Certe autodifese sono peggiori delle accuse. Per esempio lo scellerato Borghezio, ospite a ‘In onda’, nel fingere di chiedere scusa, ha ripetuto che le sue idee sono le stesse dell’assassino norvegese, le stesse dell’ultima Fallaci e anche della prima Lega. Così ha allargato le responsabilità, anzi l’irresponsabilità di chi, per difendere l’Europa dal fondamentalismo islamico, la distrugge dall’interno con il suo fondamentalismo. Ma, si dirà, Borghezio non è un genio, mentre Tremonti, come ha detto Berlusconi, crede di esserlo e che tutti gli altri siano cretini. E proprio Tremonti, per giustificare il suo accasarsi da Milanese, ha sostenuto che, lui ministro delle Finanze, si sentiva spiato dalla guardia di Finanza. Ma la cosa più incredibile è che poi ha assicurato al popolo italiano che lui non ha bisogno di rubare perché è ricco di suo. Quindi possiamo pensare che, se invece ne avesse bisogno, ruberebbe. E che, secondo lui, i poveri sono ladri. Mentre è vero proprio il contrario: infatti i poveri sono i derubati dalla sua manovra e i ricchi gli eterni condonati.
Gasparri, ovvero l’arte del ministro marziale
L’urlo di Gasparri peggio di quello di Chen: terrorizza (non solo) l’Occidente. Riproposto da tutti i tg, ha il potere di aumentare la gravità della votazione scellerata del processo lungo, che ora serve a Berlusconi come prima il processo breve. Ispirandoci alla metafora usata da Penati, che ha parlato di tangenti a elastico, si può definire quella votata ieri una legge-fionda, fatta per colpire i magistrati e salvare il boss dei boss. Ed è incredibile che, all’interno di una maggioranza larga, anche se slabbrata, non si sia vergognato nessuno. Mentre solo Gasparri ha avuto il coraggio di alzarsi per ribaltare l’accusa del senatore Zanda al regime berlusconiano, con la ridicola controaccusa che il vero regime sarebbe quello di Sesto San Giovanni! Parafrasando Alessandro Manzoni, l’intelligenza, se uno non ce l’ha, non se la può dare, ma certe volte si esagera con la stupidità e in questi giorni la tv ha davvero esagerato, mandando in onda Gasparri a tutte le ore, perfino, l’altra sera su Rete 4, impegnato a spiegare al professor Sartori che in politica vince chi raglia più forte.
Bossi e il pericoloso Risiko dei ministeri
Bossi dice che la Lega i ministeri a Monza se li è presi e se li tiene. Allora Berlusconi fa leggere dai tg una specie di ordine del giorno in cui invita il governo (cioè se stesso e Bossi) a tenere in considerazione i rilievi del capo dello Stato. Il quale ha fatto notare che Roma è la capitale d’Italia non perché i leghisti possano percepire lucrosi stipendi parlamentari e ministeriali, ma perché sta scritto nella Costituzione. Altrimenti, se ognuno potesse, a propria discrezione, portarsi a casa un pezzo di Stato e da lì esercitare il potere, bèh, allora non si tratterebbe di federalismo, ma di patchwork psichiatrico. E i padri costituenti non avrebbero scritto un insieme di regole e princìpi capace di tenere unita una nazione, ma si sarebbero accontentati di giocare col Lego aspettando l’arrivo degli infermieri. E poi non si capisce perché, se Bossi si «porta a casa» un intero ministero, noi cittadini che paghiamo le tasse non possiamo prenderci, che so, una Provincia di quelle che la Lega non vuole mollare, un piccolo Comune o almeno un quartiere da cui esiliare fino all’ultimo leghista.
Vespa, becchino dell’estate Rai
Francamente, con quel che capita giorno per giorno, non si sentirebbe proprio il bisogno di rievocare anche i delitti di vari decenni fa. Ma sembra diventata ormai una tradizione estiva. Perciò, Bruno Vespa è di nuovo impegnato a tirar fuori dal suo archivio degli orrori domestici i più sanguinosi eventi del passato. Sempre meglio, del resto, della pornografia politica del berlusconismo calante o dei bilocali ministeriali (ex Reali) che i leghisti occupano abusivamente a Monza (con l’aggravante della Brambilla che se la ride alla faccia dell’Italia unita). E poi chi non vorrebbe sapere tutto del delitto Fenaroli o della fine della contessa Vacca Agusta? Anche perché Bruno Vespa, finché lo vediamo in video, vuol dire che non scrive e soprattutto non promuove i suoi libri, vero genio guastatori dei palinsesti, senza riguardo per nessuna rete. I delitti del lontano passato, poi, anche quando irrisolti, hanno di bello che ormai sono diventati letteratura e non si prestano più all’uso politico della cronaca nera tanto caro alla Lega e agli Alemanno, quando non governano.
Se la Tv elogia Maroni, ministro dei lager e delle impronte ai bimbi rom
Poter vedere le cose lontane come se avvenissero dentro casa, non ci rende il mondo più comprensibile. Lo schermo della tv può anche diventare un quadro in movimento, sul quale ci abituiamo a leggere ogni genere di immagini, come quando interpretiamo le macchie di inchiostro o le fattucchiere prevedono il futuro con quelle di caffè. A furia di vedere la realtà rappresentata, possiamo sentirci estranei a tutto, oppure caderci dentro e credere di essere il Bene contro il Male, diventando invece il «mostro perfetto», come il nazista norvegese che ha fatto strage di innocenti. Se non ci fosse la tv, qualcuno si chiede se succederebbero le stesse atrocità. Di certo, con quel che capita nel mondo, fa specie che nei nostri talk show, come Omnibus, ci si continui ad accapigliare nell’interpretare la figura di Maroni. E perfino nell’attribuire virtù salvifiche a uno che voleva chiedere le impronte ai bambini rom e annovera tra i suoi meriti maggiori il patto con Gheddafi, per bloccare i migranti facendoli morire nei lager. E se Maroni è il migliore tra i leghisti, figuriamoci gli altri.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.