivalente in seno alla diocesi ambrosiana. Qui si è in attesa di una nomina che viene dall’alto senza che sia possibile influenzarla in alcun modo.

Quando cambia un vescovo, i fedeli devono solo aspettare la decisione di Roma. Il nunzio indaga, consulta, propone terne (ma non sempre, per Milano non è stata fatta), infine consegna il plico al papa. Poi tutto procedere nelle stanze vaticane, finché giunge l’annuncio, secondo tempi e modi lasciati alla discrezione del pontefice. Il sistema di nomina dall’alto può avere esiti anche molto positivi. In base a esso, negli ultimi giorni del 1979, Carlo Maria Martini fu nominato, a sorpresa, vescovo di Milano. D’altra parte se, in quell’occasione, si fosse dato libero corso alle dinamiche interne alla diocesi ambrosiana, nessuno si sarebbe stupito se CL fosse riuscita a far vincere un suo candidato. Eppure il verticismo monarchico in base al quale si attende un pastore senza consultare le sue future pecore, continua a essere espressione di una Chiesa retta dall’equivoco di spacciare per tradizione irreformabile l’arroccamento attorno ad alcune specifiche fasi della propria storia.

Il fatto che, fino all’epoca medievale, il vescovo fosse eletto da clero e popolo, lungi dall’evitare abusi, spesso li favorì. Inserita in un sistema feudale, questa prassi garantì il predominio di alcune grandi famiglie. Per mutare clima si imboccò la via delle riforme. Nel caso della nomina del vescovo di Roma, dal 1059 essa è, per esempio, affidata ai cardinali. I nostri tempi sono lontanissimi dal Medioevo. Ogni riforma va a sua volta riformata. Avviare processi grazie ai quali i fedeli di una diocesi abbiano parte attiva nella scelta del loro pastore è opzione che solo una forma miope di gestione del potere si rifiuta di prendere in considerazione.

Nel 374 Ambrogio, governatore della provincia romana dell’Emilia-Liguria con sede a Milano, fu eletto, contro il suo parere, vescovo della città a furor di popolo. Ciò avvenne quando Ambrogio non era ancora battezzato (pur essendo già cristiano). Sulla scorta di questo precedente, qualche autore surrealista potrebbe scrivere una piéce teatrale al termine della quale Giuliano Pisapia siede a capo della diocesi ambrosiana. Non auspichiamo tanto. Ci basterebbe che si traessero le debite conseguenze dal fatto che la struttura monarchica e lo spirito feudale, lungi dal far parte dell’intima natura della Chiesa, ne rappresentano solo una fase storica avviata, da gran tempo, sul viale del tramonto. Tuttavia proprio la prolungata dilazione del crepuscolo, fa sì che essa sia ancora in grado di gettare lunghe ombre sul suolo ecclesiale.

Piero Stefani, filosofo, è impegnato nella ricerca religiosa: cristianesino, ebraismo e Islam. Le sue cattedre: Storia delle Religioni e Lingua ebraica biblica, Università di Bologna; Filosofia della Religione, Università di Ferrara; Religione di Israele, Università di Urbino. Direttore scientifico della Fondazione del Museo Nazionale dell’ebraismo italiano e della Sghao (Meis) con sede a Ferrara. È consulente e membro del comitato di esperti della Sae – Segretariato Attività Ecumeniche -, e membro del comitato scientifico e direttore del Notiziario Biblia. Fra i suoi ultimi libri “È Natale ancor” (Qiqajon, Comunità di Bose, Magnano); “Le religioni secondo Andrea” (Laterza); “L’Apocalisse” (Il Mulino).
 

Commenti

  1. Ho letto molto volentieri questo articolo che condivido.
    Se chi l’ha scritto è il Piero Stefani che io conosco a Biblia, sono orgogliosa del vicepresidente e contenta di trovare un cattolico parlante (sembra che i cattolici parlanti siano diventati una specie in via di estinzione) … se è un omonimo … mi congratulo comunque.
    Augusta De Piero – Udine

  2. Mauro Matteucci

    Anch’io condivido questa sincera e acuta analisi dei comportamenti della Chiesa, che probabilmentem in questo momento è solo preoccupata di soffocare le grandi speranze di una Milano di nuovo accogliente suscitate prima dal coraggioso magistero del cardinale Tettamanzi e poi dalla vittoria di Pisapia. Piero Stefani inoltre mi ricorda una persona straordinaria, Liana Millu, autrice di un libro indimenticabile “Il fumo di Birkenau” sui lager nazisti.Il suo belissimo articolo me ne rende ancora più viva la memoria.

  3. Io mi domando e dico:”è così necessaria la presenza di un prete molto spesso dediti ad infami piacevolezze?

  4. domenico boiochi

    E’ opportuno ridestare le menti dal torpore del “si fà così da secoli” e far notare che è sorto un nuovo giorno; almeno spero che non sia solo un bellissimo sogno ad occhi aperti.
    domenico boiocchi

  5. adriano castori

    Scola a Milano? Sono anni che noi a Venezia lo abbiamo come Patriarca e, francamente, almeno per me, che vada a Milano e/o in un’altra parte, fà solo piacere e dico “finalmente” spero solo che il suo successore non sia dello stesso livello politico-religioso ma meno, molto meno venale.

  6. Marco Giadrossi

    L’ipotesi della nomina di Scola a Milano circolava già dall’autunno scorso, quando una qualunque vittoria delle sinistre andava oltre ogni immaginazione fantapolitica.
    Venezia potrebbe mai meritarsi il cardinale Ravasi?

  7. Giuliano Lorenzetti

    La chiesa da sempre cerca di influenzare la politica spesso per meschini calcoli di bottega che tuttavia sono solo destinati a perdere sempre più il contatto con i cattolici più informati e progressisti.
    Ma mi preme di commentare il declino di Berlusconi a cui si fa cenno nella prima parte dell’articolo.
    Era inevitabile che un uomo che ha fatto dei suoi sterili ed inutili gli annunci la sua unica politica
    prima o poi arrivasse al capolinea. Ma che dire degli esponenti della Lega che invece pensavano di raccogliere i frutti di un precedibile declino?
    E che dire dei simpatizzanti della Lega che hanno tardato così tanto a capire ?

    vdeclino

  8. Gianluca Brandato

    a prescindere dal contenuto dell’articolo, che è parzialmente condivisibile…ma come scrivi?!

  9. Luigi Carrera

    interessante l’articolo per l’analisi e per la visione politica dei meccanismi di selezione e promozione delle gerarchie della Nomenclatura della Chiesa Cattolica.

    sicuramente ci sarebbero da rivoltare le attuali logiche che dominano la Curia Vaticana, a quando una “rivoluzione” da parte dei “credenti”,che spesso non coincide con creduloni.

    quali armi abbiamo e quali strade si possono percorrere per evidenziare il problema?

    personalmente da sempre il mio otto per mille non lo sottoscrivo per la Chiesa ma lo destino ad altri, può essere un modo per far arrivare un segnale?

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