Il loro primo nome fu Dreamers, poi adottarono Squali, ma infine esordirono nel mercato discografico con l’etichetta Ricordi adottando il definitivo nome Dik Dik nel 1965 col singolo 1-2-3/Se rimani con me. 1-2-3 è la cover dell’omonimo brano di Len Barry; la facciata B, intitolata Se rimani con me, fu scritta da un ancora sconosciuto Lucio Battisti, prima dell’incontro con il paroliere Mogol.
Agli inizi dell’anno successivo Mogol fa ascoltare a Pietruccio Montalbetti una canzone che, appena uscita negli Stati Uniti, sta riscuotendo un successo clamoroso: California Dreamin’ dei The Mamas & the Papas; l’impasto delle voci, la melodia trascinante e le soluzioni musicali (con l’assolo di flauto al termine della seconda strofa) colpiscono Montalbetti, che convince Mogol a scrivere un testo in italiano. Mogol si mantiene abbastanza fedele al testo originale, cambiando solo delle piccole cose ma lasciando inalterato il desiderio del caldo di Los Angeles che nasce da una fredda realtà evidenziata dal cielo grigio e dalle foglie gialle.
Anche in Italia, con il titolo Sognando la California la canzone riscuote un successo clamoroso (nella hit parade del grande Lelio Luttazzi la canzone rimane stabile per settimane al secondo posto, superata solo da Strangers in the Night di Frank Sinatra), consentendo ai componenti del gruppo di abbandonare i loro lavori precedenti e di dedicarsi a tempo pieno alla musica.
Sul retro del 45 giri vi è Dolce di giorno, scritta da Mogol e Lucio Battisti, che avevano iniziato a collaborare. Dolce di giorno viene incisa anche dallo stesso Battisti, che utilizza la stessa base musicale realizzata dai Dik Dik . Da allora si susseguono i 45 giri di successo: sempre nel 1966, Il mondo è con noi (ancora una cover dei The Mamas & the Papas, con sul retro Se io fossi un falegname, versione italiana di If I were a carpenter di Tim Hardin), nel 1967 Inno (cover, sempre ad opera di Mogol, di Let’s go to S.Francisco dei The Flower Pot Men), Senza luce (cover, sempre ad opera di Mogol, di A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum, con la celebre intro di organo hammond), con la quale raggiungono il primo posto nella Hit Parade; nel 1968, Il vento (ancora di Mogol e Battisti, con sul retro una versione italiana di The mighty Quinn di Bob Dylan ancora opera di Mogol) l’anno seguente, Il primo giorno di primavera.
Al festival tornano l’anno dopo con Io mi fermo qui; altro successo dello stesso anno è L’isola di Wight (divenuta cover del gruppo musicale spagnolo Los Catinos con il titolo di Isla de Wight); poi Vendo casa (1971, ancora di Mogol e Battisti, che partecipa alla registrazione), Viaggio di un poeta (1972), di nuovo prima a Hit Parade, Storia di periferia (1973), Help me (1974).
Purtroppo la loro carriera con i 33 giri non ha la stessa fortuna: dopo tre raccolte assemblate con i singoli di successo più qualche inedito (pubblicate rispettivamente nel 1967, 1969 e 1970), nel 1972 i Dik Dik danno alle stampe il primo album originale dal titolo Suite per una donna assolutamente relativa. Il lavoro, composto da Mario Totaro con i testi di Herbert Pagani, sarà il più grande “insuccesso” di vendite del gruppo.
Nel 1974, Panno e Totaro lasciano il gruppo e sono sostituiti da Roberto “Hunka Munka” (ma usa anche il soprannome di “Charlott”) Carlotto (alle tastiere) e Nunzio “Cucciolo” Favia (alla batteria). Nel 1978 esce dal gruppo Giancarlo “Lallo” Sbriziolo ed è rilevato dal chitarrista Roberto “Roby” Facini. Dopo aver pubblicato Help me e, nel 1975, Volando (una bella cover di “Sailing” di Rod Stewart), il gruppo vive un periodo di appannamento e declino – quantomeno sul lato discografico – dovuto in parte al cambiamento dei gusti del pubblico, in parte a scelte discografiche un po’ azzardate e poco coerenti con il resto della produzione Dik Dik: si pensi a I’te vurria vasà (Eduardo Di Capua) del 1976.
Nel 1983 esce il singolo “L’amico mio/Compagnia” dove il gruppo è ormai ridotto al terzetto originale, un anno dopo è la volta di un rifacimento reggae di Senza Luce pubblicato nel singolo “Senza Luce…reggae/Alza la vela (al vento)”. Nel 1985 parteciperanno al progetto “Musicaitalia per l’Etiopia” incidendo con altri artisti Nel blu dipinto di blu (Volare).
Dalla seconda metà degli anni ottanta, il terzetto originale è affiancato da vari musicisti di spalla che varieranno negli anni e, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 con l’apprezzamento del pubblico riscontrato in “trasmissioni-amarcord” come Una rotonda sul mare, torneranno al successo che li porterà nel 1993 a calcare nuovamente il palco del Festival di Sanremo insieme ai Camaleonti, altro gruppo storico degli anni sessanta e settanta, e a Maurizio Vandelli, ex-voce degli Equipe 84, con la canzone Come passa il tempo, che pur venendo esclusa dalla finale avrà un buon esito commerciale.
Dal 1997 hanno su internet un sito ufficiale che aggiorna costantemente i fan sui loro progetti musicali.
Per i chitarristi, una curiosità importantissima: adesso i Dik Dik, dal vivo, suonano con le chitarre accordate mezzo tono sotto come Jimi Hendrix, Steve Ray Vaughan ed altri maghi della sei corde! Ma è solo perché le loro voci, ormai, non sono più quelle di una volta.
Cantautore paroliere con oltre 70 canzoni edite. Collaboratore in studio negli arrangiamenti di svariati interpreti nazionali ed internazionali. Autore delle opere: “Nati per sempre” (1991), “Notte di San Lorenzo” (1992), “Ricorderemo” (1992), Post Of Sedicianni Album (1993), “La macchina del tempo” (1996), “La mia follia” (1997), “Un canto nel silenzio” (2003), “Pitililli” Album (2006), “Panico” (2007), “Mani di Gomma” (2007), “Guerra dei Boveri” (2008), “Misero dentro” (2008).