Diciamo la verità: Lilli Gruber è brava, ma troppo dura. Alla sua parte teutonica dobbiamo sicuramente la scelta di infliggerci Borghezio, dopo che Benigni era riuscito nell’impresa (quasi) impossibile di farci tornare un po’ di orgoglio di essere italiani, in questi tempi oscuri. Infatti, la cosa più difficile da sopportare è sapere che non solo, come ci ha ricordato Benigni, tutta Italia è Legnano, ma anche Borghezio coi suoi insulti e Calderoli con le sue porcate, sono italiani. Loro vorrebbero magari negarlo, ma non immaginano neanche quanto vorremmo noi, poterli considerare davvero «padani». Invece, la padania non esiste e i signori leghisti, coi loro slogan razzisti, la loro grettezza municipale e l’ignoranza abissale, mostrando il peggio di sé, mostrano anche il peggio di noi. Noi che consentiamo loro di offendere Roma, dove se la spassano coi nostri soldi e da dove, per i loro interessi di bottega, ci impongono il governo del boss flaccido.
L’ubiquità televisiva del ministro La Russa, tra sorrisi e calci negli stinchi
Serata forte quella che ha visto milioni di spettatori aggirarsi per l’etere, telecomandando a destra e a manca, tra Raiuno e Raidue, tra La Russa sorridente a Sanremo e La Russa picchiatore ad Annozero. Il tutto in attesa di Roberto Benigni, l’unico poeta italiano vivente che può apparire messianico sia al popolo di destra che a quello di sinistra, ma non ai berluscones di vecchio o nuovo acquisto. L’unico che può essere un gigante quando spiega Dante e l’Italia e anche l’unico che può farsi piccolo e leggero, a piedi o a cavallo, sventolando la bandiera e sussurrando l’inno nazionale. Ma il Festivalone ci ha dato un altro scossone con Luca e Paolo, che hanno portato sul palco canoro Antonio Gramsci; non una forzatura propagandistica, ma una verità storica e filologica. In quanto scopritore della cultura nazional popolare, Gramsci all’Ariston era di casa. E se al direttore di Raiuno Mauro Mazza non è piaciuto, francamente non ce ne importa una mazza.
Con la par condicio i comici di Sanremo non fanno ridere
Sul vecchio palcoscenico sanremese ha debuttato una novità planetaria: la par condicio nella satira! Ma i comici Luca e Paolo, obbedendo al diktat Rai, hanno messo in piedi più una barzelletta sceneggiata che un’invettiva contro il potere. Per criticare Saviano e gli altri hanno dovuto puntare su un gioco degli equivoci, senza portare un vero affondo. Invece, per fare la parodia di Berlusconi, ormai basta un ammicco e tutto scorre come un fiume in piena. La materia è tanta che trabocca, straripa, tracima: è cronaca che umilia la fantasia del comico. In più, c’è il fatto non proprio irrilevante che Berlusconi ha il potere, i soldi, i mezzi televisivi e cartacei. E questo lo renderebbe oggetto di satira anche se non fosse lui stesso un satiro. Ma i dirigenti Rai non badano a questi particolari e, con la scusa della par condicio, vorrebbero che si trattassero alla stessa maniera la mafia e Saviano, il più bieco maschilismo e le donne, la verità e Maurizio Gasparri.
L’invasione dei manganellatori dell’etere
Lui va avanti. Lo ha dichiarato, seduto a fianco di Giulio Tremonti, aggiungendo di essere del tutto tranquillo. E, se non lo conoscessimo come lo conosciamo per averlo visto e sentito in tv per anni (i peggiori anni della nostra vita), quasi quasi ci crederemmo. Ma siccome lo conosciamo come le nostre tasche (dove insieme a Tremonti ha messo le mani più volte, fino a trovarle vuote), sappiamo che Berlusconi mente come respira. In più, se fosse davvero tranquillo dopo aver sputtanato il Paese e se stesso in tutto il mondo (anche a Sanremo!), sarebbe doppiamente colpevole. Non solo dei reati di cui dovrà rispondere in tribunale, prima o poi, ma per aver invaso le nostre case con i suoi Gasparri e le sue Santanché, manganellatori fascisti dell’etere, destra urlante e digrignante, che ha corrotto la civiltà e la lingua italiana in un ininterrotto «eia eia alalà» di volgarità. Tanto da farci sembrare un’ora di educazione civica perfino il Festival della canzone.
Le parole d’ordine della Tv servile
Giustizia ad orologeria, persecuzione giudiziaria, golpe morale, giustizialismo efferato, pulizia etica, spionaggio stile Ddr, complotto eversivo, golpe bianco, toghe rosse, illiberalità allo stato puro, inchieste farsesche, caccia all’uomo, nuovo piazzale Loreto, demonizzazione personale, pm burocrati, dittatura della virtù, fanatismo puritano, anticamera del totalitarismo, metodi da inquisizione, procura di Milano avanguardia politica rivoluzionaria, 17 anni di persecuzione giudiziaria che non ha riscontro nella storia dell’Occidente, sfregio al popolo sovrano, tentativi della magistratura militante di sovvertire il verdetto democratico, disprezzo per il Parlamento, azioni dal carattere eversivo, accuse che infangano il Paese, guerra totale contro il voto popolare, schifo, vergogna, etc. etc.. Tutte queste cose noi telespettatori le abbiamo sentite mille volte. Ora speriamo in Giuliano Ferrara per rinnovare il repertorio con qualche guizzo di servilismo creativo.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.