È l'eredità peggiore del governo in agonia. Berluscones da vendere e comprare; berluscones che sventolano il tricolore gridando "l'Italia siamo noi". E il loro Cavaliere annuncia in parlamento il sogno di un governo senza "interferenze parlamentari". Tornano le aule inutili e grigie di Mussolini
Raniero LA VALLE – Sopravvive il berlusconismo, affari travestiti da patriottismo
16-12-2010I dolori non finiscono mai, così Berlusconi è ancora lì col suo governo, dopo la “due giorni” parlamentare giunta talmente in ritardo, dopo un mese dalla presentazione della mozione di sfiducia, e di favori fatti al presidente del Consiglio, da ribaltare il previsto risultato del voto. Quello che è avvenuto tra il 13 e il 14 dicembre in Parlamento dimostra che ormai il problema della salvezza della nostra Repubblica non è riducibile al superamento di Berlusconi, ma è legato al superamento del berlusconismo; la corruzione delle persone e delle idee infatti è scesa per i rami, e dai vertici del potere attraversando il Parlamento si diffonde nel Paese penetrando, in cerca di legittimazione, nel senso comune.
Lo sfondo è uno sfondo di violenza, che a Roma è venuta alla superficie nella guerriglia urbana provocata dai black bloc in coincidenza con il voto parlamentare. Ma almeno due volte gli attori principali della scena politica hanno sprigionato una violenza non meno pericolosa di quella dei black bloc. La prima si annidava nel discorso antiparlamentare del presidente del Consiglio, laddove egli sosteneva che un capo del governo eletto dal popolo non può che essere rimosso dal popolo: “se un governo non ha bene operato e deve lasciare”, deve essere il popolo infatti a deciderlo (a tempo debito, con le elezioni), mentre non avrebbero questa facoltà i Parlamenti che sono chiamati a “interpretare e rappresentare” la volontà popolare (espressasi nella nomina del capo del governo), non a “sostituirvisi”; il che vuol dire che per cinque anni il governo dovrebbe essere immune da qualsiasi interferenza parlamentare, con la conseguenza che la protesta contro un governo che “non opera bene” e che perciò dovrebbe “lasciare”, non potrebbe manifestarsi che attraverso gli operai che salgono sulle gru, i disoccupati che salgono sui tetti, gli studenti che occupano aeroporti e ferrovie, e black bloc che spaccano tutto. In tal modo l’insindacabilità e imperturbabilità dei governi sarebbe pagata con la collera e la violenza sociale.
La seconda violenza si è avuta quando, dopo l’esito favorevole del voto, la gioia incontenibile dei deputati della maggioranza si è manifestata con lo sventolio dei tricolori, che hanno pavesato di bianco rosso e verde metà dell’aula di Montecitorio. Qui la violenza stava nell’interpretare la propria vittoria come una vittoria dell’Italia, come se l’altra non fosse Italia, e anzi nel presentare la propria parte come l’unica qualificata a dirsi italiana. Ciò voleva dire mettere fuori l’altra metà (e anzi più) dell’Italia, radiarla dalla comunità nazionale, considerarla indegna di appartenervi; che se poi quest’altra Italia dovesse governare sarebbe, come aveva detto il premier, un “orrore”. Dunque la spaccatura radicale e violenta che questa politica infligge alla società italiana è di dividerla tra un’Italia che fa meraviglie e un’Italia che fa orrore. E come possono stare insieme sullo stesso territorio?
A questo punto è meglio che, al più presto, si vada alle elezioni, pensando però alla prossima legislatura non come la ripetizione e lo sviluppo dei mali passati, ma come una legislatura ricostruttiva e ricostituente, in cui si ricomponga l’unità del Paese, si ripristini l’idea del bene comune, si ristabilisca la stima fra le parti contrapposte e si facciano quelle riforme che possano dare uno sbocco efficace e mite alla ormai troppo lunga transizione italiana.
Per avere una legislatura così, non ci si può arrivare né con la riduzione della battaglia a due soli contendenti né con quella forzatura rappresentata dal premio di maggioranza previsto dalla legge Calderoli. Senonché la stessa legge Calderoli prevede e permette che un adeguato collegamento tecnico-istituzionale tra forze politiche diverse produca un risultato elettorale tale che vada al di là di quello per il quale è destinato a scattare il premio di maggioranza. In tal caso non si avrebbe alcuna manipolazione del voto in sede di attribuzione dei seggi, i quali sarebbero distribuiti tra tutti i partiti, dell’uno e dell’altro schieramento, secondo la reale forza di ciascuno in modo proporzionale. Ciò permetterebbe un momento di tregua nella durezza della contrapposizione politica, e la formazione di un Parlamento più capace di dialogo e più sereno, sia per fare una nuova legge elettorale, sia per decidere con più vasti e articolati consensi la strada che deve prendere il Paese. Quanto al governo esso sarebbe formato dalle forze che abbiano ricevuto i maggiori consensi, che siano più affini tra loro e abbiano la maggiore capacità di aggregazione.
È questa la proposta che i Comitati Dossetti per la Costituzione faranno a tutti i partiti in un convegno che si terrà a Bologna il 28 gennaio prossimo.
Raniero La Valle è presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione. Ha diretto, a soli 30 anni, L’Avvenire d’Italia, il più importante giornale cattolico nel quale ha seguito e raccontato le novità e le aperture del Concilio Vaticano II. Se ne va dopo il Concilio (1967), quando inizia la normalizzazione che emargina le tendenze progressiste del cardinale Lercaro. La Valle gira il mondo per la Rai, reportages e documentari, sempre impegnato sui temi della pace: Vietnam, Cambogia, America Latina. Con Linda Bimbi scrive un libro straordinario, vita e assassinio di Marianela Garcia Villas (“Marianela e i suoi fratelli”), avvocato salvadoregno che provava a tutelare i diritti umani violati dalle squadre della morte. Prima al mondo, aveva denunciato le bombe al fosforo, regalo del governo Reagan alla dittatura militare: bruciavano i contadini che pretendevano una normale giustizia sociale. Nel 1976 La Valle entra in Parlamento come indipendente di sinistra; si occupa della riforma della legge sull’obiezione di coscienza. Altri libri “Dalla parte di Abele”, “Pacem in Terris, l’enciclica della liberazione”, “Prima che l’amore finisca”, “Agonia e vocazione dell’Occidente”. Nel 2008 ha pubblicato “Se questo è un Dio”. Promotore del “Manifesto per la sinistra cristiana” nel quale propone il rilancio della partecipazione politica e dei valori del patto costituzionale del ’48 e la critica della democrazia maggioritaria.