Nei giorni scorsi, secondo El Pais Pisapia avrebbe aggiunto "dai 7 ai 10 punti" al 48 per cento del primo turno. Il trionfo napoletano di Luigi de Magistris sarebbe stato dovuto "alla sua capacità di unire tutte le forze di opposizione, inclusi i centristi". Anche Massimo Zedda, giovanissimo candidato di Nichi Vendola, veniva dato per vincitore a Cagliari
Pisapia e de Magistris hanno vinto, i giornali stranieri l’avevano annunciato
29-05-2011Madrid – “La destra precipita in Italia: risultato peggiore di quello che ha travolto i socialisti in Spagna”. El Pais (il quotidiano più importante) aveva pubblicato nei giorni scorsi i sondaggi di esperti e partiti di opposizione. La legge elettorale vietava di renderli noti mentre si votava e in Italia si è votato fino alle 15 di lunedì 30 maggio, ma i giornali stranieri – non solo spagnoli – anticipavano le previsioni elaborate da analisti che avevano raccolto gli umori di quel popolo “al quale Berlusconi si è finora aggrappato nella speranza di vanificare le inchieste dei magistrati. ‘Il popolo mi ha confermato la fiducia, bisogna rispettare le decisioni del popolo'”.
Purtroppo le previsioni hanno sfilato lo sgabello retorico e il capo del governo è rotolato a terra. Ecco i risultati, confermati dal responso delle urne. Vittoria dell’avvocato Pisapia, candidato a Milano, città dove Berlusconi è nato, capitale delle preferenze che da sempre raccoglie. Pisapia ha aggiunto tra i 7 e i 10 punti al 48 per cento del primo turno. Trionfo per l’opposizione, sconfitta per il governo. Nel pozzo della disperazione il Cavaliere trascina anche la Lega del Bossi, alleato fidato, ma che da settimane brontola per l’impostazione “troppo personalizzata e drammatizzata” della campagna elettorale.
Insomma perde solo Berlusconi e non il sindaco uscente, la signora Letizia Moratti, colpevole di averlo seguito nella strategia del fango. A Napoli vince l’ex magistrato Luigi de Magistris, candidato dell’Italia dei Valori. Secondo a sorpresa al primo turno dietro Gianni Lettieri, concorrente sostenuto da un deputato del Popolo della Libertà del quale la magistratura aveva chiesto l’arresto per la sua vicinanza alla camorra. Dopo anni di letargo nell’oziosità burocratica e affaristica delle amministrazioni comunali (sindaco ex democristiano Rosa Russo Jervolino) e regionali (presidente Bassolino, Pd), un nuovo entusiasmo ha resuscitato la città. La speranza di de Magistris sindaco al di sopra dei partiti non umilia solo la destra berlusconiana nella capitale dell’Italia mediterranea, ma anche il Partito Democratico che aveva preferito a de Magistris un prefetto in pensione. Arriva un successo che si deve al carisma e alla chiarezza: “Hanno riunito attorno alla sua persona tutte le forze dell’opposizione compresi i centristi”. “Buone speranze a Cagliari e a Trieste”, ha scritto profeticamente El Pais senza precisare i numeri delle analisi.
“Adesso cosa succede?”, si è chiesto Miguel Mora, corrispondente da Roma, al quale Berlusconi ha sempre negato un’intervista. “In questi giorni il primo ministro è apparso nervoso, quasi terrorizzato. Sa bene che se i sondaggi verranno confermati e gli elettori gli voltano le spalle il suo governo sarà in pericolo”. Ecco perché ha messo la benda prima che la ferita si aprisse: “Lascerò Palazzo Chigi appena avrò riformato la giustizia”: quando ancora si stava votando, aveva fatto sapere che non se ne sarebbe andato. Mora ricordava lo sbalordimento di Obama, a Deauville, davanti al presidente del consiglio italiano piagnucoloso a proposito dei giudici comunisti che lo perseguitano.
Ricordava lo sconcerto e il silenzio del presidente americano. Ricordava che la destra non è stata travolta solo dal “popolo rosso”: la borghesia industriale milanese ha mollato il Cavaliere. Ricordava Emma Marcegaglia, presidente degli industriali italiani, che alla vigilia del voto ha guidato la marcia di protesta degli imprenditori veneti sul filo del “non siamo contro nessuno, ma chiediamo che la politica si svegli per non trascinare il paese e il nostro lavoro in un disatro che ci allontana dall’Europa”.
La considerazione di Miguel Mora sul dopo “mette in fila l’inerzia dei partiti della tradizione”. I tre favoriti alla vittoria, diventati anche i vincitori, non appartengono a questi partiti: hanno guidato liste civiche con idee piuttosto progressiste che hanno scosso l’opposizione su scala nazionale. La necessità di girare a sinistra ha aiutato Romano Prodi a vincere due elezioni e può ammonire con crudezza anche il Pd. Ma Massimo D’Alema – insieme a Pier Luigi Bersani – sembra ancora disposto a corteggiare i democristiani del centro. L’ora del cambio generazionale che si è concretizzato a destra suona anche per la cupola del Partito Democratico con un pericolo, conoscendo le abitudini italiane: che il rinnovo scivoli nella balcanizzazione dei grandi partiti, orgia perpetua delle lotte intestine”.
Solo chiacchiere e previsioni dei giornali stranieri? Mica tanto, a giudicare dall’esito delle urne.