Gianfranco PASQUINO – Provocazione nel Paese senza ministri degli esteri: con Emma Bonino al posto di Frattini avremmo salvato almeno la dignità
31-03-2011Sorpresa: Berlusconi non è stato invitato al pre-vertice sulla Libia fra Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania. Più che un affronto è sicuramente stato un errore escludere un Primo Ministro al tempo stesso tanto autorevole e, soprattutto, tanto amico di Gheddafi. Oppure dobbiamo maliziosamente ipoteizzare che l’esclusione di Berlusconi sia motivata proprio dal suo essere troppo amico di Gheddafi, sinceramente “addolorato” da quanto sta capitando al leader libico. Lo stesso di cui baciava con trasporto mano e anello, assolutamente poco interessato alle modalità con le quali si risolve quella che non è la crisi libica quanto il tentativo di buona parte di un popolo di liberarsi dall’oppressione ultraquarantennale di un dittatore sanguinario?
Qualcuno, oltre all’ineffabile Frattini che, di riflesso, in Europa non conta quasi nulla, anche Massimo Cacciari, non è noto sulla base di quali informazioni, vagheggiava addirittura di un ruolo da mediatore da affidare a Berlusconi. Si è visto mai che un amico dei dittatori, che non sa distinguere fra egiziani e marocchini, che non riesce a telefonare né ai consoli né agli ambasciatori di quei paesi, diventi magicamente in grado di porsi in una posizioni ritenuta affidabile e credibile da chi, insorti e ribelli, Unione Europea e leader arabi, vuole sbarazzarsi proprio di quel dittatore? E’ plausibile che il prestigio sulla scena internazionale e europea possa essere acquisito avendo e vantando come migliori amici Putin e Lukashenko? In proposito, è lecito, anzi, quasi doveroso, trasecolare e, poi, tristemente, sorridere.
Potremmo anche sostenere che il problema non è di Berlusconi. In fondo, l’Italia di prestigio internazionale ne ha sempre goduto in una dose relativamente modica, essendo, per lo più, al traino degli Usa, con Berlusconi al suo punto di massimo splendore durante gli otto anni di Presidenza dell’amicone George (Bush). Potremmo, però, anche interrogarci se con altri ministri degli Esteri, faccio un esempio, sicuramente provocatorio, con Emma Bonino, l’Italia non sarebbe in grado di produrre una sua autonoma iniziativa e di esercitare un po’ di influenza politica. Qualcuno potrebbe anche dire che non importa avere né iniziativa né influenza. Certo, non dovrebbe essere qualcuno di destra che ha condonato baci e gheddafine, tende e ritardi (memorabile, invece, la cancellazione, effettuata da Fini, a fronte dell’ingiustificato ritardo del rais, dell’incontro con Gheddafi). Il “condonante” non dovrebbe neppure essere chi, mentre in Libia (e altrove: Siria e Yemen), uomini e donne lottano per la dignità e la libertà, pensa al petrolio e al gas che ci verranno negati perché il governo italiano ha semplicemente sbagliato, mettendo fra le priorità gli affari invece dei diritti delle persone.
Persino più della guerra, la politica estera non si improvvisa. Richiede una visione complessiva e lungimirante dell’interesse nazionale che il Presidente della Repubblica Napolitano formula e esprime molto più coerentemente del Presidente del Consiglio Berlusconi, nel quadro delle organizzazioni internazionali, a cominciare dall’Unione Europea, dalla Nato e dalle Nazioni Unite. Una compagine di governo che, nel migliore dei casi, è euroscettica, mai capace di farsi accreditare, neppure in maniera subalterna, negli accordi che contano, per lo più quelli fra Francia e Germania, potrebbe venire recuperata se, invece di frenare, formulasse proposte avanzate e fattibili. Chi legge la stampa estera (o ascolta la rassegna di quella stampa, offerta dalle 7 alle 7.15 di ogni mattina da RadioTre Rai) saprebbe che Berlusconi si trova da tempo emarginato, guardato a metà con curiosità e a metà con riprovazione (mentre i giornalisti italiani sorvolano per malposta carità di patria).
Le immagini dei vertici internazionali sono ugualmente rivelatrici. Non mi riferisco soltanto alle corna e ai cucù esibiti da un compiaciuto Berlusconi, ma all’isolamento fisico a cui è condannato il capo del governo italiano nelle sue frettolose incursioni in quei vertici. Qualche tempo fa, intervistato da Fabio Fazio sui suoi incontri con Berlusconi, l’ex-Primo Ministro inglese dichiarò che aveva un buon rapporto con il nostro capo di governo, affidabile nell’applicare gli accordi e, poi, parafraso, le riunioni dei capi di governo sono spesso noiose e Berlusconi portava ventate di allegria, li faceva ridere. E’ vero che chi semina vento raccoglie tempesta, ma chi non semina niente, se non qualche risata, è destinato a raccogliere al massimo poche mosche (libiche o di altra, non meglio precisata, provenienza).
Gianfranco Pasquino, torinese, si è laureato in Scienza politica con Norberto Bobbio e specializzato in Politica Comparata con Giovanni Sartori. Dal 1975 è professore ordinario di Scienza Politica nell’Università di Bologna. Socio dell’Accademia dei Lincei, Presidente della Società Italiana di Scienza Politica (2010-2013), è Direttore della rivista di libri “451”. Tra le pubblicazioni più recenti: "Le parole della politica" (Il Mulino, 2010), "Quasi sindaco. Politica e società a Bologna" (Diabasis, 2011). Ha appena pubblicato "La rivoluzione promessa. Lettura della Costituzione italiana" (Bruno Mondadori, 2011).