La Lettera

Per Terre Sconsacrate, Attori E Buffoni

Governo denunciato

di

L’ho fatto. L’avevo scritto, l’ho fatto. Stamani sono stato alla Procura della Repubblica di Firenze e ho denunciato il governo. Ho presentato due esposti recanti la “notitia criminis” concernente il favoreggiamento dello squadrismo, il primo, e varie fattispecie … continua »

Dire, fare, mangiare

E la chiamano cellulite

di

L’estate ci mette a misura con il nostro corpo. La maggior parte delle donne si confronta con il problema della cellulite. Premesso che la cellulite è molto diffusa e non si può prescindere da una predisposizione personale ad averla o … continua »

Lettere »

Pietro Citati scrive che «la Chiesa ha cessato di essere quell’arca nella quale la coscienza del peccato è compensata dalla gioia della grazia». Ma la Chiesa non può restare un residuo dei tempi antichi quando il peccato non la penetrava (preti pedofili e affari) come oggi succede, causando la profonda afflizione di Benedetto XVI. Ma il Concilio Vaticano II ha riportato i tempi della Chiesa ai tempi della società. E il paradiso entra nella vita quotidiana degli operai pagati giustamente per il lavoro, dei volontari premiati moralmente per l’impegno. L’orologio della Chiesa non deve tornare al medioevo

Raniero LA VALLE – Perché la Chiesa dimentica il “paradiso in terra”?

19-07-2010

di

Sta emergendo, negli osservatori esterni, un sentimento di tenerezza e compassione verso Benedetto XVI a causa della sua profonda afflizione per “il peccato penetrato nella Chiesa” ed esploso con i preti pedofili e qualche incidente di percorso dei suoi maggiori prelati. Da ciò a un giudizio generale sullo stato della Chiesa il passo è breve, e lo ha compiuto da ultimo Pietro Citati, che però usa categorie di giudizio che dimostrano quanto poco il rinnovamento del Concilio abbia modificato il modo in cui la Chiesa viene percepita dal mondo.

Dice infatti Citati che il problema non è il peccato, perché anzi senza l’angoscia del peccato il cristianesimo nemmeno potrebbe esistere; il rischio è invece che la Chiesa cessi di essere quell’“arca” nella quale la coscienza del peccato è compensata dalla gioia della grazia. Il rischio a suo parere è che la Chiesa cessi di essere “un’eccezione” rispetto al mondo che vive la sua avventura moderna. La Chiesa, secondo la visione un po’ giansenista (Pascal) espressa in questo articolo, non deve affatto essere moderna, anzi deve restare un residuo dei tempi antichi, il paradosso che contraddice la ragione, qualcosa di originario e straordinario che ignora le norme della società e della politica; e di conseguenza i suoi preti non devono essere “uomini come gli altri”, quasi fossero pastori protestanti, ma anzi devono riprodurre lo spirito degli antichi eremiti, e fare della castità e del celibato un segno di elezione, il segno della distanza, della differenza, dell’eccezione rispetto “al resto della vita”; cose di cui per fortuna, nonostante tutto, sussisterebbe qualche retaggio anche oggi.

Ora la domanda è: perché il mondo insiste su questa figura di Chiesa? Questa infatti è la figura sublimata della Chiesa professata prima del Concilio, a cui non corrispondeva affatto la Chiesa reale; e proprio Citati altra volta ha dato di quella Chiesa preconciliare una descrizione impietosa. Quello che ha fatto il Concilio non è stato certo di spegnere il paradosso o di togliere al Vangelo la sua forza di scandalo rispetto alle pratiche del mondo. Quello che ha fatto il Concilio è stato però di rimettere la Chiesa nel mondo e di riconoscere che questo paradosso e questo scandalo non vogliono affatto essere “un’eccezione rispetto al resto della vita”, ma vogliono essere precisamente questa vita; non dunque da riservarsi alla Chiesa come a un’arca sottratta alla rovina, ma da destinarsi all’umanità tutta intera oggetto dell’elezione di Dio.

