"Non drogate chi non sopporta il dolore. Ma sarà poi vero che soffrono tanto?" Tacciamo per carità di patria gli alibi etici che esaltano "il valore redentore della sofferenza". Comincia un federalismo sanitario che trasforma l'unità d'Italia in una pelle di leopardo
Perché un malato deve sopportare atroci dolori? Lombardia ed Emilia Romagna proibiscono di alleviare le sofferenze per tutelare la “dignità” di chi sta male
09-12-2010
di
Gustavo Ghidini
Il trattamento del dolore è una conquista. Anche attraverso questo si misura il grado di civiltà di una società. “Esistono malattie incurabili, ma non esistono malati incurabili”, è il motto che dovrebbe ispirare le cure, perché di cure si tratta a tutti gli effetti, a tutti i livelli. In questo campo, una grande conquista del nostro Paese, attiene alla possibilità di utilizzare oppiacei per alleviare le sofferenze del paziente. In Italia, quindi, dovrebbe essere un protocollo condiviso quello che prevede la somministrazione terapeutica di queste sostanze a tutela delle sofferenze e della dignità della persona. Invece così sembrerebbe non essere. Abbiamo letto in proposito un dato sconcertante: alcune regioni come Emilia Romagna, e questo dato rappresenta una sorpresa, e Lombardia, un po’ meno sorprendente, stanno sostanzialmente boicottando la piena applicazione delle normative che autorizzano l’uso di oppiacei per combattere i dolori, a volte atroci, dei malati.
Questo atteggiamento è sconcertante per una serie di motivi che cercherò di seguito di analizzare premettendo però che, già il fatto che vi sia un dibattito su questo tema, appare l’ennesima testimonianza dell’arretratezza culturale del nostro Paese. Ricordiamoci sempre che è proprio di dignità della persona che stiamo discutendo e che proprio questa dignità è messa a rischio.
Il primo motivo di sconcerto riguarda l’inumanità ottusa di simili atteggiamenti, che si nascondono (lo ha ben rilevato Mario Pappagallo sul “Corriere della Sera”) dietro falsi alibi del tipo “drogano il malato” o altri ancora più rivoltanti “ma sarà vero che soffre tanto? I malati spesso esagerano”. È ben vero che entrambe le questioni sono da considerare. Gli oppiacei sono una droga e il livello del dolore è difficilmente definibile con una certezza del 100% essendo, poi, evidente che la percezione del dolore è soggettiva. Chi oppone questi alibi, però, finge di non ricordare che questi dibattiti già sono stati svolti e che i protocolli ormai sono definiti e tengono conto anche di queste variabili. E comunque, nel dubbio, logica e umanità vorrebbero che il medico utilizzi tutti gli strumenti a sua disposizione per la tutela della dignità del paziente.
Tacciamo per carità di patria gli altri finti alibi, di stampo “etico” (virgolette d’obbligo) che rimandano al “valore redentore del dolore” e simili bestemmie contro la dignità della persona umana nel momento massimo della sua fragilità. L’altra ragione di sconcerto è di carattere istituzionale. Ci avviamo a un federalismo sanitario a macchia di leopardo in funzione del tasso di bigottismo dei governanti? Il problema è grave: va al cuore delle prestazioni sanitarie che devono essere garantite ai pazienti (cittadini e immigrati), indipendentemente dalla regione di residenza o di dimora.
Il ministro Fazio si è lodevolmente impegnato per la terapia antidolore. È un medico, e non è un bigotto. Sarebbe paradossale che il suo successore, se cambiasse il governo, dovesse appoggiare quell’indegno boicottaggio.
Gustavo Ghidini è ordinario all'Università di Milano, fondatore e presidente onorario del Movimento Consumatori. È anche cofondadore dell'associazione Pubblici Cittadini.