«Chi vuole cambiare idea rispetto al governo di transizione è un mentecatto»: D’Alema dixit. Dopo lo shock del 14 dicembre, Bersani prova a sciogliere il nodo delle alleanze: Fini-Casini o Di Pietro-Vendola? Intanto PdL e PD continuano a corteggiare il delfino di Forlani. Un ex dirigente del PCI/PDS mette in guardia i suoi ex compagni: “attenti ai democristiani dalla lingua biforcuta”
Mauro ZANI – Tutti pazzi per Casini. Siamo sicuri che servano i “mentecatti” per battere Berlusconi?
20-12-2010Con l’intervista di Bersani a Repubblica, che prepara il terreno per la direzione del 23 dicembre, le intenzioni del PD appaiono più chiare. Bersani corregge vistosamente la linea che aveva ribadito a caldo dopo la sconfitta sulla mozione di sfiducia.
Il governo di transizione rimane, pallido sullo sfondo, destinato a scomparire del tutto. Avanza il progetto elettorale di un’alleanza con il cosiddetto terzo polo che, si badi, non è l’ipotesi ciellenista e repubblicana perorata da Barbara Spinelli e sponsorizzata da Travaglio: tutti contro Berlusconi per la liberazione nazionale. È piuttosto la linea tortuosamente ambiziosa di D’Alema, appena attenuata da una rivendicazione di centralità del PD da parte di Bersani.
Un doppio movimento: alleanza elettorale con Casini e Fini (si va bene, c’è anche Rutelli con il suo 0,6%) e iscrizione di Vendola al PD ad assicurare copertura a sinistra.
“Cri, cri, cri chi vuol giocare (all’alleanza) venga qui”, dice Bersani tenendo in alto la mano aperta, come in quel vecchio gioco da fanciulli mentre respinge al mittente l’impetuosa richiesta di matrimonio immediato avanzata da Di Pietro. E mentre s’appresta a liquidare l’equivoco delle primarie: gli strumenti vanno resi funzionali all’obiettivo.
Non è vero? Stante che l’obiettivo comprende anche la leadership, (se non di Casini) di un tecnico di alto profilo, funzionalizzare le primarie significa semplicemente metterci una pietra sopra.
Né più e né meno. Ve l’immaginate, non dico Casini, ma Draghi o Monti o chi per loro partecipare a primarie di coalizione? Io no.
Naturalmente Bersani respinge come “fantasie” l’offerta del PD a Casini, dato che “prima viene il progetto e solo dopo gli organigrammi”. Ma si capisce, certo. Sicuro. Non è sempre stato così?
Come dite? Ah, di solito è avvenuto l’inverso, specie nell’epoca della personalizzazione della politica incentivata dallo stesso PD con l’invenzione delle primarie? Ma sì, forse avete ragione. E penso d’aver ragione anch’io quando scorgo una scarsa fattibilità dell’alleanza con il terzo polo. Casini mi sembra l’unico ad aver vinto la prima mano del 15 Dicembre. E non metterà a repentaglio il suo gruzzolo di credibilità e voticini pazientemente ragranellato in due anni di opposizione, specie nel momento in cui, nella strategia del PD, la palla passa al centro. Cioè laddove abita lui. A meno che Casini non parli con lingua biforcuta – del che è certo lecito sospettare trattandosi pur sempre di un democristiano – la sua opzione è stata ribadita con chiarezza: né con il PD, né con il PdL.
Solo dopo le elezioni si dialogherà con chi le vince e lo si farà da posizione di forza, considerando che almeno al Senato si potrà fare l’ago della bilancia.
Sul fronte sinistro intanto, mentre Gennaro Migliore si spinge ad un timido dire che “l’alleanza è il minimo sindacale” fa molto rumore (ancora mentre scrivo) il silenzio di Vendola dopo che La Torre per la seconda volta lo invita ad accomodarsi, armi, bagagli e narrazioni comprese, nel PD. Vedremo. Intanto è ovvio che un’alleanza con Vendola, e ancor più con Di Pietro, esclude automaticamente sia Fini che Casini e, in più, mette in tensione fino al limite della rottura gli amici di Bonanni nel PD. E, tutto sommato, mi par difficile che uno come Vendola, pur con tutta la sua rutilante fantasia e immaginazione possa entrare nel PD senza colpo (di primarie) ferire.
Son curioso di vedere come se ne verrà fuori. C’è il rischio concreto che il 23 prossimo il PD si trovi semplicemente a dover scegliere di che morte morire. Se vai al centro perdi a sinistra e viceversa. Forse si poteva evitare di finire in questa trappola. Bastava anche solo capire che quel “voto utile” che fece fuori, a suo tempo, una decrepita sinistra dal Parlamento non poteva bastare a sradicare tout court (com’era nelle intenzioni) l’idea stessa di sinistra in Italia. Ma è una storia ormai lunga. Inutile ripetersi. Adesso, tra l’altro, non c’è più tempo.
Se c’è ancora una possibilità (e al momento non lo so) di vincere le elezioni di primavera, a mio avviso questa consiste nel prendere virilmente atto che Casini non ci sta e che, nonostante lo spettro dei “Progressisti” del 1992, si deve puntare a fare il pieno a sinistra. Questa via non implica affatto una rinuncia a lavorare e incidere dentro la scomposizione dei blocchi sociali tradizionali per proporre un’alternativa di governo. Anzi. Gli effetti sociali della crisi in atto, (che comprendono un impoverimento, fino al limite dell’estinzione, delle classi medie) aprono larghi spazi, sui temi del lavoro, della crescita e del modello di sviluppo, e riportano d’attualità una vecchia/nuova idea di giustizia sociale, da recuperare come l’Alfa e l’Omega di un nuovo rapporto tra politica, economia e società. Altro che semplice equità nella distribuzione dei sacrifici. Ciò di cui solo potrebbe occuparsi un governo tecnico.
Se non si prende questa strada mentre viene meno (o verrà meno a breve) l’illusoria alleanza con il terzo polo, non resterebbe che innestare la retromarcia per ripiegare sulle posizioni di partenza: la terza via della vocazione maggioritaria del fondatore del PD. In questo caso: auguri.
Mauro Zani è stato segretario provinciale del PCI e del PDS di Bologna dal 1988 al 1991. Deputato dal 1994 al 2004, poi eletto al Parlamento europeo. Non ha mai aderito al Partito Democratico: nel 2007, all'ultimo congresso dei Ds, fu tra i promotori della mozione n.3 insieme a Gavino Angius e Gianfranco Pasquino. Il suo blog è http://maurozani.wordpress.com