Centocinquanta sono gli anni dell’Unità d’Italia. E, molto, molto più modestamente, centocinquanta sono i miei articoli apparsi su Domani: purtroppo sta chiudendo. Nella malinconia dell’addio resta un ricordo che fa piacere: ringrazio tutti quanti i lettori che hanno avuto l’interesse e la pazienza di leggermi, come pure ringrazio sia quanti hanno lodato le mie parole scritte e sia quanti le hanno criticate. Ho incominciato a collaborare il 21 giugno 2009 (era un articolo su Federico García Lorca, se non sbaglio) con la ferma intenzione di parlare di libri e di scrittori, di dare qualche consiglio di lettura e magari anche di sconsigliare qualche libro, ma soprattutto di non essere legato alla “novità” delle grandi case editrici (quelle, per intenderci, che riempiono le pagine dei vari supplementi letterari).
Ho cercato di dare spazio ai piccoli editori, come Iperborea, Voland, Marcos&Marcos, Sellerio, e/o, Passigli, Nuova Frontiera, Cavallo di Ferro, Nerosubianco, Amos edizioni, FrancoPuzzoEditore, Donzelli, Chiarelettere, Alacrán, Mavida, Gran Vía, Fandango, Scheiwiller, Nottetempo, Archinto, ecc.(sicuramente me ne dimentico qualcuno), tutti quelli, cioè, che con sforzi immani (finanziari e intellettuali) portano avanti un discorso e un programma culturale non giocoforza basato sul mercato, sulle vendite, sui best-seller.
L’11 luglio 2009 prendevo infatti spunto da un articolo apparso su “Libero” e a firma Massimiliano Parente dal titolo “Il nuovo non viene più da loro. Questi piccoli editori che non crescono mai”, per spezzare invece una lancia proprio a favore di questi indispensabili esponenti del panorama culturale italiano. Parente si scagliava infatti contro i partecipanti alla Festa della Piccola Editoria a Roma. Li accusava di scimmiottare i “grandi”, se non addirittura di cercare di pubblicare qualche libro di successo o di voler partecipare con i propri autori allo Strega (ma come si permettono!?). Ed elegantemente concludeva: “E se falliscono, alla fine, poiché se tanto mi dà tanto non è poi tanto, poco male, cazzi loro”.
Io allora gli rispondevo così: “Ma forse Parente non sa che se non fosse per questi – mi verrebbe da dire, in certi casi, eroici, ma non lo dico – piccoli imprenditori culturali, noi non potremmo più trovare in libreria tutti quei titoli considerati antieconomici dai grandi gruppi editoriali. Se non fosse per Nottetempo o Archinto non potremmo rileggere le geniali pagine di Alberto Manguel. O quelle di Boris Vian ripubblicato da Marcos&Marcos. Non potremmo tenere tra le mani le splendide edizioni di poesia di Scheiwiller. Non ci divertiremmo più con i gialli metafisici di Juan Bas (Alacrán). Non conosceremmo gli autori spagnoli di Gran Vía. O i lusofoni editi da Cavallo di Ferro. O i nordici scoperti con coraggio da Iperborea. Avremmo perso per strada un piccolo-grande editore come Sellerio, che ha proposto in tutti questi anni quei piccoli, entusiasmanti libri dalla copertina blu di Leonardo Sciascia o di Antonio Tabucchi. Non terremmo in libreria le opere di Pablo Neruda, di Julio Llamazares, di Juan José Millás, di Bernardo Atxaga, di Juan Ramón Jiménez e di Fernando Pessoa (Passigli). O i preziosi volumetti editi da Mavida. E nessuno – prima del Nobel – avrebbe più edito Le Clèzio (Instar). O la saggistica di Chiarelettere e di Donzelli…”
Ebbene, a distanza di due anni e mezzo e, soprattutto, di centocinquanta articoli e recensioni, non cambierei una parola di quanto scritto allora. I piccoli editori continuano a fare egregiamente il proprio lavoro, qualcuno ha avuto più successo di altri, ma tutti ci aiutano a essere più colti, a non dipendere da quei libri che “non vengono scelti dal lettore, ma che scelgono – tramite pubblicità e uffici stampa – il lettore”.
E con buona pace del signor Parente e di tutti i poveri ignoranti come lui. E buone letture a tutti, naturalmente…
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.