Eppure non ci siamo mai sentiti né magnaccia, né puttane. Abitudine che sopravvive e che ci sopravviverà. Sospirava Flaubert pensando all’immortalità della sua Madame Bovary. Noi ne godiamo ogni giorno aspettando la prossima puntata
Postribolo (1) – Che bello vivere nel “puttanaio” dei rotocalchi, carta e tv
27-01-2011
di
Marco Lombardi
“Muoio come un cane e quella puttana di Emma Bovary vivrà in eterno”. Pare che queste parole accompagnarono il commiato di Gustave Flaubert dal mondo dei vivi, imprimendo un marchio indelebile alla sua eterna creatura. Ma quanto il livore del moribondo influì sul perentorio giudizio dello scrittore? I lettori appassionatisi alle cronache della signorina Rouault, piuttosto che di Lady Chatterly, della signora Daisy in Buchanan o di Holly Golightly, sanno bene che i loro scultori a ben altro ambivano che a sfogare il pessimismo del maschio tradito e abbandonato. Riconoscevano nelle fughe narrate, nella descrizione dell’impulsiva incoerenza ed infedeltà femminile, il naturale movimento di esseri il cui nido è il sogno e la ricerca di esso nell’idolatria dell’uomo immaginato.
Oggi, che la cultura alta, se mai si possa fare un distinguo netto per livelli verticali, la si fa soprattutto attraverso i rotocalchi ed il gossip, non si può certo dire lo stesso. La realtà non solo ha superato la finzione, ma si è sostituita ad essa, amalgamando fatti e narrazioni in un melmoso reality che ci fa tutti protagonisti immedesimati e mai come oggi la profezia si autoadempie. Accade così che la trama di intercettazioni, scandali e calunnie ci entra dentro e noi in essa. Ne restiamo avvinghiati per non perderci nella solitudine universale e al tempo stesso la medesima ci si annoda addosso: come una preda in trappola, ogni movimento rafforza la morsa della rete; ma è anche una rete di protezione, per non cadere nel nulla.
Abbiamo vissuto l’Italia delle case chiuse, delle figlie, sorelle, fidanzate e mogli segregate a forza di botte alla luce del sole, dell’adulterio femminile come attenuante del delitto d’onore. Eppure, anche allora, non ci sentivamo puttane, non ci sentivamo magnaccia né puttanieri. Uso il noi, perché la merce e il compratore sono il rovescio di una medesima identità, dove chi vende e chi compra si sente, in fondo a se stesso, preda e cacciatore. Pensiamo che, dopotutto, è la natura umana a prevalere, poiché così fan tutti e, benché una larga fetta della popolazione continui a non pagare per un corpo da toccare e penetrare né quest ultimo a riscuotere per donarsi, accettiamo piuttosto placidamente l’immagine deformata resa dallo specchio dei tempi. Un’immagine che ci sopravviverà a lungo, impressa indelebilmente nella retina dell’occhio che scruta ed è scrutato.
Marco Lombardi, nato nel 1977, laurea in Scienze Politiche conseguita alla Cesare Alfieri di Firenze, vive da sempre nella cintura del capoluogo toscano, dove attualmente si occupa di politiche sanitarie. Ha lavorato nel settore delle politiche sociali, seguendo progettazioni in materia di politiche giovanili, adolescenza, sport, immigrazione e cooperazione internazionale.