Raffaele Nocera, Stati Uniti e America Latina dal 1823 ad oggi, Carocci editore, Roma, 2009, pp. 239, € 16,50.
Nella storia dei rapporti fra gli Stati Uniti e l’America Latina, vi sono stati due momenti di grande rilevanza ideologica che hanno poi influito a lungo su una presunzione di superiorità di quella confederazione di Stati contro la frammentarietà, l’instabilità, il ritardo sulla strada del progresso del sub-continente “latino”. Il primo è stato intorno alla metà dell’Ottocento, quando le Repubbliche, ancora non formate o in via di formazione fra mille incertezze e contrasti, guardavano al vicino del Nord con l’ammirazione che ispirava la loro precoce decolonizzazione attraverso una guerra sul territorio contro la potente Inghilterra, e l’ideario egualitario, solidale e liberale che era alla base delle idee dei Padri Fondatori e dei coraggiosi ed attivi cittadini che davano vita a progetti di progresso impensati e ne ricavavano grandi benefici economici. Acquattata dietro questi indiscussi e straordinari successi, la tentazione espansionistica –denunciata dalla conquista di un vasto territorio messicano al nord del Río Bravo, dall’acquisto in moneta della Louisiana e della Florida- si sarebbe rivelata ben presto, con l’intervento nella guerra di indipendenza di Cuba una chiara politica imperialista. Il secondo momento è stato intorno alla Seconda Guerra Mondiale, quando la posizione nordamericana attivamente antifascista non solo ha coinvolto e trascinato anche i paesi più riottosi, come il Cile e l’Argentina, ma ha assunto la leadership del continente in nome dei sacrosanti ideali della democrazia. Ma, anche in questo caso, dietro le luci della ribalta, si muovevano grandi interessi economici e l’ormai chiara politica imperiale nei confronti del resto del continente. Durante la seconda guerra mondiale, spiega Nocera, gli Stati uniti riescono a scalzare la concorrenza europea nei commerci e nelle esportazioni dell’America Latina. Infatti, l’ottocentesca dottrina Monroe del Destino Manifesto –che attribuiva a Dio la volontà egemonica statunitense- se, appellandosi ad una solidarietà americana, escludeva la Vecchia Europa, sfruttatrice e colonialista, dalle faccende americane, non poteva impedire la libertà dei commerci e degli affari. Forse c’è un terzo momento di relativo avvicinamento fra gli USA e i suoi vicini, si deve alla parentesi breve della presidenza di Jimmy Carter.
Ma, a parte questi due momenti, la brutalità dell’ingerenza è ormai chiara come l’acqua; e il libro di Raffaele Nocera, destinato soprattutto agli studenti, ne dà conto passo dopo passo. L’autore avverte nella sua introduzione, che oggetto della sua ricerca è la politica nordamericana rispetto agli Stati Uniti e non le complicate e complesse storie delle Repubbliche, e chiarisce anche che la gran parte della bibliografia a cui ha fatto riferimento è una bibliografia di origine statunitense, ma ciò non ha impedito che, a lettura ultimata, il lettore abbia chiaro il ruolo di “cortile di casa” a cui da duecento anni gli Stati Uniti hanno relegato i loro vicini. E Nocera non esita a spiegarne il motivo con una spiegazione sintetica ed efficace: “Del resto, proprio questa discontinuità di condotta è indicativa della percezione dell’America Latina da parte degli Stati Uniti, una percezione condizionata dalla loro convinzione di essere una nazione superiore economicamente, politicamente, militarmente e socialmente. I vicini meridionali non dovevano far altro che accettare questa superiorità e allinearsi senza tentennamenti, riconoscendo la correttezza delle decisioni di Washington”.
Scritto con grande chiarezza e ben scandito in capitoli e paragrafi di comoda consultazione, corredato da un’ampia bibliografie e da un indice dei nomi, il libro di Nocera aiuta anche ad indagare sulla penetrazione nazifascista nel subcontinente e soprattutto sull’atteggiamento di Cile e Argentina durante il nazismo, la guerra e il dopoguerra, aiutandoci a capire la ragione per cui quelle due Repubbliche sono poi diventate il rifugio privilegiato di molti nazisti.
Il potere delle armi e la forza del denaro sono stati due strumenti usati insieme o in alternativa, per domare il subcontinente ribelle. Impresa che non solo non è ancora riuscita, ma che sembra oggi più lontana di ieri.
Alessandra Riccio ha insegnato letterature spagnole e ispanoamericane all’Università degli Studi di Napoli –L’Orientale. E’ autrice di saggi di critica letteraria su autori come Cortázar, Victoria Ocampo, Carpentier, Lezama Lima, María Zambrano. Ha tradotto numerosi autori fra i quali Ernesto Guevara, Senel Paz, Lisandro Otero.E' stata corrispondente a Cuba per l'Unità dal 1989 al 1992. Collabora a numerosi giornali e riviste italiani e stranieri e dirige insieme a Gianni Minà la rivista “Latinoamerica”. E’ tra le fondatrici della Società Italiana delle Letterate.