Il dirigente scolastico della scuola media di Albisola Superiore (Savona) ha recentemente vietato con una circolare le amicizie tra insegnanti e studenti su Facebook. E così si è aperto il dibattito, ovviamente soprattutto su Facebook. “Vietato vietare”, la parola d’ordine di una fazione, insieme a “modernità”; dall’altra “distacco”, “autorevolezza”, accanto al timore di influenzare gli studenti con le proprie opinioni.
Ci chiediamo: ma in quella scuola sanno che per essere presenti su Facebook è necessaria un’età minima di 13 anni, criterio che – se fatto rispettare da familiari che esercitano il loro legittimo e doveroso compito di tutela dei minori in rete – escluderebbe di per sé gran parte degli allievi di una media? Basta leggere le condizioni di servizio, magari insieme: ragazzi, famiglie e docenti. E ancora: ha un dirigente, sia pure nell’epoca post-brunettiana, il diritto di interferire nella vita privata della comunità scolastica? Chi controllerà le presunte violazioni, dato che si possono impostare i profili con una privacy tale da escludere ficcanaso casuali o istituzionali?
In ogni caso, noi rendiamo piena e pubblica confessione: abbiamo entrambi un sacco di amici, tra allievi ed ex. Sono (stati) loro a chiedere il rapporto, non noi. Per come noi siamo e siamo stati, in aula e in corridoio. E su Facebook siamo sempre noi. I nostri criteri sulla riservatezza ed etici sono sempre gli stessi, non variano. Anche la quantità di distacco. Noi siamo adulti, qui come in classe; tra loro, solo alcuni lo sono già: quelli che ci hanno conosciuto più giovani, anche parecchio, ma pur sempre “più grandi”.
Loro ci fanno gli auguri di compleanno via Facebook, da qualche anno. Noi no; al massimo – se la cosa salta fuori – lo facciamo in classe. Pubblichiamo poche foto, perché non ci convincono le condizioni d’uso di Facebook. E con loro parliamo spesso di come esagerano e a cosa si espongono. Abbiamo citato o addirittura sbattuto sulla Lim (Lavagna interattiva multimediale) qualche esempio di materiale “catturato” irrompendo nella loro sfera personale virtuale: c’è chi ha capito e si è regolato di conseguenza. “Postiamo” qualche fesseria più o meno ironica e un po’ di cose serie. Qualcuno di loro legge anche le seconde, accettando di non capire sempre tutto. Nessuno ci restituisce o ci chiede gossip.
Il timore di esternare opinioni e di influenzare i giovani “amici” è un falso problema, che in ogni caso non concerne solo i social network: manifestiamo ciò che pensiamo in varie altre occasioni. Aderendo a uno sciopero, per esempio. O scrivendo qualcosa su quotidiani e riviste, come capita con frequenza a entrambi. Certo non facciamo e non abbiamo mai fatto comizi in classe, ma veniamo da un periodo in cui anche sedare una rissa scoppiata per un insulto omofobo o razzista, così come rispondere a una domanda su fatti di attualità con implicazioni sociali o cambiamenti intervenuti a scuola, significava affermare valori e principi con connotazione politica, a fronte della costante aggressione alla Scuola della Costituzione attuata da chi ci ha governato fino a poche settimane fa.
Marina Boscaino è insegnante di ruolo di italiano e latino presso il Liceo classico "Plauto" di Roma. Giornalista pubblicista (l'Unità, il Fatto Quotidiano), fa parte del comitato tecnico-scientifico dell'associazione professionale "Proteo Fare Sapere": www.proteofaresapere.it.