A ben vedere, al di là di tutto il riformismo ecclesiastico (ciò in cui il Concilio non è riuscito), l’aggiornamento (cioè la rivisitazione nelle forme del pensiero “moderno”) promosso da Giovanni XXIII, ha riguardato proprio la riproposizione della fede come comprensione (o “ermeneutica”) del mondo e come possibilità offerta a tutti, e dunque compatibile con la vita reale.

E la prima cosa che ha fatto il Concilio è stata precisamente di liberare l’uomo dall’idea del peccato come destino, quale era percepito dentro le categorie.del peccato originale; e di fare invece della scelta tra il bene e il male un connotato della libertà, identico per l’uomo moderno come per il primo uomo, in quanto la libertà è e resta un “segno privilegiato” dell’immagine di Dio nell’uomo. Il Concilio non fa alcun riferimento alle conseguenze devastanti che il primo peccato avrebbe avuto sull’intero genere umano, quasi attribuendo all’uomo una seconda e più inferma natura, ma dice che anche dopo la caduta Dio “non lo abbandonò”, non lo privò degli aiuti necessari alla salvezza e per conseguenza non lo scacciò da nessun giardino. E l’incarnazione non è narrata come un’operazione di riscatto per estrarre dall’umanità una porzione di eletti o di salvati intesi come Chiesa, ma come un dono di grazia e una vocazione per gli uomini tutti. Di conseguenza non c’è questa imparagonabilità della Chiesa col mondo, perché è proprio della totalità umana a lui unita nel Figlio, che Dio ha voluto fare il suo popolo. E qui, se vogliamo, sta il vero fondamento della laicità, non irreligiosa, del mondo.

Questo cerco di dire in un libro che uscirà il 16 settembre, intitolato “Paradiso e libertà; l’uomo, quel Dio peccatore”. Vi si racconta come una legge bolognese medioevale che aveva restituito ai servi la libertà fosse chiamata “Libro Paradiso”; il Paradiso è dunque il luogo dove gli uomini vengono a libertà. Ma guai se gli uomini fossero liberi solo in Paradiso, e se il mondo della fede fosse il “totalmente altro” dal resto del mondo. Se il Paradiso è libertà, perché lì abita Dio la cui immagine è la libertà, e se Dio è venuto in questo mondo, ogni volta che sono liberati dei prigionieri, che si chiudono le Inquisizioni, che sono sconfitti i mafiosi, che acquistano diritti gli operai, che escono le donne dalle mani di padri e padroni, e ogni volta che il mondo è amato così, si stabilisce un pezzo di paradiso in terra; e ogni volta che questo accade, si accorciano le distanze tra i due paradisi, e l’uomo, se è divino, può trovarsi a casa sua in ambedue le città.

Raniero La Valle è presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione. Ha diretto, a soli 30 anni, L’Avvenire d’Italia, il più importante giornale cattolico nel quale ha seguito e raccontato le novità e le aperture del Concilio Vaticano II. Se ne va dopo il Concilio (1967), quando inizia la normalizzazione che emargina le tendenze progressiste del cardinale Lercaro. La Valle gira il mondo per la Rai, reportages e documentari, sempre impegnato sui temi della pace: Vietnam, Cambogia, America Latina. Con Linda Bimbi scrive un libro straordinario, vita e assassinio di Marianela Garcia Villas (“Marianela e i suoi fratelli”), avvocato salvadoregno che provava a tutelare i diritti umani violati dalle squadre della morte. Prima al mondo, aveva denunciato le bombe al fosforo, regalo del governo Reagan alla dittatura militare: bruciavano i contadini che pretendevano una normale giustizia sociale. Nel 1976 La Valle entra in Parlamento come indipendente di sinistra; si occupa della riforma della legge sull’obiezione di coscienza. Altri libri “Dalla parte di Abele”, “Pacem in Terris, l’enciclica della liberazione”, “Prima che l’amore finisca”, “Agonia e vocazione dell’Occidente”. Nel 2008 ha pubblicato “Se questo è un Dio”. Promotore del “Manifesto per la sinistra cristiana” nel quale propone il rilancio della partecipazione politica e dei valori del patto costituzionale del ’48 e la critica della democrazia maggioritaria.
 

Commenti

  1. Saluto Raniero La Valle, che, come sempre sa esprimere parole profonde, di fede e di libertà. Leggerò con piacere il suo libro. Avevo letto l’articolo di Citati in questione ed ero rimasta molto perplessa. La mia generazione ha subito la visione del cattolicesimo preconciliare, visione dalla quale è stato e qualche volta è ancora difficile e doloroso liberarsi. Condivido il pensiero di Raniero La Valle.

  2. Antonio Tateo

    Per una vita sono stato emarginato rivolgendo a me
    l’indice accusatore di essere un “catto-comunista”.
    Solo perchè intendevo il mio cristianesimo segnato
    da un una scelta “sociale” del mio credo. Don Milani,
    Don Sturzo, Don Bosco, Don Dossetti, l’elenco sarebbe
    molto più lungo,sono stati i preti di riferimento per
    il loro comportamento “umano” e “sociale”.
    Tetsimoniavano come Cristo che viene condannato
    alla crucifissione cruenta, non a testa in giù come facevano i latini sulla via Appia, perchè aveva vissuto facendo saltare tutti i modelli di vita degli ebrei domuinanti e condivisi dai Romani, Come l’attuale “borgesia” pregnata di privilegio per i Farisei e mnon per i “cani” che erano i non ebrei.
    Matteo 7,14.
    Nonostante tutto, sono del parere che vincere le proprie debolezze e demolire i propri privilegi
    sono azioni ancora possibili per un “cristiano” ecumenico e convinto di essere un prodotto della vita voluta da Dio.
    Antonio Tateo

  3. mario

    ho espresso altre volte il mio modesto e forse ininfluente parere sulle debolezze colossali della cristianità, ovvero di quell’ordine di valori che traggono ispirazione da Gesù Cristo, per diventare qualcosa di diverso, qualcosa di altro.
    Sono pertanto certo che desterò ancora qualche dissapore.
    Ritengo che il Fondatore del cristianesimo inorridirebbe davanti alle telecamere di un ipotetico intervistatore, e credo che darebbe pedate a buona parte dei suoi cosiddetti rappresentanti, come già fece coi cambiamonete nel tempio.
    L’artificio della Chiesa Cattolica sta nell’aver reso tortuoso quel chiaro e limpido sentiero dritto che era stato delineato in Principio.
    Si dimenticano – i teorizzanti – che c’è un’origine molto semplice a monte delle complicazioni senza fine, intellettuali e\o intellettualoidi, artificiosi, a volte criptici e altre sofisticatissimi e autoreferenziali; a monte di tutto c’è quello strepitoso sentimento – che è una forma di energia fondamentale potentissima – ceh si chiama Amore… e non sto parlando di materiale romantico e\o sensuale, ma di quella condizione del cuore che trasforma l’azione (e le parole) in CHIAREZZA.
    Leggedo l’articolo di Della Valle, non me ne voglia, o leggendo lo scritto d’altri simili, si percepisce dell’altro, proprio come summa rappresentativa di questa opposizione alla chiarezza e alla semplicità che fu tipica del linguaggio sublime ed elementare, eppure profondo, di quell’Uomo.
    Ritengo che ciò che chiamiamo cristiano oggi, sia un’altra cosa.

  4. Carissmo Raniero e Cettina,
    Ti ho di nuovo incontrato.
    Fra due giorni sarà visibile la mia radiointernet:www.radiolafine.com. Mi daebbe oiacere se la visiti e mi dici il tuo parere.

    Daniel Lifschitz

  5. filippo angileri

    GRAZIE DELL’ARTICOLO

I più votati

--

I più scaricati

--